(SA) - La sorprendente decisione del dirigente sclastico dell’Istituto Garofani di Rozzano, Marco Parma, lascia sorpresi per la grettezza che l’ha ispirata. La prima cosa che il dirigente ha innescato, è l’inevitabile polemica politica che la decisione ha suscitato, una polemica bipartisan, anche se dettata da motivi differente. Strettamente elettoralistici e di sapore razzista, quelli che arrivano da destra, indignati quelli che arrivano dal centrosinistra. Noi, che possiamo attingere ad una esperienza quarantennale in mezzo ai migranti, abbiamo una diversa interpretazione sull’intera vicenda. Riteniamo che essa scaturisca da una errata interpretazione del termine integrazione, termine evidentemente poco conosciuto al dirigente scolastico. Le lunghe lotte fatte in passato dal movimento associativo, hanno generato una serie di accordi bilaterali a tutela dei nostri emigrati, dove un posto preminente, è occupata dalla reciprocità. Abbiamo chiesto diritti, parità di trattamento, diritto di voto ed altri diritti ancora, ma lo abbiamo fatto nel pieno rispetto delle leggi e delle tradizione dei paesi ospitanti. Abbiamo spinto e lottato per un processo di integrazione nel pieno senso del termine. Un processo di integrazione poggia intanto su un reciproco arricchimento innanzi tutto dal punto di vista culturale, ma si allarga, si nutre e si potenzia solo in presenza di una mescolanza culturale, una reciproca contaminazione di usi, costumi, tradizioni, che debbono portare ad un reciproco arricchimento. Integrazione significa cedere e prendere nel rispetto delle peculiarità e delle singole identità; significa affiancare e non sostituire ed intanto, integrazione significa reciproco rispetto senza alcuna prevaricazione. Integrazione significa abbattimento di steccati ideali, religiosi, etnici, valori che ognuno giustamente conserva, a condizione di rispettare quelli del proprio vicino, abolendo pretese di sovrapposizione, di sostituzione e di pericolosi radicalismi. D’altro canto, l’Italia patria di emigrati ma anche di immigrati, questo lo aveva capito, tanto da legiferare in materia, prima nel 1942 con il regio decreto n. 262 che recitava testualmente: “lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali”. Il regio decreto, è stato ultimamente sostituito con il Decreto Legislativo 25 luglio 1998 n. 286 (T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, nonché del relativo regolamento di applicazione (D.P.R. 31 agosto 1999 n. 394). Credo proprio che quel dirigente debba rinfrescare le proprie conoscenze in materia di integrazione. Un ripensamento debbono fare anche quegli stranieri che pensano di dettare legge in Italia nel nome di determinate libertà. Se sono legittime le richieste che vengono avanzate da certi settori musulmani, non da tutti, esse trovano motivo di esistere non in sostituzione di quelle che gli italiani hanno, ma in aggiunta. Altra cosa è annullare le manifestazioni natalizie che le scuole hanno da sempre realizzato o pretendere di togliere il crocifisso dalle aule scolastiche perché i bambini musulmani possano averne un traumatizzati da quella presenza. E’ evidente che siamo lontani da una cultura moderna, che pur affondando le proprie radici non solo nella storia e nelle tradizioni che vanno rispettate e valorizzate, ma che tenga anche debito conto della moderna società e della sua composizione multietnica, multiculturale e quindi anche multireligiosa. Una società di questo tipo, deve obbligatoriamente basarsi sulla reciprocità, sulla tolleranza, sul rispetto reciproco. Se a Palermo a Milano a Roma ed in tante altre città esistono moschee aperte ai musulmani che possono accedervi quando e come vogliono, senza che nessuno proibisca niente a nessuno, per esempio, perché nei paesi a vocazione musulmana non debbano esistere chiese aperte a religioni diverse dalla musulmana senza che nessuno ostacoli una sacrosanta libertà di culto nel rispetto delle leggi?