ROMA - Il 20 giugno, si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, appuntamento annuale sancito dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione di oltre 70 milioni di rifugiati,

richiedenti asilo e sfollati nel mondo che, costretti a fuggire da guerre e persecuzioni, lasciano i propri affetti, la propria casa e tutto ciò che un tempo era la loro vita per cercare salvezza altrove. Quest’anno, ricorda l’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, la Giornata Mondiale del Rifugiato cade in un momento critico per l’umanità, segnato dalla pandemia da COVID-19 e dal protrarsi dei conflitti in tutto il mondo che aggravano l’attuale crisi umanitaria. A fare il punto della situazione dei rifugiati e richiedenti asilo nel mondo è Amnesty International nel Rapporto 2019-2020.

IL RAPPORTO. LA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO

In Africa si segnalano in Rwanda 150.000 rifugiati e richiedenti asilo, principalmente dal Burundi e dalla Drc e oltre 160.000 rifugiati e richiedenti asilo burundesi in Tanzania. Circa 190.000 persone in Sudafrica non hanno potuto aver accesso al diritto d’asilo, una percentuale pari al 96% delle domande presentate. In America almeno 70.000 nicaraguensi, in fuga per la crisi dei diritti umani nel loro Paese iniziata nel 2018, si erano riversati nel vicino Costa Rica. L’emergenza umanitaria senza precedenti del Venezuela ha costretto quasi 4,8 milioni di donne, uomini e bambini a fuggire. Alcuni governi della regione hanno creato meccanismi ad hoc per regolarizzare lo status d’immigrazione dei venezuelani, mentre altri, come il Perù, hanno imposto nuovi requisiti d’ingresso che hanno di fatto chiuso la porta ai venezuelani in cerca di protezione internazionale. Secondo l’Unhcr, a fine anno nel mondo c’erano circa 387.000 rifugiati e richiedenti asilo provenienti da El Salvador, Honduras e Guatemala. Oltre a questi, migliaia di persone sono state sfollate internamente o rimpatriate con la forza nei loro paesi, principalmente dalle autorità di Messico e Usa. In Europa, nonostante la condanna da parte delle organizzazioni per i diritti umani, l’accordo firmato con la Turchia del 2016 ha continuato a determinare le politiche in materia di migrazione adottate nel Mediterraneo orientale. Le segnalazioni di gravi violazioni dei diritti umani contro i richiedenti asilo e rifugiati in Turchia non hanno impedito il continuo ricorso a questo Paese come partner in materia di migrazione. Prima dell’incursione della Turchia nella Siria nordorientale a ottobre, Amnesty International ha condotto decine di interviste che indicavano che, tra maggio e settembre, centinaia di siriani erano stati probabilmente espulsi con la forza dalla Turchia, in azioni camuffate come “rimpatri volontari”. Nel frattempo, in Grecia, nei primi sei mesi del 2019 gli arrivi via mare hanno raggiunto numeri mai visti dal 2016. Ciò ha prodotto un sovraffollamento senza precedenti nei campi situati sulle isole egee. Più di 38.000 persone sono state ospitate in strutture dotate di una capacità di poco più di 6.000. In Medio Oriente Libano, Giordania e Turchia hanno continuato a ospitare la maggioranza dei cinque milioni di rifugiati della Siria, ma allo stesso tempo, hanno chiuso le frontiere a nuovi rifugiati. In questi Paesi, le spaventose condizioni umanitarie, aggravate dalla carenza di aiuti umanitari, dall’impossibilità per i rifugiati di trovare un’occupazione e dagli ostacoli burocratici per ottenere il rilascio dei permessi di soggiorno, hanno spinto decine di migliaia di rifugiati a fare ritorno in Siria. Il rapporto di Amnesty International Italia è pubblicato da Infinito edizioni (€ 14,90 – pag. 224). (aise)