Il Governo Monti ha varato un piano nazionale di inclusione per rom, sinti e camminanti che è stato trasmesso alla Commissione Europea e approvato nel maggio 2012. La Toscana è stata una delle prime regioni ad attivarsi per recepirlo. Abbiamo chiesto a Salvatore Allocca, assessore regionale al welfare e alle politiche per la casa, di spiegarci che cosa la giunta intenda fare in concreto.

La strategia nazionale si focalizza su 4 punti: istruzione, salute, formazione/accesso al mondo lavorativo, abitazione. Come si intende attuarla in Toscana? «Cominciamo dell’istruzione: i dati in nostro possesso ci dicono che il 95% dei minori frequenta la scuola dell’obbligo, purtroppo accade spesso che le condizioni di vita portino all’abbandono scolastico. Noi cerchiamo di intervenire per favorire l’accesso alla scuola e anche il trasporto, ma ci vorrà un impegno continuo e in piena relazione con le famiglie per realizzare un percorso i cui risultati saranno importanti. La salute è un diritto universale e sarà tutelata tramite procedure che permetteranno ai cittadini rom di recarsi negli ospedali pubblici e ricevere cure e medicinali. Per la formazione e il lavoro vengono seguite le linee che utilizziamo nei confronti di tutti i cittadini. Fra i rom abbiamo professionalità soprattutto nel campo dell’edilizia, dell’agricoltura o nello smaltimento dei rifiuti. Ci sono poi piccoli ma importanti progetti sperimentali rivolti soprattutto alle donne, come una lavanderia e una sartoria già esistenti che stanno creando reddito e posti di lavoro. Per quanto riguarda l’abitazione, è un problema molto serio che stiamo tentando di affrontare con esperimenti pilota». A proposito di questo ultimo punto, ci sono state molte polemiche ed è stato detto che “i rom rubano le case popolari agli italiani”. «Su circa 51.000 alloggi di edilizia residenziale sociale, gli alloggi occupati da famiglie rom sono 146. Chi lancia accuse come queste o è ignorante (nel senso che ignora quali siano i numeri) o è in perfetta malafede. Io auspico che nella nostra regione l’edilizia residenziale sociale consenta di risolvere i problemi a tutti i cittadini, indipendentemente dalla provenienza». Abbiamo recentemente sentito parlare di un Tavolo Regionale sulla questione rom. Che funzioni avrà e chi ne farà parte? E’ pensabile arrivare a un coordinamento e a un’armonizzazione delle politiche locali in quest’ambito? «La Regione Toscana nel luglio del 2011 aveva pionieristicamente attivato un tavolo regionale per l’inclusione dei rom sinti e camminanti. Questo nuovo tavolo, che ha funzioni di cabina di regia, è stato creato al fine di condividere, con tutti i territori, le politiche di inclusione e di superamento dei campi, dando priorità a quelle situazioni di marginalità estrema, di insicurezza per le persone e di tutela per i minori presenti. Le priorità di intervento vengono individuate attraverso un processo di condivisione con tutti i territori. Questa cabina di regia, che tra poco verrà istituzionalizzata con apposita delibera, sarà composta dai Comuni sul cui territorio ci sono insediamenti rom, dalle associazioni che operano a livello regionale e territoriale. L’elenco dei comuni e il monitoraggio delle popolazioni rom viene fatto dalla Fondazione Michelucci con la quale la regione Toscana opera in sinergia grazie ad un protocollo d’intesa. Il requisito per poter partecipare ai lavori è che non vengano effettuati sgomberi, ma che vengano attivati percorsi di inclusione sociale a vari livelli: l’inserimento in alloggi o pubblici o privati, la costruzione di insediamenti stabili e dotati di servizi essenziali e, per i non italiani, il rientro volontario ed assistito nel paese d’origine.». In quali città o zone si registrano le situazioni più critiche in Toscana? In questi casi è prevista un intervento a più livelli che prevede anche un coinvolgimento della regione? «Le grosse concentrazioni di rom sono nei comuni di Pisa e di Firenze, ma in generale abbiamo una quindicina di zone interessate dal fenomeno. E’ importante sottolineare i numeri: su poco meno di 4 milioni di abitanti, i rom censiti in toscana sono circa 2700 e di questi poco più della metà vivono in condizioni di disagio estremo, di marginalità sociale spesso in campi non riconosciuti. Non esiste un problema rom in toscana. Esistono però condizioni inaccettabili ed insicure di vita, di un ristretto gruppo di persone che l’azione politica e amministrativa ha il dovere di aiutare! Il nostro obiettivo è quello di avviare percorsi di inclusione che vanno nella triplice direzione suesposta e che possiamo arrivare a superare definitivamente la condizione non dignitosa di vita di questi esseri umani. Questo mandato è stato dato anche da una mozione del Consiglio Regionale della Toscana (n.171 del 2011) votata all’unanimità (il gruppo delle Lega Nord uscì dall’aula al momento del voto)». Per anni abbiamo assistito alla creazione e allo smantellamento dei campi. In alcune città si continuano ad attuare gli sgomberi, azione criticata a livello europeo da associazioni governative e non. Qual è la posizione e quali sono le azioni che la regione pensa di intraprendere a questo proposito? «La politica degli sgomberi è una politica , che oltre a ledere la dignità umana, non porta a nessun risultato concreto: l’abbiamo visto in Italia (in particolare a Roma e Milano) o nella Francia del precedente governo. L’Europa stessa si è dichiarata totalmente contraria a questo tipo di interventi». Nell’immaginario collettivo c’è una percezione dei rom e sinti negativa, legata anche a stereotipi duri a morire. Si può pensare che le quattro azioni, viste come prioritarie a livello nazionale, possano essere attuate se prima non vengono abbattuti o almeno ridimensionati i pregiudizi legati ai rom e sinti? «In tutti i territori d’Europa hanno ricevuto e continuano a ricevere pesanti discriminazioni che sono dovute principalmente ad ignoranza, alla paura del diverso, ma anche purtroppo, come talvolta è accaduto anche nel nostro paese, alla politica dell’emergenza. E’ assolutamente prioritario ribaltare questa cultura ed avviare percorsi di sensibilizzazione e di conoscenza. Ma per riuscirci dobbiamo agire su un doppio binario: da un lato dell’inclusione sociale, dall’altro della sensibilizzazione. E’ la sinergia delle due azioni che può portare a risultati soddisfacenti e concreti». Fonte: Corriere Immigrazione.it