La Giornata mondiale del Rifugiato, che ricorre oggi per volontà dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nelle condizioni interne e internazionali in cui si svolge non è un evento formale o convenzionale.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), ha calcolato che i profughi nel mondo nel 2017 sono stati 68,5 milioni e tra essi i soli rifugiati che hanno bisogno di reinsediamento, in quanto impossibilitati ad essere ospitati nei paesi di arrivo o ad essere volontariamente rimpatriati, ammontano a circa 1 milione e 200.000, con un aumento del 72% rispetto all’anno precedente. Ad iniziare dalle Nazioni Unite, nel mondo sono centinaia i Paesi che cercano di misurarsi con questi ineliminabili processi epocali, con realismo, concretezza e lungimiranza, cercando di contrastare la tratta di essere umani e, nello stesso tempo, di affrontare secondo possibilità, le complesse questioni del lavoro, dell’abitazione, dell’inserimento scolastico dei figli dei rifugiati, dell’integrazione e dell’intercultura, a beneficio di chi arriva e di chi già vive nei paesi di accoglimento. Compiti difficilissimi, rispetto ai quali bisognerebbe fare di più. Per le dimensioni del problema e per la complessità dei compiti, l’UNHCR ha lanciato una campagna - #WithRefugees - che durerà fino al 19 settembre, alla quale aderiamo e invitiamo ad aderire. Le difficoltà – è inutile negarlo – si sono negli ultimi anni moltiplicate, anche pesantemente, per le resistenze e la controffensiva sovraniste e xenofobe che si vanno manifestando anche in Paesi, come gli USA, che hanno costruito il loro destino di società moderna e di potenza mondiale soprattutto per la capacità di integrare milioni di migranti. L’Italia, negli ultimi tempi, sta sul fronte di chi intende mettere in secondo piano la regola primaria della salvezza delle vite umane in mare, di chi chiude i porti, respinge le navi e addita le ONG, che hanno salvato centinaia di migliaia di vite umane, come compagni di merende dei trafficanti. L’Italia si sta facendo i suoi nuovi alleati, nei Paesi di Visegrad, i più conservatori d’Europa, e riceve le lodi di chi chiude i bambini nelle gabbie dopo averli separati dai genitori. Noi che sappiamo quali traumi e quanto dolore hanno provocato le leggi di alcuni paesi che costringevano a lasciare in Italia i propri figli o a nasconderli da clandestini all’estero, esprimiamo tutto il nostro sdegno e il nostro dolore per chi vuole costruire un mondo così, di fortilizi, di chiusure e di esclusioni. La giornata del rifugiato, dunque, non è una ricorrenza qualsiasi, ma una linea di demarcazione morale e culturale, prima che politica. Per noi è anche un impegno politico e istituzionale nel sostenere una linea di accoglienza e di governo dell’immigrazione che tenga sempre insieme l’umanità e la solidarietà umana con la sicurezza, le compatibilità e le relazioni multilaterali. I parlamentari PD Estero: Garavini, Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò, Ungaro