Raddusa, piccolo centro agricolo ubicato nell’assolato entroterra siciliano e relegato agli estremi confini del territorio metropolitano di Catania, è considerato il granaio della Provincia. Chiamata “città del grano”, Raddusa è uno dei maggiori produttori di grano duro in Sicilia, in quanto sede di importanti aziende di trasformazione

e commercializzazione dei suoi derivati. Le prime fonti documentarie sul feudo di Raddusa, la cui denominazione, presumibilmente di origine araba, appare dall'oscura etimologia, risalgono intorno al 1300, quando esso apparteneva a Pietro Fessima di Aidone. Nel 1503 Raddusa passò alla famiglia Paternò a seguito del matrimonio fra Vincenza Fessima, baronessa di Raddusa, e Giovanni Francesco Paternò di Imbaccari. Dal 1806 la famiglia Paternò ne ottenne il titolo di Marchese. Dal 1809 il Marchese Francesco Paternò, dopo che la scoperta del metodo Leblanc per la produzione del carbonato di zolfo aveva prospettato la possibilità di cospicui guadagni per la ricchezza delle miniere di zolfo insistenti nei suoi feudi di Raddusa e Destra, ottenne la licenza regia di popolare questi ultimi. Nel 1859, fu elevato a Comune autonomo. A partire dal primo decennio del 1900 le miniere siciliane, e quindi anche quelle di Raddusa, iniziano un lento ma inesorabile declino, lasciando quindi all'attività cerealicola la rappresentazione del filo di continuità delle generazioni raddusane. Il grano duro biondo siciliano è noto a tutti per le sue qualità nutritive, così i raddusani hanno puntato tutto sulla valorizzazione di questo prodotto, organizzando a settembre la Festa del Grano in cui si ripropone annualmente il rito del “U’ metiri”, in cui i contadini raddusani con le falci aguzze mieteranno un campo di grano, facendo rivivere i riti e le usanze dell’antica mietitura. Rievocazione delle antiche fasi della “Pisatura” (trebbiatura col calpestio) con i cavalli o muli. Una coppia di cavalli, guidate dalle mani sapienti di contadini, girerà in tondo pigiando le gregne gravide di biondo frumento. Il tutto accompagnato da canti e balli propiziatori tra un misto di sacro e profano che coinvolge anche il pubblico. Durante i tre giorni della manifestazione vengono riproposti momenti di vita agreste degli anni cinquanta, la ricostruzione storica della pisatura, sfilate e cortei, gruppi folcloristici, mostre e degustazioni di prodotti tipici locali legati appunto alla coltivazione del grano duro di Sicilia, nonchè la ‘mpastata do pani (lavorazione del pane), e la sfilata degli antichi e decorati carretti siciliani. Un percorso di atmosfere e di profumi che vi far saltare nel tempo, dal presente al passato, con itinerari e rappresentazioni storiche Visitando la cittadina si potrà assistere alla sfilata dei gruppi folk, bande musicali e carrozza Marchese di Raddusa accompagnata da contandini in abiti tradizionali e corteo mitologico. Si avrà altresì, la possibilità di visitare il museo del grano e l’altare di San Giuseppe, la pinacoteca comunale. Chi desidera apprezzare sapori unici deve gustare la “cuccia”, la “pasta di San Giuseppe” e il pane condito. Sono molte le aziende agricole impegnate nella coltivazione del prezioso cereale, il grano appunto, che ha proiettato l’immagine della città al di fuori dei confini italici (diverse aziende esportano il grano duro, soprattutto il biologico, in Francia e in Germania). Senza alcuna ombra di dubbio, il grano, rappresenta oggi il filo di continuità nella storia delle generazioni di questo paese. Certamente oggi la coltivazione del grano non avviene più con i metodi ed i sistemi di un tempo. Col passare degli anni la cultura contadina è radicalmente cambiata e con essa sono cambiati gli usi, i costumi e le tradizioni che un tempo scandivano tutti gli eventi produttivi. Dal dopoguerra ai nostri giorni l’introduzione delle sempre più sofisticate macchine agricole, e soprattutto della tecnologia, hanno modificato i rapporti dell’uomo con gli oggetti che una volta venivano usati e con la terra stessa che un tempo veniva concimata con il copioso sudore della fronte. Oggi, le scene della vita agreste di un tempo e quell’atmosfera particolare che si respirava nel dopoguerra, esistono solo nei racconti degli anziani. Ancora oggi, nonostante i tempi siano radicalmente cambiati, la maggiore fonte di reddito della comunità raddusana resta quella derivante dall’agricoltura in generale e dalla cerealicoltura in particolare, grazie proprio alla produzione del grano duro biondo siciliano. Non si può pensare ad uno sviluppo economico e sociale della popolazione raddusana se non valorizzando ed incentivando questo prodotto agricolo che ha permesso di definire Raddusa “Città del Grano” e “Principale granaio della Sicilia”. E’ questo lo scopo principale per cui l’Amministrazione Comunale, con il contributo degli Assessorati Regionali all’Agricoltura e Foreste, ai Beni Culturali e Ambientali, allo Sport-Turismo-Spettacolo, sono impegnati nell’organizzazione dell’annuale “Festa del Grano”. Durante la festa si vive un'atmosfera particolare, i più anziani avranno la sensazione di un salto indietro nel tempo di oltre quarant'anni, i più giovani, invece, assaporeranno una sensazione che altrimenti non avrebbero mai potuto provare. La festa si svolge ogni anno la seconda settimana di settembre. (Maria Cacioppo)