L’intervento del Presidente del Senato Elisabetta Casellati nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani

"Autorità, Signore e Signori,

saluto e ringrazio il Professor Nicola Antonetti, Presidente dell'Istituto Luigi Sturzo,

gli autorevoli relatori e tutti i presenti. Sono onorata di essere con voi oggi ad aprire questo convegno dedicato a Luigi Sturzo, Senatore a vita della Repubblica. Ripercorrere il suo pensiero, rievocare il contributo alla storia del nostro Paese e alle sue Istituzioni democratiche, ha un forte significato proprio nel sessantesimo anniversario della sua morte e nel centenario della nascita del Partito Popolare Italiano. Uomo di fede, di pensiero e di azione, Don Luigi Sturzo ha lasciato al nostro Paese un'eredità intellettuale, politica e morale che ancora oggi rappresenta un riferimento prezioso - e mai superato - per tutti, ed in particolare per coloro che, in politica, si ispirano ad ideali cristiani, sociali e liberali. La rilettura dei suoi ricchi e significativi contributi giuridici, filosofici e storici, ed in particolare gli interventi da lui tenuti quale Senatore a vita dal 1953 al 1958, mi conducono a delineare la sua figura quale vero e proprio "sacerdote laico della libertà". La devozione alla libertà - da lui stesso definita "dono divino della personalità umana" - rappresenta il filo conduttore del suo pensiero e della sua azione. E si tratta della libertà intesa nelle sue molteplici declinazioni: la libertà di coscienza, quale valore assoluto e bene supremo dell'individuo. Essa rappresenta anche l'essenza costitutiva delle pubbliche funzioni. Si pone infatti, al contempo, quale criterio guida nello svolgimento di ogni incarico pubblico e quale elemento decisivo nel definire il rapporto tra il parlamentare e il partito a cui lo stesso appartiene; la libertà intesa poi nella sua accezione sociale: di libera azione dei movimenti politici e delle formazioni sociali, di libera iniziativa e di libera intrapresa. Sotto tale profilo, la libertà viene in considerazione, nel suo pensiero, quale premessa teorica e presupposto pratico del principio di sussidiarietà. Essa è - in altri termini - il punto di riferimento per la definizione stessa del ruolo dello Stato, in ogni settore, per limitarne l'ingerenza e per definire i confini del suo intervento anche per la tutela e la promozione sociale. La libertà, infine, come elemento fondativo delle Istituzioni democratiche e rappresentative. La libertà è infatti alla base di quel legame che Sturzo definisce "solidarietà civica tra cittadino elettore ed eletto", volto "al benessere comune e al progresso della Nazione". Una devozione alla libertà - quindi - che nel suo pensiero e nella sua azione mai cede ad assolutizzazione ideologica. La sua passione civile è infatti costantemente sorretta da una forte e profonda tensione morale. La coscienza della propria identità cristiana sostiene il suo pensiero, informa la sua idealità, ma si esprime anche quotidianamente - e coerentemente - nelle scelte di vita e nell'azione pubblica. Non esiste cioè alcuna cesura tra la morale individuale e la morale pubblica. Una testimonianza, questa, efficacemente rappresentata dalle parole tratte dal "Decalogo del buon Politico", dove Sturzo afferma: "spesso si parla di due morali, quella dei rapporti privati, e l'altra della vita pubblica...la mia esperienza lunga e penosa mi fa invece concepire la politica come saturata di eticità, ispirata all'amore per il prossimo, resa nobile dalla finalità del bene comune". Come non cogliere in queste parole l'urgenza del richiamo alla nostra coscienza individuale e alle nostre responsabilità pubbliche? Un richiamo la cui profonda autorevolezza risiede nella coerenza della vita privata e pubblica di Luigi Sturzo. Per questo non possono lasciare indifferenti i continui richiami alla moralizzazione della vita pubblica, ispirati a quello che il Presidente Giovanni Spadolini aveva significativamente definito "il senso religioso della Democrazia". Ovvero un legame diretto e profondo tra privato e pubblico; tra coscienza individuale, identità cristiana, ideali collettivi e prassi pubbliche. Una sensibilità che ancora possiamo cogliere nella raccolta degli interventi in Aula del Senatore Luigi Sturzo, la cui nuova pubblicazione intendo promuovere nelle prossime settimane. Un atto che ritengo doveroso per preservare la ricchezza della sua eredità storica e morale e per rendere omaggio al suo fondamentale contributo all'affermazione dei principi della Costituzione e al consolidamento delle Istituzioni repubblicane. Ma anche per apprezzare la lucida e profetica attualità dei principi ispiratori della sua attività politica, quali: la centralità della persona, la tutela delle formazioni intermedie e della integrità della famiglia, la valorizzazione della libertà di insegnamento e di formazione, la forza innovatrice e creativa del decentramento amministrativo come alternativa allo Stato centralizzato. Anche la sua visione della democrazia parlamentare - scrupolosamente articolata e informata al sentimento profondo della libertà - si esprime in una volontà positiva di riforma per restituire vitalità alle Istituzioni e per rimettere al Parlamento quei poteri di controllo che iniziavano - già dagli anni '50 - ad essere sottratti dalla partitocrazia. Significativo, in tale contesto, appare il suo ultimo discorso al Senato tenuto l'11 luglio del 1958. Vi si coglie una capacità di analisi del presente, ma soprattutto una visione del futuro, di sorprendente attualità. La necessità anzitutto di una profonda revisione del rapporto tra cittadini e autorità statuale, laddove questa in particolare si esprime nell'esercizio della potestà normativa. Egli manifesta cioè il timore che la tendenza ad una legiferazione eccessiva possa condurre ad una progressiva sfiducia dei cittadini nei confronti dello Stato. Osserva infatti che "i cittadini si sentono ogni giorno più legati da un vincolismo legislativo e regolamentare insopportabile e perfino contraddittorio; si ha l'impressione che la libertà che rimane sia solo quella di mormorare e protestare". Queste sue affermazioni così chiare ed efficaci contro la proliferazione legislativa - "il potere magico delle leggi" egli lo definiva - e contro la burocratizzazione della vita pubblica, interpretano anche oggi un sentimento e una sensibilità diffuse di cui occorre sempre tener conto nella nostra azione pubblica. In tale contesto vorrei però anche sottolineare che lo stesso Senatore Sturzo intravedeva positivamente uno spazio di intervento proprio ad opera del Senato della Repubblica. Osservava infatti "che una funzione specifica e caratteristica che dovrebbe avere il Senato è proprio quella di garantire il cittadino contro tutte le sopraffazioni, le ingerenze e le pastoie legislative. È proprio il Senato l'Istituto che dovrebbe ridare fiducia nello Stato, vigilando sulla Pubblica Amministrazione, curando l'equilibrio dei poteri e assicurando al cittadino la garanzia contro lo strapotere degli enti Pubblici". Questo patrimonio di idee e di valori ci obbliga dunque al dovere della memoria che è compito delle Istituzioni sostenere e coltivare. Un dovere che ci richiama alla responsabilità di vivere nelle Istituzioni e per le Istituzioni con la medesima affezione lucida e distaccata, ma al contempo appassionata. Capace cioè di generare risposte, creare relazioni, rinsaldare legami. Capace in definitiva di trovare assieme le ragioni ultime del nostro impegno pubblico".