Per l’istituto sono oltre 5 milioni gli stranieri in Italia più altri 500mila irregolari. Il 32% ha lavorato in nero, sono in cerca di stabilità, trovano lavoro grazie al passaparola, 3 su 10 guadagnano meno di 800 euro al mese. L’integrazione inizia con la conoscenza della lingua. Vivono in Italia in media da 7 anni, hanno titoli di studio paragonabili a quelli della popolazione italiana (il 40,6% è diplomato o laureato, rispetto al 44,9% degli italiani),

nel 32% dei casi hanno sperimentato in passato forme di lavoro irregolare, e oggi il 29% fa l’operaio, il 21% è colf o badante, il 16% lavora in alberghi e ristoranti, con una retribuzione netta mensile che nel 31% dei casi non raggiunge gli 800 euro. È questo il ritratto degli immigrati che lavorano in Italia che emerge dall’indagine svolta su un campione di circa 16 mila stranieri da Ismu, Censis e Iprs per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Secondo i ricercatori, gli immigrati presenti in Italia sono poco meno di 5 milioni, aumentati negli ultimi quattro anni di quasi 1,6 milioni (+47,2%), con un forte incremento sia dei residenti (+56,5%), sia dei regolari che non risultano ancora iscritti in anagrafe (+48,7%). Gli irregolari sono invece stimati in 560 mila, pari all’11,3% degli stranieri presenti sul nostro territorio. Il 77% degli immigrati maggiorenni svolge un’attività lavorativa regolare. Più di due terzi sono impiegati nel settore terziario, nell’ambito dei servizi (40,7%) e del commercio (22,5%). I mestieri più ricorrenti sono: addetto alla ristorazione e alle attività alberghiere (16%), assistente domiciliare (10%, ma 19% tra le donne), operaio generico nei servizi (9%), nell’industria (8,3%, ma 11,5% tra gli uomini) e nell’edilizia (8%, ma 15,3% tra gli uomini). Meno diffuse le figure “qualificate”. Dal punto di vista della condizione lavorativa, prevalgono gli occupati a tempo indeterminato (sono il 49,2% del totale), il 24,8% ha un impiego a tempo determinato, il 9,7% svolge un lavoro autonomo o ha un’attività imprenditoriale. La metà degli immigrati che lavorano in Italia dichiara di percepire una retribuzione netta mensile compresa tra 800 e 1.200 euro, il 28% ha un salario inferiore, compreso tra 500 e 800 euro, il 3% guadagna meno di 500 euro. Solo il 13,3% ha una retribuzione netta mensile che va da 1.200 a 1.500 euro, e appena l’1,2% guadagna più di 2.000 euro. Le carriere lavorative degli immigrati sono piuttosto semplici, composte da una sola esperienza di lavoro (nel 33% dei casi) o al massimo due (40,4%), il 19,2% dichiara di aver cambiato tre impieghi e soltanto il 7,4% quattro o più occupazioni. Generalmente le loro esperienze di lavoro si concludono a seguito del presentarsi di un’offerta più vantaggiosa (39,9%), per il mancato rinnovo di un contratto a tempo determinato (17%), a causa di un licenziamento (16%) o a seguito della chiusura dell’azienda presso la quale sono impiegati (4,6%). L’indagine evidenzia una prevalenza dei canali informali di accesso al mercato del lavoro, tra i quali al primo posto si trova il passaparola, attraverso il quale il 73,3% dei lavoratori stranieri dichiara di aver trovato l’impiego attuale (e la percentuale sale tra quanti svolgono lavori poco qualificati o di cura e assistenza alle persone). Seguono gli intermediari privati e le agenzie di lavoro interinale (9%), le parrocchie (6,1%) e i sindacati (2,9%). Sono poco efficaci le inserzioni sui giornali o su Internet, attraverso le quali ha trovato lavoro solo il 2,9% degli immigrati, ma anche i Centri per l’impiego (1,9%). Questi rappresentano però un presidio territoriale dove il 30% degli immigrati si reca per cercare informazioni, compiere adempimenti burocratici, usufruire dei servizi offerti. (Red.- fonte: censis - ismu)