(SA) - Ancora una volta, il mare implacabile si chiude su centinaia di persone colpevoli solo di volere sfuggire alla guerra, alla fame, alle torturo, alle persecuzioni di vario genere portate avanti nel nome di una religione che per altro non lo vuole. La morte, si sa, fa parte della vita. Quello che non fa parte della vita è la incapacità di impedire che episodi luttuosi gravi si ripetano continuamente lasciandosi dietro una lunghissima scia di morti. Giovani, bambini, donne, finiscono i loro giorni in quel braccio di mare , il canale di Sicilia, che diventato in unica soluzione autostrada di fuga per tanti disperati che cerano di sfuggire alle guerre, che vanno in cerca di un futuro possibile; tomba liquida che copre tutto, la disperazione, la fame, la voglia di vivere, il futuro per tanti bambini che rappresentano anche il futuro delle loro martoriate nazioni. Di frante a tali ripetute tragedie, senza sconfinare né nella demagogia né nella speculazione politica, cosa che lasciamo volentieri a settori della destra italiana, è bene porsi alcune domande. Dove sono finite le cosiddette primavere arabe? Che cosa hanno portato di nuovo e di migliori per quelle popolazione che le hanno portate avanti in mezzo a tanto segua ed a tanta distruzione? Ad oggi, ci pare che l’unica cosa che viene fuori è la raffigurazione drammatica di una destabilizzazione totale della vasta regione africana che si presenta con nazioni dove prevale il radicalismo islamico che miete morti, che distrugge secoli di storia, che stupra bambine perché di altra religione, che uccide occidentali e cattolici, che da vita a sceiccati islamici dove impera il radicalismo e dove l’arma preferita è il terrorismo assassino. Da tempo siamo abituati a sentire parlare di guerra santa, termine improprio per definire gli orrori del terrorismo e del radicalismo, ma dietro la così detta guerra santa, si celano interessi enormi che si chiamano petrolio, industria delle armi, traffico di esseri umani, barbarie di ogni tipo estranei alla santità di una guerra ma molto vicine fino ad identificarsi con la sede di potere, con la sete di danaro, con il vandalismo che ha paura della storia e della cultura, con la spiccata vocazione a delinquere, con la disinibizione degli istinti peggiori che possono albergare nell’uomo. Perfino la Tunisia, dove il processo democratico sta facendo il suo corso normale, è finita nel mirino dell’ISIS che intende allargare a quella nazione la destabilizzazione. Si può restare fermi davanti a tanto disordine? Si può fare finta di niente e non vedere quello che succede in Siria, in Iraq, in Kenya, in Libia, dove allo stato esistono due governi: uno riconosciuto dalle altre nazioni, ma che non riesce a controllare la situazione uno che si rifà alla repubblica islamica e che vuole arrivare ad affermare un nuovo califfato. Si può fare finta di non vedere il grande flusso di persone che attraverso la Libia, dove esistono attrezzate bande di scafisti, cercano di raggiungere l’Europa perdendo la loro vita in mare? L’Europa non può restare spettatrice di tanto scempio, l’Italia non può essere lasciata sola a gestire questo esodo disordinato, caotico, di intere comunità che abbandonano tutto alla ricerca di un poco di serenità, di una società dove siano rispettati i diritti umani e la democrazia. Occorre ricorrere ai ripari ed occorre farlo subito senza perdere tempo, facendo terra bruciata sia ai terroristi nelle nazioni coinvolte, sia a che pensa di potere utilizzare la sofferenza di intere popolazioni a fini politici ed elettoralistici. Mare Nostrum si era dimostrato all’altezza della situazione, cosa che non dimostra di avere triton. Considerata l’escalation che sta subendo l’esodo ed il terrorismo, bisogno cominciare con il cercare di stabilizzare la Libia utilizzando tutti i mezzi necessari, per popi sostenere quelle forze moderate che guardano all’Occidente senza odio, che hanno un minimo di ordine democratico, che rispettano i diritti umani, che guardano con interesse alla civiltà occidentale, non per combatterla, ma per convivere con essa in un regolare processo di integrazione, in un reciprocità di rispetto di usi, costumi, religione. La navi militari e triton debbono essere portati all’altezza di una situazione che peggiora sempre più e che vede morti davanti le coste libiche, per il cedimento di imbarcazioni fatiscenti messe in mare di gente senza scrupoli, che arriva anche a telefonare alla Guardia Costiera per dare l’allarme per le persone che loro stessi hanno messo in pericolo costringendole anche con la forza ad imbarcarsi in condizioni di estrema pericolosità. Su questo l’Europa deve riflettere, su questo deve riflettere la NATO e l’ONU, se vuole che si ponga fine a questo genocidio, a queste morti che gridano vendetta nei confronti di tutti quelli che fingono di non capire la gravità della situazione.