di Padre Lorenzo Prencipe (CSER) Il 23 settembre 2020 la Commissione europea ha pubblicato le linee portanti di quello che è stato definito “un nuovo inizio in materia di migrazione in Europa”1. Peccato che questo “nuovo inizio”,

contrariamente a quanto proclamato, sia in realtà più l’abiura dei valori che hanno guidato, tra alti e bassi, settant’anni di processo d’integrazione europea che una reale ricerca di equilibrio tra responsabilità e solidarietà. In realtà, a leggere il testo della Commissione quello che emerge chiaramente è che l’Unione europea intende chiudere sempre più le sue frontiere, limitare al massimo gli ingressi dei migranti e richiedenti asilo e incentivare con tutti i mezzi i rimpatri. Chiediamoci, allora, perché nasce l’Europa? Con la fine della Seconda Guerra mondiale il territorio europeo vede la creazione di nuove frontiere nazionali, nuove realtà politiche e, anche, nuovi movimenti di popolazioni. Allo stesso tempo, i Paesi -¬‐ vincitori e vinti -¬‐ si trovano gradualmente concordi nel perseguire il cammino dell’integrazione europea con l’obiettivo di garantire la pace tra i popoli ed evitare futuri conflitti, quasi sicuramente nucleari e, quindi, mondialmente e irrimediabilmente distruttivi. L’Europa, nonostante le sue differenze e anzi grazie alle sue diversità, si costruisce come una civiltà aperta, perfettibile e in continua e rinnovata ricerca di unità. A coloro che sostengono l’intrinseca debolezza e fragilità dell’Europa, a causa del fatto che questa stessa Europa non ha avuto, non ha oggi e, a maggior ragione, non avrà domani un’unica filosofia, un’unica fede, un’unica morale, un’unica concezione dello Stato e dell’integrazione europea, il cattolico-¬‐liberale Dario Antiseri ricorda quanto affermato da Karl Popper: Io [l’idea del “pensiero unico” europeo] la reputo fondamentalmente errata. Dovremmo essere orgogliosi di non possedere un’unica idea, bensì molte idee, buone e cattive, di non avere una sola fede, un’unica religione, quanto piuttosto parecchie fedi, buone e cattive. È un segno della superiore energia dell’Occidente il fatto che ce lo possiamo permettere. L’unità dell’Occidente su un’unica idea, su un’unica fede, su un’unica religione, sarebbe la fine dell’Occidente, la nostra capitolazione, il nostro assoggettamento incondizionato all’idea totalitaria2. L’Europa è la sua storia, fatta di incontri, scontri, contaminazioni, meticciati tra uomini, idee, religioni, visioni politiche diverse. Quanti considerano l’Europa come un fatto statico, fissato in un certo periodo temporale, non s’interessano della sua storia, né del suo passato né del suo futuro che è anche il suo destino, il suo cammino verso una cittadinanza europea sempre più aperta e condivisa. In fondo, il processo d’integrazione europea non è solo la storia delle sue istituzioni e di valori condivisi, ma è soprattutto storia di cittadini che fanno dialogare la propria identità con le sfide che le vengono dall’incontro con l’altro. E, ricorda Antiseri, «ragione critica, pluralismo, rispetto delle diversità, e tolleranza sono elementi che, in una storia travagliata, hanno contribuito a delineare i tratti dell’identità europea»3. In tale prospettiva, ritenere che l’identità è in fieri non significa eliminarla, ma considerarla non chiusa, plurale, viva, frutto di contaminazioni, capace di guardare avanti e non solo di celebrare le radici. Per questo Antiseri può, giustamente, affermare: La nostra Europa è già plurietnica e multiculturale e sempre più lo sarà nei prossimi decenni. Ma perché simile realtà possa dare i frutti di un fecondo dialogo e magari di “felici contaminazioni”, è più che mai urgente non perdere la consapevolezza della nostra identità, la consapevolezza delle scelte che hanno creato l’Occidente. […] Il rispetto nei confronti degli altri, il dovuto rispetto nei confronti delle tradizioni “altre” non implica la cancellazione della nostra tradizione. Rispettare gli altri non equivale ad annientare noi stessi4. L’identità europea è, perciò, inclusiva e non esclusiva. Integra le diverse identità -¬‐ nazionali, regionali, locali -¬‐ e non le abroga. L’Europa odierna si allontana sempre più dai suoi valori fondativi E il tentativo del “nuovo patto su immigrazione ed asilo” di voler coniugare e salvaguardare sia la sicurezza delle persone che cercano protezione internazionale o una vita migliore, sia le preoccupazioni dei paesi alle frontiere esterne dell’UE, che temono che le pressioni migratorie superino le loro capacità e che auspicano la solidarietà degli altri, sia le preoccupazioni di altri Stati membri dell’UE, che temono che, in caso di mancato rispetto delle procedure alle frontiere esterne, i rispettivi sistemi nazionali di asilo, integrazione o rimpatrio non saranno in grado di far fronte alla situazione in caso di grandi flussi, naufraga rapidamente in balia della paura di invasioni massive di migranti e falsi rifugiati (140 mila in tutto gli arrivi irregolari nella UE nel 2019). In realtà, considerando che dall’inizio del 2020, secondo Eurostat, sono circa 247mila le richieste d’asilo presentate nell’UE e sono state 676mila nel 2019, l’Europa è una delle aree geografiche del mondo meno investite dai flussi di persone in fuga dalle loro case (80 milioni nel 2019 secondo UNHCR. La filosofia di fondo è immutata anche con il “nuovo approccio” chi non ha diritto a venire in Europa sarà rimandato indietro, senza eccezioni, per chi fugge da guerre, persecuzioni o dall’impatto del cambiamento climatico, causa di miseria e carestie in gran parte dell’Africa e dell’Asia. E per far questo viene instaurata, come pseudo forma di solidarietà europea, “la sponsorship sui rimpatri”, vale a dire che i Paesi UE che non vogliono i migranti sul proprio territorio (attuando quel processo di ricollocamento globale obbligatorio, premessa per il superamento degli accordi di Dublino) saranno obbligati(sic!), in alternativa, ad aiutare i paesi frontalieri nel rimpatrio, pagando o facendosi carico della procedura. È chiaro, perciò, che il famigerato Regolamento di Dublino, contrariamente a quanto annunciato, non viene superato perché rimane valido il principio del Paese di primo ingresso, dove i migranti saranno sottoposti, in un massimo di 5 giorni, a identificazione, controlli sanitari e di sicurezza, rilevamento delle impronte digitali e registrazione nella banca dati Eurodac. Inoltre, nell’ambito di questa procedura di frontiera, il patto sostiene che saranno prese “rapide decisioni di asilo o rimpatrio” (in un tempo massimo di 12 settimane); rapidità questa che andrà certamente a detrimento delle persone più fragili, la cui vulnerabilità durante la procedura di asilo, per emergere, richiede spesso tempi e modi non sempre immediati. Allo stesso tempo, l’UE promuoverà partenariati (in genere si tratta di più fondi per assicurarsi che le persone non partano e accordi di rimpatrio) con i paesi terzi di provenienza dei migranti per moltiplicare gli accordi di riammissione e per autorizzare le quote di ingresso in Europa solo di migranti qualificati “utili”, senza tener in grande conto l’aumento delle violazioni dei diritti umani i numerosi paesi d’origine e di transito dei migranti. Nessuna traccia nel patto di “canali umanitari” di ingresso in Europa né di operazioni europee di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo, come reclamato a gran voce dalle ONG che si occupano di soccorso in mare, sfidando silenzi, ostacoli e divieti. Quali politiche “veramente nuove” per migranti e rifugiati? Poiché “nessuno Stato è in grado di affrontare da solo le sfide e le opportunità dell’immigrazione globale”, anche se l’Italia si è sfilata dalla sua ratifica la società civile non dovrebbe abbandonare le iniziative e gli orientamenti definiti dal “Global compact per le migrazioni disciplinate, sicure e regolari” 5 (firmato a Marrakech-¬‐Marocco, tra il 10 e l’11 dicembre 2018, da 164 paesi)6 a tutela dei migranti in un quadro di cooperazione internazionale, resistendo agli atti di sabotaggio dei sovranismi e nazionalismi odierni. Per tutelare tutti i soggetti delle migrazioni si tratta allora di: -¬‐ assicurare tanto la libertà di restare nel proprio paese (riducendo al minimo i fattori di espulsione) -¬‐ come quella di partire (indicare vie legali, salvaguardia della vita umana in pericolo, contrasto ai trafficanti, procedure trasparenti ed efficaci per accoglienza e installazione di migranti e rifugiati, accesso ai servizi di base), -¬‐ di restare nel paese di destinazione (procedure di assunzione e condizioni di lavoro dignitoso, riconoscimento di abilità, qualifiche e competenze, misure antidiscriminatorie di inclusione e coesione sociale per migranti e autoctoni) -¬‐ e di far ritorno nel paese di origine (sicurezza per trasferimento di rimesse, progetti di co-¬‐ sviluppo e cooperazione verso i paesi di origine, agevolare ritorni e reinserimento nella società, portabilità delle prestazioni previdenziali). A livello di UE è necessario intraprendere azioni perché diventi possibile una cessione di sovranità nazionale in materia di immigrazione e asilo per creare una vera politica comune di gestione delle questioni che superano i confini nazionali a cominciare dal superamento del regolamento di Dublino verso una reale condivisione di benefici ed oneri, garantendo misure standard dei sistemi di accoglienza e delle procedure di asilo oltre al pieno diritto a ricorsi efficaci per i richiedenti protezione internazionale a tutti i livelli. Tali politiche esigono un radicale cambiamento di approccio ai migranti e ai rifugiati, considerati e rispettati nella loro dignità umana prima di ogni altra valenza socioeconomica, senza mai dimenticare l’illuminante osservazione di Giovanni Battista Scalabrini che già alla fine del XIX secolo affermava: l’emigrazione «è una parte della complessa questione sociale»7 e non se ne può trovare una via di uscita, se non nella soluzione di questa. Pertanto, «le leggi [da sole] non bastano a sanare le piaghe che affliggono la nostra emigrazione, perché alcune di esse sono alla natura dell’emigrazione inerenti, altre derivanti da cause remote, che sfuggono all’azione della legge»8. In particolare, «le misure di polizia non arrestano, bensì deviano dai nostri ad altri porti le masse migratorie, rendendo così più doloroso e dispendioso l’esodo dei nostri connazionali»9.

NOTE:

1 Cfr. https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/new-¬‐pact-¬‐on-¬‐migration-¬‐and-¬‐asylum-¬‐package.pdf

2 Cfr. D. ANTISERI, Europa, la forza di una storia antica, Avvenire 09.08.2008; ID., Tratti cristiani dell’identità europea. Sacralità della persona e desacralizzazione del potere politico, Intervento per il IX corso dei simposi rosminiani, Stresa 1.10.2009, in: www.italianitalianinelmondo.com/2010/notizie.php?id=210&s=1; ID., Mercato, sussidiarietà, Europa nella tradizione del cattolicesimo liberale, prolusione d’inaugurazione, anno 2002-¬‐03 della Scuola Superiore di Amministrazione dell’Interno, in: www.interno.it/ mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/formazione_professionale/app_notizia_18085.html.

3 D. ANTISERI, Relativismo, nichilismo, individualismo. Soveria Mannelli, Rubbettino 2005, p. 6.

4 IBIDEM, pp. 13-¬‐14.

5 Cf. https://refugeesmigrants.un.org/sites/default/files/180711_final_draft_0.pdf

6 Oltre agli USA, ai paesi del cosiddetto “gruppo di Visegrád (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia), con Austria, Bulgaria e Svizzera, anche l’Italia non ha firmato il Global compact sulle migrazioni. Sempre il 17 dicembre 2018 l’Italia ha invece firmato il Global compact sui rifugiati (cf. www.unhcr.org/gcr/GCR_English.pdf) che si prefigge di: alleggerire la pressione sui paesi che accolgono i rifugiati; favorire la fiducia in sé stessi e l’autonomia da parte dei rifugiati; allargare l’accesso al cosiddetto “resettlement” e ad altre soluzioni; supportare le condizioni che favoriscano un ritorno sicuro e dignitoso nei paesi d’origine.

7 G.B. SCALABRINI. Dell’assistenza alla emigrazione nazionale e degli istituti che vi provvedono. Piacenza: Tip. Marchetti e Porta, 1891.

8 G.B. SCALABRINI. L’Italia all’estero. Conferenza tenuta nel recinto dell’Esposizione di Arte Sacra in Torino, 1898. Torino: Tipografia Roux Frassati, 1899.

9 G.B. SCALABRINI. Il disegno di legge sulla emigrazione italiana. Osservazioni e Proposte. Piacenza: Tipografia Amico del Popolo, 1888. Lorenzo Prencipe c.s. Presidente Centro Studi Emigrazione CSER – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.