Claudio Micheloni Cortaillod, Svizzera 26 Ottobre 2018

LETTERA APERTA A MIMMO LUCANO, SINDACO DI RIACE

Caro Sindaco, mi permetto di scriverle questa lettera aperta in quanto ex-Presidente delle Colonie Libere Italiane in Svizzera ed ex-Senatore

della Repubblica Italiana, eletto dal 2006 al 2018 nel collegio estero in rappresentanza degli italiani emigrati in Europa. In Senato ho presieduto il Comitato per le questioni degli italiani all’estero, e in quella funzione, nel 2016, organizzai la commemorazione della tragedia di Marcinelle. Nel denso programma di quelle giornate in Senato abbiamo proiettato il film Un paese di Calabria. Voglio ricordare la riflessione di fondo che guidò quella commemorazione: “Se veramente vogliamo ricordare e onorare i nostri caduti nella tragedia di Marcinelle e in molte altre, dobbiamo guardare dentro di noi e giudicare se ci comportiamo correttamente nei confronti dei migranti che oggi approdano in Italia, in Europa; se queste commemorazioni non servono a guidare i nostri comportamenti di oggi, allora non rispettiamo i nostri caduti”. L’unico contatto tra me e Lei fu una telefonata per invitarla alla proiezione del film in Senato, e ora più che mai mi dispiace che i suoi impegni le impedirono di partecipare. Caro Sindaco, oggi mi permetto di disturbarla per esprimere a Lei, alla sua famiglia e a tutta la cittadinanza di Riace la mia piena solidarietà. Vorrei fare di più che scrivere: se vede qualcosa di utile che io possa fare, non esiti a segnalarmelo. Ma ho scelto la lettera aperta perché vorrei rendere partecipi i miei ex-elettori di alcune riflessioni che la sua vicenda mi porta a fare. So bene che anche tra alcuni italiani all’estero serpeggiano sentimenti poco rispettosi della nostra storia; le assicuro che questo mi fa più male delle tristi e volgari dichiarazioni di governanti, spero pro tempore, di molti paesi cosiddetti “sviluppati”. La sua vicenda, caro Sindaco (vorrei chiamarla per nome, ma è giusto non avallare decisioni prese da ciechi esecutori dei regolamenti), mi fa tornare in mente la storia di un cittadino svizzero, capo della polizia del Cantone di San Gallo, che nel 1938 salvò centinaia di ebrei - si stima 3000 uomini, donne e bambini – manipolando e falsificando documenti. Fu condannato, cacciato dalla polizia e visse fino al 1972 in povertà. Nel 1971 venne riconosciuto da Israele Giusto tra le nazioni. Per ben cinque volte il Tribunale di San Gallo bocciò la sua riabilitazione, che infine giunse nel 1995. Nel 1998 il Governo del Cantone offrì agli eredi l’ammontare degli stipendi da Capo della Polizia, ma la famiglia rifiutò di usufruire di quella somma e vi finanziarono la Fondazione Paul Grüninger. Vorrei che tutte le persone benpensanti, che si chiedono se Lei ha rispettato le leggi, leggessero questa dichiarazione di Grüninger del 1954: “Non mi vergogno del verdetto della Corte. Al contrario sono orgoglioso di aver salvato la vita di centinaia di persone oppresse. L’aiuto agli ebrei era radicato nella mia concezione di cristiano (…) La ragione di salvare vite umane minacciate dalla morte è stata da me ritenuta fondamentale. Come avrei potuto, quindi, prendere in seria considerazione calcoli e schemi burocratici? Certo, ho consapevolmente superato i limiti della mia autorità, e spesso con le mie stesse mani falsificato documenti e certificati, ma l’ho fatto al solo scopo di permettere ai perseguitati di accedere al Paese. Il mio personale benessere, commisurato al crudele destino di quelle migliaia di perseguitati, era così insignificante e così poco importante che non l’ho mai preso in considerazione”. Sì, le leggi vanno rispettate, ma anche interpretate giustamente, come lei sicuramente ha fatto. Oggi si dedicano strade e piazze a Grüninger, e di chi lo ha destituito non v’è memoria. Caro Sindaco, pazienza credo lei ne abbia tanta, ma soprattutto di costanza non manca. Prima di salutarla voglio ricordare a tutti noi un aforisma del Mahatma Gandhi, in cui trovo la forza per sopportare e resistere: “Ricordate che in tutti i tempi ci sono stati tiranni e assassini che per un certo periodo sono sembrati invincibili, ma alla fine, cadono sempre, sempre”. Caro Sindaco, per me lei è un esempio e, insieme a tanti giovani delle scuole di Roma incontrati in questi anni grazie alla Cooperativa Sofia che fa un lavoro straordinario sull’integrazione, mi dà speranza e certezza che l’Italia supererà anche questi tempi difficili. Con grande rispetto Le invio i miei più cordiali saluti (Claudio Micheloni)