Storia Dalle origini alla fine del XVII secolo La posizione geografica, il clima favorevole e la presenza costante di acqua, assicurata dai fiumi Verdura, Magazzolo e Platani, hanno reso molto fertili le terre del territorio di Ribera,

anticamente detto Allava. Così già nel medioevo, molti abitanti dell'antica Caltabellotta vi si recavano per coltivarle, realizzando produzioni variegate: riso, cotone, grano, agrumi, mandorle, olive e numerose varietà di uva, frutta di stagione ed ortaggi.

Ribera è però una cittadina relativamente giovane, le origini si fanno risalire a verso la fine del XVI secolo, quando in un clima di tranquillità, dato dalla fine delle incursioni dei Turchi in Sicilia, molti contadini decisero di abbandonare le rocche fortificate e di trasferirsi in zone con terreni più fertili, molto spesso lasciandosi alle spalle i debiti contratti con i feudatari

La fondazione di Ribera è datata 1635, quando il Principe di Paternò Don Luigi Moncada, possessore di numerosi e vasti feudi, decise di risparmiare le fatiche e le energie che i propri contadini spendevano per recarsi da Caltabellotta ai campi, e di fondare un centro in cui questi si sarebbero trasferiti, rimanendo alle sue dipendenze.

La scelta del luogo della fondazione cadde sulla Piana di Stampaci, chiamato anche Piano di San Nicola (corrispondente più o meno all'attuale quartiere di Sant'Antonino), dal quale era possibile dominare gran parte del territorio e fruire delle sorgenti d'acqua.

La cittadina che si sviluppò attraverso strade larghe e bene allineate, rispettando criteri urbanistici d'avanguardia, venne battezzata con il nome di Ribera, in omaggio alla moglie del Principe Moncada, Maria Afan de Ribera, figlia del Duca di Alcalà.

Secondo l'atto del notaio Vincenzo Scoma, custodito presso l'archivio di Stato di Sciacca, la data di nascita ufficiale di Ribera è il 25 febbraio 1636.

Nel decennio 1640-1650 la popolazione di Ribera fu più che raddoppiata arrivando a 496 persone, così nel 1655 la cittadina ebbe la sua prima Chiesa, intitolata a San Nicola e successivamente a Sant'Antonino.

Nel 1673, il fondatore fu succeduto da Ferdinando D'Aragona Moncada, Principe di Paternò, di Montalto e di Bivona che sposò Maria Teresa Faxardo Toledo e Portugal, dal quale ebbe una figlia, chiamata Caterina.

XVIII secolo

Caterina Moncada sposò Giuseppe Federico Alvarez de Toledo, duca di Ferrandina e marchese di Villafranca, al quale il feudo di Ribera andò in dote nel 1713.

Nel 1736 il feudo passò al loro primogenito, Federico di Toledo Aragona Moncada, fino al 1754, quando venne trasmesso all'erede universale unico della casata, Antonio Alvarez de Toledo, Duca di Bivona.
A quest'ultimo si devono l'indipendenza da Caltabellotta e l'assegnazione di un territorio che includeva tutti i feudi compresi tra i fiumi Verdura e Magazzolo e tra Calamonaci ed il mare[10].

XIX secolo

Nel 1841 il Comune, con una produzione di 5000 quintali di riso, fu classificato come il primo centro di produzione di riso della Sicilia e, nonostante le morti dovute al colera, l'abbondanza del lavoro favoriva i matrimoni e l'accrescere della popolazione che contava 5000 persone circa. Il 29 settembre di quell'anno attraverso un Regio decreto, il Comune fu quindi elevato a Pretura di Terza classe.

Con la Rivoluzione indipendentista siciliana del 1848 anche Ribera ebbe un Comitato rivoluzionario guidato da Tommaso Crispi, il cui figlio Francesco diventò rappresentante del Comune di Ribera al Parlamento Siciliano di Palermo.

Dopo lo sbarco dei Mille, venne costituito un Consiglio Civico e successivamente il 10 aprile 1861 il Comune godé per la prima volta delle maggiori libertà amministrative e fu eletto il Consiglio Comunale. In quegli anni vennero soppresse le risaie, fonti di gravi malattie come la malaria. Furono anni in cui la miseria e la fame attanagliarono buona parte della popolazione[10].

XX secolo

Dopo la Prima guerra mondiale la questione della lotta al latifondo entrò nel vivo anche a Ribera. La popolazione e soprattutto i reduci lamentavano l'assenteismo del Duca di Bivona che da Madrid godeva delle sue ricchezze senza nessun contatto diretto con le proprietà e con i lavoratori.
Nell'estate del 1919, la cooperativa "Cesare Battisti" guidata dal farmacista Liborio Friscia chiese all'Opera Nazionale Combattenti (ONC) l'affitto del latifondo appartenente al duca di Bivona, che era inoltre senatore e grande di Spagna.
Arrivato in paese nel gennaio 1920, don Eristano, intenzionato a vendere i propri possedimenti ad un'altra cooperativa, venne sequestrato dai combattenti della "Battisti" per tre giorni nel proprio palazzo, già appartenuto ai propri predecessori.
In seguito alla sua liberazione, il duca di Bivona denunciò la violenza subita dai "bolscevichi" di Ribera, facendo intervenire anche il governo di Madrid, e vendette il proprio latifondo alla cooperativa rivale della "Battisti", quella guidata da Antonino Parlapiano, che a sua volta affittò il latifondo a tre cooperative composte da gente appartenente a diverse cosche mafiose.
Sulla vicenda intervenne anche Antonio Gramsci con una corrispondenza intitolata "La verità sui fatti di Ribera" apparsa sull'Avanti! dell'11 febbraio 1920 ed inclusa nei suoi Quaderni del carcere.
A Ribera è ancora presente il palazzo dei duchi di Bivona, appartenente prima alla famiglia nobile dei Moncada, poi agli Alvarez de Toledo. L'interno è in parzialmente affrescato; in una stanza è presente un dipinto in cui sono raffigurati tutti gli stemmi araldici degli antenati della famiglia Alvarez de Toledo.

Da quel momento Ribera fece un salto in avanti in termini di progresso e di miglioramento economico, con l'affermarsi delle cooperative agricole, con la nascita delle prime banche e con una serie di potenziamenti e razionalizzazioni dell'agricoltura che permetterà a Ribera di affermarsi come uno dei primi centri della Sicilia per produzione di agrumi.

Il 10 dicembre 1940 l'Ente nazionale per la colonizzazione del latifondo inaugurò il borgo rurale intitolato ad Antonio Bonsignore, distante 13 km dal paese e vicino al mare.

Con l'avvento della Seconda guerra mondiale Ribera subì diversi bombardamenti, tanto da costringere la popolazione ad abbondare il centro abitato ed a rifugiarsi nelle campagne. I danni furono ingenti, con molti Riberesi che ebbero la casa distrutta o che non videro tornare i propri cari dal fronte.

Il secondo dopoguerra portò un acceso confronto tra i partiti cattolici e quelli socialcomunisti, in cui rivendicazioni sociali, democrazia, repubblica e governo del popolo erano i temi più trattati, tanto da echeggiare in tutte le case.
Le elezioni comunali del 1946 videro il trionfo delle forze di sinistra, ciò consentì l'organizzazione delle occupazioni delle terre incolte, la definitiva fine del latifondo e la ripresa del progresso economico e sociale.

Simboli

Ecco la descrizione dello stemma del Comune di Ribera:

« D'azzurro, al monte di tre cime di verde su cui sorge una torre d'oro, merlata alla ghibellina, mattonata, aperta e finestrata di nero, sinistrata da un sole raggiante, pure d'oro. Motto: ALLAVAM-SIGNAT-ALBA »

La torre dorata è quella del Castello di Poggiodiana.

Il motto è una frase latina: la parola Allavam si riferisce all'antico nome del territorio di Ribera, signat si traduce come "segna", mentre Alba si riferisce al nome antico del fiume Verdura; nel complesso è quindi traducibile (con le necessarie attualizzazioni) come: "Il fiume Verdura delimita il territorio di Ribera".

Ricorrenze

  • 25 febbraio 1636: viene firmato l'atto di nascita ufficiale della città.
  • 6 febbraio 1906: davanti alle spiagge di Ribera, la nave greca Angelica affonda a causa di una tempesta[13][19].
  • 15 gennaio 1968: il terremoto del Belice fa tremare anche Ribera, danneggiando parecchi edifici fra cui la Chiesa Madre.

Monumenti e luoghi d'interesse

Dal punto di vista culturale e paesaggistico, Ribera ha molto da offrire ai possibili turisti interessati ad una visita della città. I principali monumenti sono gli edifici sacri e civili fra cui: la casa natale dello statista Francesco Crispi e la settecentesca chiesa madre.

Architetture religiose

  • Chiesa Madre, si iniziò a costruire il 21 marzo 1751 e fu completata nel 1760, è a tre navate in stile rococò. Danneggiata dal terremoto del 1968 è rimasta chiusa fino a che i lavori di restauro ne hanno permesso la riapertura nel 1999;
  • Chiesa di Maria Santissima Immacolata;
  • Chiesa di San Giuseppe;
  • Chiesa di San Giovanni Bosco (1950);
  • Chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù, inaugurata il 25 dicembre 1945, dopo che nella primavera del 1939 era crollata a poco tempo dalla prima inaugurazione del 2 ottobre 1938;
  • Chiesa di San Pellegrino (XVIII secolo);
  • Chiesa della Beata Maria Vergine della Pietà;
  • Chiesa di San Francesco;

Architetture civili

  • La casa del Duca di Bivona è un palazzo dell'XVIII secolo realizzato al tempo del Ducato dei Toledo. Costruito a beneficio del duca di Bivona non venne mai abitato da questi: i veri proprietari furono soltanto i vari amministratori della Ducea. Nelle vicinanze dell'edificio sono presenti numerosi magazzini del Duca. L'interno del palazzo è in gran parte affrescato: rilevante è un dipinto che rappresenta tutti gli stemmi araldici degli antenati della famiglia Toledo.

Architetture militari

 Il Castello di Poggiodiana

A pochi chilometri dal centro abitato sorgono le rovine del trecentesco Castello di Poggiodiana costituite da una torre cilindrica merlata e da una torre quadrata. Il castello era stato edificato per volere di Guglielmo Peralta e successivamente fu di proprietà dei Conti di Luna. Grazie alla sua favorevole posizione, esso domina le gole del Lupo, scavate dal fiume Verdura.

Siti archeologici

Nel 1982 in località contrada Anguilla, a sud dell'abitato di Ribera, è stata rinvenuta una necropoli della media e tarda età del bronzo (XIII secolo a.C.), . (continua/1)