di  Lanfranco Fanti - Per abolire l'unanimità, per introdurre flessibilità sulle regole di bilancio e clausole chiare e precise che ribadiscano quanto e come il rispetto dei principi fondanti dell’Unione europea siano condizionali non solo nella gestione dei fondi, ma anche della stessa appartenenza - 17 Febbraio 2022

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Una delle parole che David Sassoli usava ripetere più spesso nei suoi discorsi, sia pubblici che privati, era solidarietà. La potenza dell`Europa si esprime attraverso l`espressione della sua solidarietà diceva. Ieri l`Unione europea, nell`insieme delle sue istituzioni e di alcuni Stati membri, ha effettivamente dato segno che quando vogliono, sanno esprimere quella potenza.

Anzitutto la Corte di Giustizia Europea, che ha ribadito le sue prerogative nell`applicazione del diritto comunitario e nei rapporti tra l’Europa e i suoi stati membri, ma anche le altre istituzioni (Parlamento in primis, ma anche Consiglio e alcuni Stati membri) che hanno fatto leva affinché il rispetto di quei valori e di quei principi fondamentali su cui si basa l`Unione Europea, a partire proprio dalla solidarietà, siano oramai imprescindibili dal farne parte.

Grande il valore politico quindi, ancor più forse che giuridico,  del respingimento dei ricorsi proposti dall’Ungheria e dalla Polonia contro il meccanismo di condizionalità che subordina il beneficio di finanziamenti provenienti dal bilancio dell’Unione al rispetto da parte degli Stati membri dei principi dello Stato di diritto.

Tale ricorso è nato a seguito della proposta che uscì prima del Consiglio europeo del dicembre 2020 e che prevedeva la condizione del rispetto dello stato di diritto all'erogazione di fondi comunitari. Budapest e Varsavia si opposero immediatamente e a gran voce a quella proposta. Per i due paesi la cui crescita economica è strettamente legata all'erogazione di finanziamenti europei, ma che allo stesso tempo non brillano su libertà di stampa e per diritti civili, un accordo del genere avrebbe rappresentato, e rappresenta, una discreta spina nel fianco. La loro opposizione portò ad un blocco da cui sembrava impossibile uscire e che avrebbe compromesso l`approvazione dell`intero budget europeo (1,8 trilioni di euro).

A sbrogliare la matassa intervenne l'allora cancelliere e presidente di turno del Consiglio Angela Merkel che senza modificare le condizioni legate allo stato di diritto, come fortemente richiesto specie dal Parlamento europeo e da molti Stati tra cui i Paesi Bassi, introdusse però` anche una clausola per la quale la Commissione europea avrebbe dovuto astenersi dall'attuare il meccanismo mentre un paese membro ne contesta la legalità alla Corte di giustizia dell'Unione europea. Cosa che naturalmente sia la Polonia che l`Ungheria fecero immediatamente rivolgendosi alla Corte. 

Per questo la decisione di ieri segna un solco storico. La Corte conferma che per poter usufruire dei fondi occorre il rispetto dei principi dello stato di diritto. Ma è importante sottolineare che senza volere, e nemmeno potere, intervenire sulla legittima indipendenza di ciascun stato membro, la Corte ribadisce che la procedura di sospensione può essere avviata solo nel caso in cui sussistano motivi fondati per ritenere non soltanto che in uno Stato membro si verifichino violazioni dei principi dello Stato di diritto, ma soprattutto che tali violazioni compromettano o rischino seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. Inoltre, le misure che possono essere adottate in forza del regolamento si riferiscono esclusivamente all’esecuzione del bilancio dell’Unione e sono tutte atte a limitare i finanziamenti provenienti da tale bilancio a seconda dell’impatto su quest’ultimo di un simile pregiudizio o di un simile rischio serio. Il regolamento mira, pertanto, a proteggere il bilancio dell’Unione da pregiudizi derivanti in modo sufficientemente diretto da violazioni dei principi dello Stato di diritto, e non già a sanzionare, di per sé, violazioni del genere.

Allo stesso tempo però, credo sia altrettanto importante mettere in evidenza, come fa la parte terza del respingimento, che il rispetto da parte degli Stati membri dei valori comuni sui quali l'Unione si fonda, che sono stati identificati e condivisi dai medesimi, e che definiscono l'identità stessa dell'Unione quale ordinamento giuridico comune a tali Stati, tra i quali lo Stato di diritto e la solidarietà, giustifica la fiducia reciproca tra tali Stati. Tale rispetto costituisce quindi una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall'applicazione dei Trattati a uno Stato membro e l'Unione deve essere in grado, nei limiti delle sue attribuzioni, di difendere tali valori. La solidarietà tra stati dell`Unione europea diventa quindi un principio fondante riconosciuto implicitamente anche dalla Corte.

E adesso?

Adesso entra in gioco la burocrazia e la politica, che si intersecano e che si contaminano. Ma non necessariamente in maniera negativa. Ora la Commissione europea, unica detentrice del potere di iniziativa di questo meccanismo, prenderà il tempo necessario per studiare a fondo le motivazioni del respingimento della Corte per poi “eseguire” i dettati del Consiglio europeo sopra menzionato, che le affidano l`incarico di definire delle “guidelines” che forniranno ulteriori indicazioni e chiarimenti sulle modalità e sull`utilizzo di tale meccanismo.

Detto questo, se la Commissione va avanti, deve prima informare il paese, il che dà il via a un ampio scambio fra le parti. La questione passa quindi al Consiglio dell'UE, dove però non si deciderà all’unanimità ma a maggioranza qualificata. Un dettaglio non da poco perché nessun Paese da solo potrà bloccare il meccanismo per fare da sponda all`altro…

A ogni modo, siamo ancora lontani da questi scenari. E nel frattempo, Varsavia e Budapest presumibilmente non resteranno a guardare e tra poco (3 aprile) si terranno le elezioni in Ungheria.

Inoltre, giova ricordare che sui due Stati già pendono procedure di infrazione in materia di uguaglianza e tutela dei diritti fondamentali. In Ungheria sulla legge di recente adozione che, in particolare, vieta o limita l'accesso a contenuti che promuovono o ritraggono la "divergenza dall'identità personale corrispondente al sesso alla nascita, al cambio di sesso o all'omosessualità" per le persone di età inferiore ai 18 anni, e un disclaimer imposto a un libro per bambini con contenuti LGBTIQ. Per quanto riguarda la Polonia, vi è in corso un'indagine sulla natura e l'impatto delle risoluzioni sulla "zona franca da ideologia LGBT" adottate da diverse regioni e comuni polacchi.

Il dibattito e le pressioni non tarderanno ad accendersi. Anzi, già gli animi si sono scaldati. Proprio ieri l'eurodeputato bulgaro Angel Dzhambazki si è rivolto all'aula e al collega Sandro Gozi che interveniva proprio sullo stato di diritto con un saluto romano.

La Conferenza sul futuro dell`Unione potrebbe essere occasione per fare tesoro di questa decisione della Corte e spingere qualche volenteroso, siano Stati membri e istituzioni, a mettere mano ai trattati. Per abolire l'unanimità, per introdurre flessibilità sulle regole di bilancio e clausole chiare e precise che ribadiscano quanto e come il rispetto dei principi fondanti dell’Unione europea, siano condizionali non solo nella gestione dei fondi, ma anche della stessa appartenenza. L'Europa diverrebbe davvero una potenza capace di esprimere al meglio la sua natura solidale, in linea con quanto ha cercato di fare e avrebbe voluto David Sassoli.