«Con questo governo per i giovani siciliani non c'è futuro». Francantonio Genovese, leader regionale del Partito democratico, non le manda a dire e si scaglia sia contro

 l'attuale presidente della Regione, Raffaele Lombardo, sia contro il suo predecessore, Totò Cuffaro. L'occasione è offerta dalla notizia che la Regione Sicilia, con i suoi oltre 21mila dipendenti (uno ogni 239 abitanti), ma soprattutto con due miliardi di euro di deficit e una spesa sanitaria che in un anno è lievitata del 13%, è a forte rischio bancarotta. «L’attenzione della stampa nazionale sulla situazione finanziaria della Regione Siciliana - afferma - seppur tardiva, ha il merito di riaccendere i riflettori sui disastri di sette anni di ‘cuffarismo’, ma anche sulla assoluta inadeguatezza del governo Lombardo di fronte all’indifferibile esigenza di invertire la rotta. L’erede di Cuffaro, nei suoi primi cinque mesi di gestione, ha scomodato la memoria di Garibaldi che, a suo dire, ‘ha portato miseria e sottosviluppo’, ha lanciato, solo a parole, l’attacco ai carrozzoni mangiasoldi, ma non ha ancora fatto nulla di concreto: l’annunciata riforma degli Ato, che hanno bruciato 600 milioni di euro in pochi anni, è stata rinviata sine die, il riordino delle società partecipate non è ancora approdato a determinazioni concrete, l’incredibile deficit sanitario accumulato sta per essere addossato alle fasce sociali ed ai territori più svantaggiati». «Oggi sentire parlare di ‘Bancarotta Sicilia’ o del dissesto finanziario del Comune di Catania, che per ragioni indicibili si ritarda a dichiarare – afferma Genovese - non è un effetto dell’antimeridionalismo dilagante a certe latitudini, ma la conseguenza di anni di cattiva politica. Ai danni di una gestione pervicacemente clientelare si aggiunge oggi la beffa della chiamata diretta presso gli uffici di gabinetto dei parenti di noti esponenti del centrodestra: una goccia di veleno nel mare delle circa quattromila assunzioni senza concorso che negli ultimi anni hanno ingrossato i ruoli già pletorici dell’amministrazione regionale». E proprio sul caso "parentopoli" è intervenuto anche il deputato regionale del Pd Filippo Panarello, il quale ha predisposto una mozione che «impegna il governo a precludere qualunque rapporto di lavoro per chiamata diretta nell’amministrazione regionale e nelle società partecipate dalla Regione per soggetti fino al terzo grado di parentela con membri del governo regionale, parlamentari regionali e nazionali» «La parentolopi siciliana che coinvolge esponenti di rilievo delle istituzioni regionali e nazionali - afferma Panarello - e perfino assessori in carica del governo regionale getta discredito e rischia di minare la credibilità della Regione e dello stesso istituto autonomistico, e accentua drammaticamente il distacco tra i cittadini e la politica. Non sono sufficienti parole di circostanza né contorte giustificazioni: per restituire dignità alla politica siciliana servono atti concreti che impediscano l’utilizzo a fini privati o politici delle risorse e delle funzioni pubbliche». (fonte tempo stretto S.C.)