(foto presa da google) - Di Maria Cacioppo Fondato nel 1909, il Museo "Giuseppe Pitrè", rappresenta uno dei più importanti musei nazionali di etnografia, che ha due sedi, una nei locali attigui alla palazzina Cinese, nel cuore del parco della Favorita. e l'altra in Via Delle Pergole nel Palazzo Tarallo, nel quartiere dell'Albergheria.

Un museo che accoglie nelle sue sale una preziosa serie di reperti che raccontano “il modus vivendi”, l’arte, gli usi e i costumi della Sicilia di ieri. Nato grazie all’impegno del suo fondatore, il celebre medico e letterato siciliano Giuseppe Pitrè, il museo possiede una straordinaria e imponente collezione di oggetti artigianali di uso comune, frutto di un’intera vita di studi, di ricerche e dell’attività appassionata dello stesso Pitrè, considerato uno dei pionieri della moderna etnoantropologia. Le collezioni raccolte dal Pitrè furono esposte, per la prima volta, in occasione della Mostra Etnografica Siciliana allestita nell’ambito della Grande Esposizione Nazionale di Palermo nel 1891-92. La prima sede del museo, messa a disposizione dal Comune, grazie all’interessamento del giurista Empedocle Restivo, furono alcuni locali, quattro stanze e un corridoio, all’interno dell’edificio scolastico sito nel collegio dell’Assunta, in via Maqueda, dove, per l’angustia degli spazi, il percorso espositivo non potè essere organizzato secondo i più razionali principi della museografia come il Pitrè avrebbe voluto. Dopo la morte del Pitrè (1916), per anni le collezioni rimasero inaccessibili al pubblico, fino a quando, nel 1935, Giuseppe Cocchiara riorganizzò e trasferì il museo in una delle dipendenze della Casina Cinese nel Parco della Favorita. Il Museo abbraccia circa 4.000 oggetti di cultura materiale e immateriale della vita e della tradizione del popolo siciliano databili tra il XVII e XX secolo, il cui nucleo principale fu raccolto dallo stesso Pitré ed esposto in occasione della Mostra Etnografica Siciliana, allestita in un padiglione all’interno dei giardini della Grande Esposizione Nazionale di Palermo del 1891- 92., Nelle sale del museo, articolate in 20 sezioni, trovano documentazione gli usi e i costumi del popolo siciliano, compresa la minoranza etnolinguistica albanese, e le credenze, i miti, le consuetudini, le tradizioni di Sicilia (la casa, filatura e tessitura, arredi e corredi, i costumi, le ceramiche, l'arte dei pastori, caccia e pesca, agricoltura e pastorizia, arti e mestieri, i veicoli, il carretto siciliano, i pupi, il carro del festino, le pitture su vetro, le confraternite, i presepi, tra i quali spicca l'opera dell'artista trapanese Matera, i giochi fanciulleschi, la magia, gli ex voto, pani e dolci festivi.). Utensili domestici, manufatti legati all’attività agropastorale, alle feste, alla magia e religione, nonché costumi, pitture su vetro, ex voto, balocchi, pani e dolci della festa, ceramiche, carretti, marionette e cartelloni dell’Opera dei Pupi, strumenti musicali, collocati dentro vetrine e ordinate in diverse sezioni tematiche. All’interno della sezione presepi vi è una collezione di statuine, che con i gruppi della Strage degli Innocenti, costituisce la più vasta testimonianza conosciuta dell’opera di Giovanni Antonio Matera e della sua bottega. Di particolare attrazione per il pubblico, non solo palermitano, sono le due carrozze del Senato, una della fine del Settecento e l’altra dei primi dell’Ottocento, manufatti di grande eccezionalità esecutiva e progettuale, che raccontano l’uso cerimoniale cittadino perpetrato per decenni in occasione di particolari rituali festivi. Un cenno a parte meritano gli ex voto commissionati ai “pincisanti” (pittori di immagini sacre) per ringraziare la Madonna e i santi per la loro intercessione salvifica in caso di malattie o di altri mali di ogni genere. Particolare interesse offrono gli oggetti legati alla “stregoneria” che spesso generano sensazioni contrastanti per l’inquetudine che il soprannaturale sa creare: amuleti ed altri oggetti vari usati per fare sortilegi (fatture), testimonianze uniche di un passato che evoca mondi arcaici dove povertà e ignoranza favorivano le credenze superstiziose e scaramantiche che spesso sconfinavano nella “magaria”. Ricchissima e preziosa, inoltre anche la biblioteca, costituita da circa tremila tra volumi, manoscritti originali del Pitrè, diapositive, documenti, un’importante raccolta di stampe e tantissime lettere, un’autentico serbatoio di memorie donati al museo dagli eredi del grande studioso. Nell’allestimento museografico curato dall’architetto Antonio Di Lorenzo, a Palazzo Tarallo trovano spazio mostre temporanee e permanenti, che hanno come oggetto aspetti particolari della cultura e delle tradizioni popolari. L’esposizione permanente è allestita negli ambienti del piano nobile, fra i quali spicca l’ampio salone affrescato da Pietro Martorana, che contiene un bel letto seicentesco con testata in ferro battuto. Qui verranno organizzati incontri culturali e presentazioni di libri. Nelle altre sei sale del primo piano sono stati collocati due eleganti portantine settecentesche e alcuni manufatti del Museo di gusto e committenza colta e aristocratica, anche se realizzati in quelle stesse botteghe artigiane da cui uscivano opere di uso più popolare; tra i quali, alcuni mobili dipinti, di fine ’700, provenienti dall’ex Museo nazionale (oggi Museo archeologico regionale “Antonino Salinas”). Si tratta di un cassettone, un armadio, un mobile-altare, una “scarabattola” e due teche. Pur essendo di provenienza diversa, essi presentano alcuni dati omogenei: appartengono al XVIII secolo, sono di manifattura siciliana e hanno la cifra comune di essere dipinti. Gli artigiani che li realizzarono avevano come modello di riferimento i mobili a cineserie dell’alta aristocrazia, largamente diffusi. In una sala, inoltre, si trova la grande cucina dei Borboni che, a prescindere dalla superficie, ben rappresenta le cucine tradizionali. Siciliane. Visitando le sale del museo (purtroppo momentaneamente chiuso), la vita dei nostri nonni e bisnonni si compone davanti ai nostri occhi, i reperti ivi esposti, di grande interesse storico, offrono ai visitatori spaccati di vita di un tempo passato. (Maria Cacioppo)