Non è ancora finito l’eco dei ricorsi giudiziari e degli scontri a tutto campo che hanno dominato la campagna elettorale per le Regionali premiando la politica-spettacolo ma ingessando confronto e contenuti che già ricomincia una nuova bagarre sulle riforme Costituzionali. Sono ripartite le puntate autoreferenziali, le fughe in avanti, i bizantinismi Costituzionali.

Con tanto, tanto rumore. Avviene sempre quando si vuole distrarre l’opinione pubblica da altri problemi reali del Paese. Con una Tv di Stato che ha ripreso a castigare gli italiani, 24 ore su 24, con i volti, sempre gli stessi, di politici litigiosi, vuoti e inaffidabili. Come presi a noleggio. In questo scenario degradato di permanente trionfalismo della parola e della promessa, fa senso avvertire che ci sono milioni di italiani che vivono all’estero con l’Italia nel cuore, che si preoccupano dell’andazzo di come vanno le cose nel proprio Paese, della deriva democratica, del suo calo d’immagine nella trepidazione che, quando si comincia a ridurre la informazione, si riduce la democrazia di un Paese. Ci riferiamo alla corale, dolorosa reazione per la riduzione del 50% del contributo alla stampa italiana all’estero da parte della Camera dei Deputati, in sede di riconversione del decreto mille proroghe mentre si ripescano i soldi per i giornali dei partiti e dei gruppi cooperativi. Si vuole una informazione dimezzata per i 60 milioni di italiani che vivono all’estero, originari e di diverse generazioni, di cui 4.000.000 circa con cittadinanza e passaporto italiano. Una autentica mortificazione a sentimenti, legami e valori mai dismessi e spesso acuiti dalla lontananza. Non si può giocare sul tema della informazione che è il pilastro fondante della vita democratica di un Paese. In questa direzione, come Associazione di relazioni e di rapporti che vive vicina alle comunità all’estero, riteniamo necessario riportare alcune riflessioni su questo argomento perché è assolutamente impensabile che il Parlamento, coscientemente, abbia voluto fare una scelta o un atto di volontà politica ma, piuttosto, per come sinceramente ci auguriamo, si sia trattato di un normale incidente di percorso burocratico prima del voto parlamentare. L’informazione delle piccole testate, quasi tutte sostenute dal volontariato associativo regionale e locale, è sempre una informazione comunicata, è veicolo di cultura ed è essa stessa cultura. Spesso messaggio. In passato, ha svolto un ruolo in senso unico di ponte e di supplenza in mancanza di altre informazioni. Ma anche nell’attuale pluralità di informazione svolge un ruolo di completezza, nel senso che porta notizie, fatti, eventi e sentimenti che la grande stampa ed i programmi televisivi non riescono a cogliere. In realtà porta il messaggio di casa, del borgo, della città, della Regione. Prolunga la vita delle comunità, specie degli anziani, allergici ai moderni sistemi del web. Tiene vivo il rapporto e la cultura di origine. Preserva dalla assimilazione culturale locale e, quindi, dallo sradicamento totale del patrimonio di origine. E’ una nefandezza privarli di questo diritto. Anche perché si tratta di una informazione di servizio e non di potere. Un bene e non una merce. Vero è che la informazione globalizzata avvicina le due Italie ma è vero anche che omologa ed appiattisce sensibilità, tradizioni e valori. La informazione delle piccole testate si conferma, così, come lo strumento più efficace di mantenimento della cultura e della lingua di origine, purtroppo divenuta una nicchia. Senza dire delle ripercussioni di una riduzione di informazione nel settore economico e di immagine dell’Italia.