I primi anni e gli studi Salvatore Quasimodo nacque il 20 agosto 1901 da Gaetano e Clotilde Ragusa a Modica, dove il padre, capostazione, era stato assegnato nella locale stazione. In seguito all'alluvione di Modica del 26 settembre 1902, qualche giorno dopo quindi il suo primo compleanno,

la madre Clotilde con i piccoli Salvatore ed il fratello Enzo poco più grande nato nel 1899, si trasferì nella più sicura casa di Roccalumera, dal nonno paterno Vincenzo che era partito con mezzi di fortuna per recuperarli per l'impossibilità del padre Gaetano a lasciare il servizio. Fu battezzato appunto a Roccalumera , nella Chiesa della Madonna Bambina , il giorno 11 settembre 1901 . Dopo circa due mesi dalla nascita di Salvatore, il padre Gaetano fu trasferito. La famiglia del piccolo Salvatore fu costretta a spostarsi frequentemente, al seguito del padre, nelle varie stazioni ferroviarie siciliane: Aragona Caldare, Sferro, Comitini, Roccalumera, Valsavoja). Nel 1908 a Gela iniziò a frequentare le scuole elementari.

Nel febbraio del 1909 il padre venne incaricato della riorganizzazione del traffico ferroviario nella stazione di Messina colpita da un disastroso terremoto e successivo maremoto il 28 dicembre 1908. In quel periodo vissero in un carro merci parcheggiato su un binario morto della stazione. Quegli anni resteranno impressi nella memoria del poeta che li evocherà nella poesia Al Padre scritta in occasione dei 90 anni del padre e dei 50 anni dal disastroso terremoto di Messina inserita nella raccolta La terra impareggiabile:

« Dove sull’acque viola
era Messina, tra fili spezzati
e macerie tu vai lungo binari
e scambi col tuo berretto di gallo
isolano. Il terremoto ribolle
da due giorni, è dicembre d’uragani
e mare avvelenato. … »

(Salvatore Quasimodo, Al Padre)

Nel 1916 si iscrisse all'Istituto Tecnico Matematico-Fisico di Palermo per poi trasferirsi a Messina nel 1917 e continuare gli studi presso l'Istituto "A. M. Jaci" di Messina dove conseguì il diploma nel 1919. Durante la permanenza in questa città conobbe il giurista Salvatore Pugliatti ed il futuro sindaco di Firenze Giorgio La Pira, con i quali strinse un'amicizia destinata a durare negli anni e con i quali nel 1917 fondò il «Nuovo Giornale Letterario» una pubblicazione mensile, sul quale pubblicò le sue prime poesie, venduta nella locale tabaccheria di uno zio di La Pira che divenne luogo di ritrovo per giovani letterati.

Nel 1919 si trasferì a Roma dove pensava di terminare gli studi di ingegneria ma, subentrate precarie condizioni economiche, dovette abbandonarli per impiegarsi in più umili attività: disegnatore tecnico presso un'impresa edile, e in seguito impiegato presso un grande magazzino. Nel frattempo collaborò ad alcuni periodici e iniziò lo studio del greco e del latino con la guida di monsignor Mariano Rampolla del Tindaro, pronipote omonimo del più famoso cardinale Rampolla del Tindaro, Segretario di Stato di Papa Leone XIII. Collaborò ad alcuni periodici e studiò il greco e il latino dedicandosi ai classici, destinati anch'essi a divenire per lui fonte di ispirazione.

Le precarie condizioni economiche di questo periodo terminarono quando nel 1926 venne assunto dal Ministero dei Lavori Pubblici ed assegnato come geometra al Genio Civile di. Qui strinse amicizia con i fratelli Enzo Misefari e Bruno Misefari, entrambi esponenti (il primo comunista, il secondo anarchico) del movimento antifascista di Reggio Calabria, che lo invogliarono a ritornare a scrivere. Nello stesso anno sposò Bice Donetti, una donna di otto anni più grande, con la quale aveva convissuto ed a cui dedicherà una poesia dopo la sua morte avvenuta nel 1946:

« Con gli occhi alla pioggia e agli elfi della notte,
è là, nel campo quindici a Musocco,
la donna emiliana da me amata
nel tempo triste della giovinezza. … »

(Salvatore Quasimodo, Epitaffio per Bice Donetti)

Nel periodo di Reggio Calabria nacque la nota lirica Vento a Tindari, dedicata alla storica località presso Patti:

« Tindari, mite ti so
fra larghi colli pensile sull'acque
dell'isole dolci del dio,
oggi m'assali
e ti chini in cuore. … »

(Salvatore Quasimodo, Vento a Tindari)

Il padre andò in pensione nel 1927 e dopo una breve permanenza a Firenze si ritirò definitivamente nella sua casa di Roccalumera, dove visse con due sorelle che non si erano sposate.

Molti anni dopo il poeta emigrato si raffigurerà con questi versi:

« … quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. … »

(Salvatore Quasimodo, Lettera alla madre)

Periodo dell'ermetismo (1930 - 1942)

Risolti i problemi economici poté dedicarsi più assiduamente alla letteratura. Fu invitato a Firenze dallo scrittore Elio Vittorini, che nel 1927 aveva sposato la sorella Rosa, che lo introdusse nei locali ambienti letterari permettendogli di conoscere Eugenio Montale, Arturo Loria, Gianna Manzini e Alessandro Bonsanti. Il Bonsanti che in quel tempo dirigeva la rivista Solaria pubblicò nel 1930 tre poesie (Albero, Prima volta, Angeli). Maturò ed affinò così il gusto per lo stile ermetico, cominciando a dare consistenza alla sua prima raccolta Acque e terre, che lo stesso anno pubblicò per le edizioni Solaria. (continua/1)