Roma - Tanti applausi per il discorso Volodymyr Zelensky al Parlamento italiano. L'ex attore e oggi presidente dell'Ucraina probabilmente in passato si è esibito davanti a platee più folte di quella presente il 22 marzo a Montecitorio: riunito in seduta comune,

il Parlamento raggiunge in potenza 945 posti per il tutto, ma chi ha provato sommariamente a contare stima un tasso piuttosto alto, considerando che l'unico gruppo che di fatto aveva ufficializzato la propria indisponibilità ad ascoltare il video-intervento di Zelensky era stato Alternativa perché, aveva spiegato il giorno prima, "si tratta solo e soltanto di un'operazione di marketing che non servirà a far cessare le ostilità e non avrà alcuna utilità per la parte offesa". Ma si tratta solamente di 17 parlamentari, numero che non spiega da solo tutte le altre assenze. Un'altra componente che non si è presentata è Italexit, il gruppo di ex M5S guidato da Gianluigi Paragone e composto da altri tre senatori William De Vecchis, Mario Giarrusso e Carlo Martelli: "Non ci siamo recati in aula ad ascoltare l'intervento di Zelensky perché il presidente ucraino non è un ambasciatore di pace. Esprimiamo tutta la solidarietà possibile al popolo ucraino tormentato dalle bombe e dai colpi di Putin, che è un aggressore e le cui azioni sono assolutamente da condannare. Ma Zelensky ripete ciò che Biden vorrebbe che accadesse: no fly-zone, più armi, più soldati". Nella Lega qualcuno ha notato l'assenza di Simone Pillon, ma Matteo Salvini ha spiegato che il senatore noto per le sue battaglie pro-life e per la famiglia "è a Londra per lavoro". Gli altri gruppi della maggioranza, in particolare Partito democratico e Forza Italia, hanno rivendicato la compattezza delle proprie fila. Con un paio di eccezioni in Forza Italia, come spiega Antonio Tajani: "Alcuni ex 5 stelle ora in Forza Italia non ci saranno, ma sono ex 5 stelle, non è quella la nostra linea politica". Chi in aula c'è stato, pur con una posizione più critica rispetto a quella della maggioranza, sono le parlamentari di ManifestA: Doriana Sarli aveva spiegato che "farò di tutto per ascoltare fino alla fine questa videoconferenza ma solo fino a quando non ci saranno delle richieste ancora più belligeranti di quello che sta avvenendo" preannunciato la possibilità di un'uscita dall'aula a intervento in corso. Poi Zelensky non ha fatto cenno a no-fly-zone e forniture di armi. Ma anzi, sono le voci del post-evento, la sorpresa è proprio che a spingere sull'acceleratore sia stato proprio Draghi. Molte, al contrario, le critiche a chi non è intervenuto: "Ne renderanno conto ai loro elettori" spiega Emma Bonino, e gli fa eco Andrea Marcucci del Pd. "Chiedete a loro" glissa Matteo Renzi. Enrico Letta, su twitter, parla addirittura di "indecoroso balletto e disonorevole scelta". Ma il più caustico è Matteo Richetti, di Azione: " Vi vedo tutti molto preoccupati di chi mancava in aula – chiosa su Twitter - Dovreste preoccuparvi del fatto che sono in aula i restanti giorni dell'anno". (NoveColonneATG)