LA FUITINA. Non si tratta di un racconto ma di una realtà storica siciliana che i giovani forse avranno sentito raccontare e di cui se ne ridono. Una volta (diciamo fino agli anni ’50 circa) i matrimoni erano combinati fra i genitori dei probabili futuri sposi.

Il primo passo spettava farlo ai genitori del ragazzo, che si recavano presso i genitori della ragazza, per chiedere la mano della figliola. Se tutto procedeva per il verso giusto, in quella o in un’altra occasione si doveva risolvere anzitutto il problema della dote; le parti, infatti, si dovevano impegnare formalmente per la donazione (prima del matrimonio) di determinati beni mobili o immobili ai rispettivi figli. Addirittura si stilava la “minuta dotale” con l’elenco dei beni mobili ed immobili descritte in maniera minuziosa nei particolari e nel numero. che le parti si impegnavano a disporre. A questo punto i due fidanzati si potevano conoscere. Durante il fidanzamento, che doveva durare diversi anni, c’era uno scambio continuo di doni ad ogni festa o ricorrenza. Le spese per il corredo, che facevano parte della dote, erano considerevoli, mentre altre spese si accavallavano durante il lungo fidanzamento per cerimoniali e vari. Seguivano le spese per l’abito matrimoniale, per la cerimonia in chiesa e per il trattenimento. Quanto detto, andava bene per coloro che potevano, anche con pagamenti di lunghe rate, o in qualche altro modo affrontare tali spese; purtroppo, c’erano famiglie molto povere che non avevano soldi né per il corredo né per lo sposalizio. Dovendo, tuttavia, anche loro mettere su famiglia, adottavano il sistema economico e sbrigativo della "fuitina", cioè i due innamorati scappavano di nascosto (si fa per dire) dei genitori. A fatto compiuto, dopo alcuni giorni trascorsi in un casolare o in casa di parenti od amici consenzienti, doveva seguire immancabilmente il matrimonio riparatore, senza festa. Un proverbio in merito diceva: “Lu fuiri è vriogna, ma è sarvamentu di vita”. Un altro matrimonio riparatore avveniva, quando un giovane innamorato e non corrisposto, non potendo ottenere per vie normali la mano di una ragazza, la sequestrava con l’aiuto d’altri complici e la violentava. A questo punto la ragazza e quindi i suoi genitori, non potevano più rifiutare il matrimonio riparatore col suo stupratore, poiché, non essendo più vergine, nessuno l’avrebbe più cercata e sarebbe rimasta zitella. In sede giudiziaria, l’articolo 544 del codice penale (abrogato nel 1981) prevedeva che, per i delitti di violenza carnale, il matrimonio con la persona offesa avrebbe estinto il reato, anche per gli eventuali complici del sequestratore. Abrogato tale articolo, la nuova legge n. 442 del 05/08/1981, ha abolito la possibilità di cancellare con il matrimonio una violenza sessuale. (VITO MARINO)