L’AZIONE UMANITARIA REALIZZATA DAL GOVERNO ITALIANO CON IL RECUPERO DEL PESCHERECCIO AFFONDATO È UN MESSAGGIO DI RESPONSABILITÀ PER L’INTERA EUROPA
Non può passare sotto silenzio o, peggio, diventare motivo di sconcertante polemica politica la grande operazione umanitaria che il Governo italiano ha deciso di compiere, recuperando il peschereccio affondato il 18 aprile a ridosso delle coste della Libia con circa 700 persone a bordo, in un momento di così difficile confronto sul tema dei migranti in ambito europeo. La morte simultanea di tante persone, tra le quali un gran numero di donne e bambini, è solo l’espressione più drammatica di una quotidiana tragedia, quella dei tanti che continuano a morire nello stretto di Sicilia e lungo le altre rotte fuggendo da guerre, persecuzioni e da una miseria senza speranza. L’Italia, per ridare un’identità agli scomparsi e consentire alle famiglie di procedere a una dignitosa sepoltura ha messo in campo un grande apparato di forze e di competenze, che ha coinvolto la marina militare, alcune imprese specializzate, i vigili del fuoco, la Croce rossa italiana, istituti e specialisti di diverse università italiane. In più, si è dovuta realizzare una forte sinergia tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i ministeri della Difesa, dell'Interno, della Salute, dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, il Commissario Straordinario per le persone scomparse, la Prefettura di Siracusa, la Procura della Repubblica di Catania e alcuni enti locali. Un esempio non scontato di presenza e di efficienza dello Stato. Quello che più importa, al di là di marginali e strumentali polemiche, è che l’Italia abbia dato un messaggio di umanità e di solidarietà in una fase in cui la vita umana sembra esposta ad ogni violenza e ad ogni rischio e abbia rimesso in cima alla scala dei valori sociali e delle stesse relazioni internazionali la priorità della persona, i diritti umani, la pietà verso i deboli e verso gli ultimi. Valori di incommensurabile importanza in un momento in cui i tratti significativi di una fase storica rischiano di diventare la violenza, l’esclusione e il rigetto degli altri, considerati come una minaccia per i propri interessi nazionali. Non basta inseguire e cercare di contrastare gli atti di chiusura dei singoli governi e gli atteggiamenti dell’opinione pubblica senza rimettere ordine e ridare priorità ai valori fondativi della convivenza civile e della democrazia. L’Italia, senza proclami, lo ha fatto con un semplice atto di umanità e di civiltà e crediamo che ciò le andrebbe riconosciuto senza divisioni, anzi con spirito di unità e dignità nazionale. Naturalmente, siamo ancora sul piano dei valori e delle premesse etiche per un lavoro di ricostruzione di relazioni e di coesione comunitaria che riguarda, in particolare, i popoli e i governi europei. Questo processo di ricostruzione potrà procedere se si ritroverà la strada di una comune responsabilità nell’accoglienza dei migranti. La definizione di quote adeguate rispetto alle dimensioni reali dei flussi, l’adozione di corridoi umanitari che scongiurino le tragedie che continuano a svolgersi con drammatica sequenza e l’apertura di un vero confronto sul Migration compact, di cui il nostro Paese si è fatto promotore, costituiscono passaggi concreti e possibili. Anche su questo piano l’Italia è presente nella nuova fase che si è aperta dopo la Brexit e forse sarebbe il caso di rifuggire da polemiche di basso profilo e comprendere che una prospettiva comune ci potrà essere solo alzando lo sguardo verso una nuova Europa e un nuovo sistema di relazioni euromediterranee. I deputati del PD Estero: Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Porta, Tacconi