Ben 10 capigruppo consiliari su 20 consiglieri complessivi. Il cambio di casacca di diversi consiglieri comunali ha generato un «paradosso». Risulta infatti anomala la presenza

 di dieci capi gruppo consiliari su venti consiglieri eletti. La confusione politica, non v’è dubbio, regna sovrana. E questo fatto è stato strumentalizzato da personaggi che, di proposito, hanno usato le libere scelte, più o meno coerenti, dei consiglieri per porre in ridicolo il consiglio comunale nella qualità di istituzione. L’aria di polemica che, fra l’altro, si respira in aula, spesso, rallenta i lavori dell’assemblea e ciò non giova certo all’immagine del consiglio, facendo precipitare la fiducia della cittadinanza. Massimo Dibenedetto (nella foto), presidente del Consiglio comunale, ingoia ormai da tempo bocconi amari su quel che è stato definito il «bassissimo livello della civica assise». Ed ha sopportato le umiliazioni fino a quando gli apprezzamenti non si sono più soffermati alle chiacchiere da bar, diventando addirittura dominio dei mezzi di comunicazione. Dibenedetto quindi non ci sta e confessa che tali illazioni «inducono la collettività a vedere il consiglio comunale come un’istituzione che non funziona, litigiosa o non produttiva». Si lancia poi nella strenua difesa dei «suoi» consiglieri. «I consiglieri – dice – svolgono tutti, appieno il loro compito, ognuno con il ruolo che l’elettorato ha voluto assegnarli (maggioranza o minoranza), mettendo a disposizione l’esperienza personale e professionale, piccola o grande che sia. Definisco – precisa – naturale e costruttivo il confronto, anche duro, fra le parti. Bisogna piuttosto riflettere sulla mancanza di scuole della politica che, una volta, erano le sezioni dei partiti. Una mancanza – evidenzia – che provoca oggi l’assenza di politici veri». Dibenedetto si riferisce inoltre alle «famose» regole non scritte. Quelle che imponevano la gavetta prima di ricoprire un ruolo. Oppure, costringevano gli amministratori a confrontarsi con la «base» del proprio partito prima di prendere una decisione di interesse collettivo. «L’unico luogo di confronto – conclude Dibenedetto – è purtroppo diventato il consiglio comunale che deve supplire alle sempre più rare sezioni, direttivi e assemblee di partito, di coordinamenti, di leadership frutto del suffragio popolare e non dalle imposizioni di qualcuno» (fonte corriere di Ragusa. E.B.)