Genova - Sessant’anni fa, il 30 agosto 1965, una valanga di più di 2 milioni di metri cubi di ghiaccio e detriti si staccò dalla lingua del ghiacciaio Allalin, in Svizzera, travolgendo il cantiere della diga di Mattmark. In pochi minuti, baracche, mense e dormitori furono spazzati via: 88 operai persero la vita, di cui 56 italiani. Per la prima volta emigranti e svizzeri morivano uno a fianco all’altro.
Alcune comunità alpine e appenniniche pagarono un prezzo altissimo; 85 bambini rimasero orfani. A Mattmark non ci si fermava mai: si lavorava giorno e notte per costruire un’imponente diga capace di produrre l’energia necessaria a un paese, la Svizzera, che stava vivendo una crescita economica senza precedenti. Nel cantiere lavoravano più di 1.000 persone, in maggioranza emigranti provenienti soprattutto dalla provincia italiana. La piccola Svizzera accoglieva da sola quasi il 50% dell’intero flusso migratorio italiano, dando occupazione a operai impegnati in grandi opere come la diga di Mattmark. A parlare è uno dei sopravvissuti: “Ma il 30 agosto 1965, in pochi secondi, accade di irreparabile: niente rumore, solo un vento terribile e i miei compagni volavano come farfalle. Poi ci fu un gran boato, e la fine: autocarri e bulldozer scaraventati lontano”. Il Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana (MEI) ha dedicato il 30 agosto, un momento di riflessione a Mattmark con la proiezione di un video commemorativo che restituisce nomi, volti e storie a quelle vittime. La clip è narrata dalla voce di Massimo Wermuller e il testo è tratto dal libro Morire a Mattmark. L’ultima tragedia dell’emigrazione italiana di Toni Ricciardi. L’iniziativa non è soltanto un atto di memoria, ma un invito a riflettere sul contributo — spesso pagato con la vita — dei lavoratori italiani emigrati nel secondo dopoguerra. La clip è visibile sui social e sulla pagina Youtube del Museo. “Mattmark non è solo una tragedia lontana: è un monito. Ricordare significa dare voce a chi non l’ha avuta e riaffermare che sicurezza e dignità del lavoro devono venire prima di tutto,” dichiara Paolo Masini, Presidente del MEI. Quello di Mattmark è la storia di un disastro annunciato; infatti, le baracche degli operai erano state costruite sotto la lingua del ghiacciaio Allalin, noto da secoli per la sua instabilità. Nonostante gli allarmi di geologi e abitanti della valle, il cantiere non venne spostato. I processi successivi non individuarono mai colpevoli, lasciando aperta una ferita che ancora oggi interroga la coscienza pubblica. “La commemorazione del 60° anniversario della tragedia della diga del Mattmark, che provocò la morte di ottantotto persone, tra cui ben cinquantasei italiani, rinnova l’angoscioso ricordo di una fra le più drammatiche pagine del lavoro italiano all’estero – ha sottolineato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella - La storia della nostra emigrazione ci narra dell’impegno e del sacrificio di tanti connazionali che hanno cercato, lontano dalla propria terra, di costruire per sé e per le proprie famiglie un futuro migliore. È parte incancellabile della nostra identità di italiani che porta la Repubblica a farsi promotrice, in Patria, a livello europeo e internazionale, di regole che garantiscano un lavoro equo, sostenibile, sicuro. La dignità umana passa attraverso la tutela dei lavoratori e della sicurezza nei luoghi di lavoro, troppo spesso trascurati da logiche di mero profitto”. Roma, 30/08/2025 (II mandato) (NoveColonneATG)


