Continua la serie di Vito Marino dedicata a figure ed abitudini degli antichi siciliani. Oggi, come figura viene presentata quella di un personaggio che all’epoca era famoso quanto raro, stiamo parlando del fotografo, che con la sua macchina immortalava momenti, avvenimenti, persone.

Il fotografo di cui parla Vito, era anche un artista che sapeva come aggiustare a mano le foto, come inquadrare il mezzo busto p i fidanzati dentro un cuore colorato. L’altro richiamo alla memoria, invece, è un momento clou della civiltà contadina: la fiera del bestiame. Era quello il momento quando i contadini si recavano alla fiera per vendere o comprare gli animali, per cambiarli, per scegliere quelli che sarebbero stati i compagni dell’anno nelle case di campagna allora molto abitate o semplicemente per acquista animali da cortile che avrebbero dato una mano nella conduzione della vita normale. Le uova, la carne per la festa, o per poterla vendere a chi non allevava animali domestici, ma gradiva mangiarne la carne. (SA) LU

(foto presa da google) - FOTOGRAFU La fotografia nasce nel 1839 e, intorno al 1950, dopo più di un secolo, aveva fatto pochi progressi. A causa della disoccupazione, gli artigiani si cercavano il lavoro girando di casa in casa. C’era anche il fotografo ambulante che, per sbarcare il lunario con una grossa macchina fotografica e relativo treppiede, faceva "li ritratti" girando di cortile in cortile. Molto caratteristico era il preparativo: dopo avere collocato il treppiede con la macchina fotografica e una bacinella con l’acqua per mettervi dentro le foto appena fatte, iniziava col coprire la parte del muro interessato dalla foto, con un lenzuolo o coperta, perché i muri di allora erano spesso scrostati; la messa in posa era molto lunga e laboriosa; infatti, come ornamento bisognava mettere una sedia e vasi di fiori (generalmente foglie d’ombra) ai lati del soggetto, occorreva aggiustare la posizione della testa, i sorrisi, aspettare che il sole facesse capolino per illuminare la scena, tenere fermi i bambini, ecc, Marito e moglie dovevano tenersi sotto braccio, dritti, in piedi e messi frontalmente alla camera, immobili, in atteggiamento dignitoso con un accenno appena al sorriso. Le foto ottenute, che interessavano i parenti intimi erano posti in una scatola e conservati nel I° cassetto del “cantarano” (cassettone) e tirate fuori durante le occasioni. Molte fotografie venivano incorniciate e appese al muro; quelle dei parenti defunti erano appese nella “cammara” (la stanza da letto di allora). Le foto matrimoniali nella stanza da pranzo Quindi, il fotografo infilava la testa sotto un telo nero collegato alla macchina fotografica, guardava attraverso l’obbiettivo e scattava la foto. Poiché le foto erano di pessima qualità a causa delle macchine poco affidabili, un bravo fotografo le ritoccava con penna e pennelli per togliere i difetti vari o per rendere le foto a colori. 

(foto presa da google) - FIERA DEL BESTIAME Durante la civiltà contadina tutti avevano bisogno degli animali da soma (cavallo, asino, mulo, bardotto) o del bue, per ausilio nei lavori più pesanti e per tirare il carretto o l’aratro. Anche i nobili, per spostarsi a cavallo o sulla carrozza avevano bisogno del cavallo Fiorente era l’allevamento di pecore e di bovini, mentre in tutti i cortili o dentro i magazzini non mancavano mai le galline, i conigli, la capra, e spesso anche il maialetto. Per fornire le forti richieste, in ogni paese c’era sempre una fiera di bestiame. A Castelvetrano, in Piazza Dante, “a li cumuna” (salita per Piazza Bertani, allora non esisteva ancora l’edificio scolastico), fino agli anni ’60 circa, ogni fine mese c’era la fiera del bestiame; ma anche alla fiera della Tagliata, si negoziavano animali. Alla fiera bisognava essere esperti di animali, perché si potevano avere delle fregature. Il mercante di animali per ingannare il probabile compratore usava tanti accorgimenti: puliva la bestia accuratamente per rendergli il pelo lucido (simbolo di buona salute), lo "appruvinnava" bene (gli dava da mangiare orzo e avena), aggiungeva del sale alla biada e lo faceva bere in abbondanza per renderlo apparentemente più pieno. Ma, come dicono i proverbi: "a la squagghiata di la nivi si virinu li pirtusa" (sciolta la neve si vedono i buchi) oppure "a lunga cursa si viri lu giannettu" (nella lunga corsa si vede il cavallo da corsa), quando l'animale si metteva alla prova del duro lavoro giornaliero, spuntavano fuori i grossi difetti. Questo era il classico animale "ngannalafera", cioè che in fiera ingannava anche il compratore più esperto. (VITO MARINO)