LA FESTA DELL’ARANCIA E LA RIEVOCAZIONE DELLO “SPIRITARU”

Di Maria Cacioppo -  Gli agrumi in Sicilia sono presenti da quasi 2000 anni, tanto che lo stesso Virgilio nelle Georgiche ne descrisse i caratteri, mentre la massiccia introduzione si realizzò nel X secolo e nel XII secolo d.C. ad opera degli arabi

con particolare riferimento all’arancio e al limone. Merito di Cristoforo Colombo e degli spagnoli fu quello di diffondere le diverse specie di agrumi nelle Americhe tra la fine del 1400 e gli inizi del 1500. In Sicilia la coltivazione vera e propria degli agrumi inizia dopo il 1800 . La produzione italiana di arance bionde ormai supera il milione di tonnellate, in virtù della particolare diffusione della cultivar Valencia e di quelle del gruppo Navel (Navelina con i suoi diversi cloni, New Hall e Navelate). Nel passato, le arance pigmentate (Tarocco, Moro e Sanguinello) intercettavano una quota maggiore di produzione, avendo ridotto la loro incidenza percentuale dal 70 al 50 % del prodotto totale. Nella consuetudine alimentare, il consumatore italiano identifica le arance con il prodotto siciliano e calabrese, soprattutto in riferimento al frutto pigmentato, le famose arance rosse di Sicilia. In questa regione, infatti, le proporzioni tra le tre tipologie di frutti sono invertite rispetto alla media nazionale, con circa il 70% di frutti a polpa rossa provenienti dalle province di Catania, Siracusa, Enna ed Agrigento. L’eccellente qualità del prodotto ne ha permesso la valorizzazione con marchi come L Arancia Rossa di Sicilia IGP che comprende prevalentemente le varietà Tarocco, Moro e Sanguinello, coltivate nei territori di Catania e Siracusa. La Provincia di Agrigento si distingue, al contrario, per la pregevole produzione di arance bionde ombelicate, qui favorite dalle particolari condizioni ambientali. La Sicilia è l’unica regione al mondo in cui vengono prodotte arance rosse di elevato standard di qualità. Le condizioni climatiche e le caratteristiche del territorio, hanno favorito il nascere nelle preziose arance rosse, coltivate nella piana di Catania, a ridosso del vulcano Etna, l’unico territorio al mondo che produce le vere arance rosse di Sicilia. Gli agrumeti siciliani sono controllati e accuditi dagli attenti occhi e dalle operose mani dei contadini che ogni giorno si prendono cura di questi agrumi. A valorizzare questo frutto prezioso per la Sicilia è stata l’Associazione Culturale Etnografica Ambientale Jalari, che da sette anni ha rievocato al Parco Jalari l’antica bottega etnografica di “U Spiritaru”. La manifestazione, nasce per rievocare l’antico mestiere dello “Spiritaru” che con la spugna raccoglie lo spirito delle arance, estrazione degli oli essenziali dalla buccia degli agrumi; lavoro di grande meticolosità e di pazienza, che per l’occasione viene riproposto, attraverso i vari passaggi del processo produttivo: “spaccatura”, “cavatura”, bagno in calce viva e acqua, estrazione dell’olio essenziale. L’estrazione degli oli essenziali dagli agrumi, infatti, è stato per molto tempo una delle principali attività economiche di Barcellona Pozzo di Gotto. Questa lavorazione è stata riproposta in un lavoro risalente al 2016 attraverso una tecnologia promettente per il riutilizzo degli scarti alimentari sviluppata da un gruppo di ricerca italiano, che si è perciò di recente conquistato la copertina dell’ultimo numero del 2016 della rivista Green Chemistry. Lo studio è stato realizzato congiuntamente da ricercatori del Thermolab del dipartimento di Chimica e Chimica industriale dell’Università di Pisa e dell’Istituto Nazionale di Ottica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (INO-CNR), assieme a studiosi dell’Università di Cagliari e dell’Istituto Tecnico Industriale Statale “Michele Giua” di Cagliari. I ricercatori hanno messo a punto un innovativo processo estrattivo che permette di ottenere dalle biomasse di scarto prodotti di elevato interesse commerciale. In particolare, grazie alle tecnologie sviluppate, dalle bucce di arancia sono stati ottenuti oli essenziali e pectina impiegabili nell’industria cosmetica, profumiera e alimentare. Lo studio ha consentito la valorizzazione delle biomasse mediante l’azione congiunta di microonde e ultrasuoni: i processi estrattivi dalle bucce di arancia sono stati, in particolare, attivati con microonde emesse da un’antenna a dipolo coassiale posta all’interno della stessa biomassa. Diverse configurazioni sono state sperimentate dai ricercatori, tra cui un’estrazione a microonde senza solvente e una idrodistillazione che prevedeva l’applicazione simultanea di microonde e ultrasuoni. Entrambi i metodi hanno dato buoni risultati in termini di resa, permettendo un elevato risparmio energetico rispetto ai metodi di idrodistillazione convenzionali. L’approccio più promettente, come emerge dalla ricerca, è quello senza solvente che, sfruttando l’acqua naturalmente presente nella buccia di arancia, consente anche un risparmio idrico rispetto ai metodi convenzionali. Tutti vantaggi, questi, che rendono nel complesso la ricerca una fonte utile di spunti innovativi per valorizzazione di rifiuti alimentari mediante processi efficienti dal punto di vista tecnologico, energetico ed economico.