50° DI USEF AL TEMPO DELLA PANDEMIA: LA SICILIA VISTA DA LASSÙ!

Di Daniela Di Benedetto - I 50 anni di una associazione regionale e allo stesso tempo internazionale come l’Usef impone, accanto al momento della dovuta celebrazione anche una profonda riflessione,

soprattutto quando questo importante anniversario cade nel mezzo di una crisi pandemica globale che ha rivoluzionato le vite di tutti noi e il modo stesso di affrontare le piccole e grandi sfide di ogni giorno. Mi sono avvicinata all’Usef per la prima volta nel 2008 e poco dopo, insieme ad un gruppo gioviale ed entusiasta di siciliani in Baviera, abbiamo fondato quella che sarebbe presto diventata la gioviale associazione “Le Zagare: Siciliani e non solo”. Del nostro gruppo facevano e fanno parte molti giovani, famiglie e anche, tra i più anziani, alcuni rappresentanti di quello che era stato il grande associazionismo regionale degli anni d’oro. Non si sono fatte attendere le domande, di privati ma anche di giornalisti, su quale senso possa avere oggi, in un mondo sempre più globale, l’associazionismo regionale. Sembra paradossale, ma proprio nel momento in cui la globalizzazione e i mezzi di comunicazione sembrano livellare peculiarità locali, tradizioni, sapori, sfumature dialettali, in un mondo in cui gli scambi e le interazioni sembrano produrre miscugli di umanità e cultura tra i più disparati, proprio in questo momento e più che mai il bisogno di ciascuno di ritrovarsi e riconoscersi si fa forte. Se i confini nazionali in una Europa che è sempre più Europea, perdono di significato, le identità regionali rafforzano i propri legami, soprattutto tra le nuove generazioni in una ricerca identitaria che oggi è diventata essenziale. Solo un albero forte di radici profonde può permettersi di svettare verso il cielo con ampie fronde e lunghi rami, e nutrendosi delle ricchezze più nascoste produce i frutti più gustosi. La consapevolezza identitaria, culturale e linguistica sono elementi di forza nel percorso di integrazione in un mondo in cui solo in superficie l’aspirazione alla standardizzazione attecchisce. Il 31 dicembre 2019 il Presidente Mattarella pronuncia quello che secondo me rimarrà uno dei più bei discorsi di fine anno degli ultimi anni. Ne ricordo un passaggio: “Saluto Luca Parmitano - il primo astronauta italiano al comando della stazione spaziale internazionale - impegnato nella frontiera avanzata della ricerca nello spazio, in cui l'Italia è tra i principali protagonisti. Da lassù, da quella navicella - come mi ha detto quando ci siamo collegati - avverte quanto appaiano incomprensibili e dissennate le inimicizie, le contrapposizioni e le violenze in un pianeta sempre più piccolo e raccolto. E mi ha trasmesso un messaggio che faccio mio: la speranza consiste nella possibilità di avere sempre qualcosa da raggiungere. È questo l'augurio che rivolgo a tutti voi." Luca Parmitano, è un siciliano nato nel 1976, che ha guardato il mondo da lassù per un lungo periodo, è andato “Oltre” costruendo una nuova prospettiva per il nostro piccolo mondo dicendo a tutti noi: ‘Speranza è avere traguardo avanti.' Credo, che la storia della Sicilia sia la storia di una parte di Italia che ha sempre cercato questo qualcosa da raggiungere. Storicamente la Sicilia è sempre stata terra di partenze e di arrivi. Il saldo migratorio assume nei decenni e nei secoli, spesso segni alternati. I Siciliani tendono a mettere velocemente radici là dove arrivano, pur non disdegnando la compagnia di una vena nostalgica e romantica che si traduce in un amaro sorriso ed in un legame che è un filo tanto lungo quanto forte con la propria terra, quasi sempre viene trasmesso alle generazioni successive. Allo stesso modo le numerose presenze straniere che nei millenni si riversano in Sicilia, che si tratti di dominazioni, di immigrati o rifugiati scampati al mare, trovano in Sicilia una terra di integrazione e innovazione culturale pronta ad accogliersi rinnovandosi. È questa accettazione attiva e passiva al tempo stesso, del cambiamento che fa della “Siculianità” una caratteristica resistente a qualunque latitudine e a qualunque epoca storica. La capacità di elevarsi dalla propria singola condizione e guardare il mondo dall’alto per come è e per come potrebbe essere. La contaminazione culturale e umana fa parte della nostra storia e del nostro essere, che riescono ad evolversi mantenendo la propria più profonda identità. Recentemente ho svolto alcune interviste a nostri corregionali nel mondo: professionisti dell’high-tech, artisti, imprenditori. Le loro storie che mi hanno molto colpita perché raccontano non solo di sé ma di un amore per una terra madre e matrigna, tradito perché traditi a propria volta, alla ricerca di riconoscimento, professionalità e qualità della vita. Un amore al quale allo stesso tempo spesso si desidera restituire qualcosa in termini di promozione culturale, di quella umanità, creatività, capacità innovativa e genuinità in cui la Sicilia sotto molti punti di vista è campione universale. Per farlo esportiamo grandi professionalità con il compito di polverizzare gli stereotipi e promuovere il bello, il buono e l’accuratezza che ci portiamo dentro. Sono storie che mi hanno colpita umanamente e profondamente perché mi hanno raccontato molto di me stessa. Ho ritrovato la volontà di darsi e inseguire obiettivi e visioni sempre un passo più in là, grande speranza e volontà di costruire speranza: tutti hanno sentito la difficoltà di creare fiducia e credibilità attorno a sé e tutti hanno con perseveranza, professionalità e visione saputo abbattere il muro dello stereotipo e della diffidenza. Da un punto di vista strettamente sociopolitico le sfide odierne per la Sicilia sono ampie e vanno ben oltre i numeri: si sta vivendo un momento di profondo cambiamento dovuto all’inversione in negativo del saldo naturale e di quello migratorio e il rischio è che insieme all’impoverimento demografico anche quello delle fasce prolifiche e produttive, sia irreversibile.

Le sfide politiche sono precise e sono:

- il completamento del percorso di regolarizzazione avviato in modo deciso anche nell’ambito della crisi pandemica del COVID-19

- l’investimento in termini di formazione professionale e non solo scolastica dei migranti e di tutti i giovani in genere

- il rafforzamento del legame con le comunità emigrate professionalmente attive e portatrici di una vivacità e capacità osmotica senza eguali per restituire alla nostra terra tutta la sua potenzialità.

Proprio come vuole trasmettere la narrazione di Luca Parmitano, che oltre ad essere un astronauta è anche un appassionato fotografo e i suoi scatti del “mondo visto da lassù” hanno spesso messo in evidenza il suo profondo amore e la preoccupazione per il e per la sua Sicilia, con la quale ha sempre mantenuto un legame saldo. La sua esperienza sembra essere al tempo stesso metafora e messaggio di fiducia nel futuro per i giovani di una terra abituati ad andare “fuori”: è l’invito ad andare “oltre”! È il messaggio di un uomo che dalla provincia di Catania ha visto il mondo e oltre il mondo e ancora continua a guardare avanti. Parmitano è tornato sulla terra il 9 febbraio 2020 dopo avere superato il record europeo di permanenza extraveicolare (EVA) cumulativa. Durante il lockdown ha fatto numerosi inviti a “restare a casa” e ha anche partecipato alla realizzazione di un video di promozione della Città di Catania, di due laureande del dipartimento di Scienze della formazione di Catania. Il suo messaggio è “Catania è scienza”: questo è il futuro che vogliamo per una terra che esporta umanità, futuro e conoscenza