LA LEGGE REGIONALE 55/80 E SUCCESSIVE MODIFICHE ED INTEGRAZIONI E LE PPORTUNITA’ PERSE E IL RUOLO DELL’ASSOCIAZIONISMO IN TEMPO DI MIGRAZIONE

LA RELAZIONE DI SALVATORE AUGELLO

 Il Coordinamento delle Associazioni Regionale Siciliane dell’Emigrazione, (CARSE), da tempo cerca di rilanciare la politica dell’emigrazione in Sicilia, per contrastare il silenzio totale del Governo e del Parlamento Siciliano.

 

 

Con un senso di invidia e di rammarico, abbiamo nel tempo seguito il lavoro delle altre regioni, che hanno rinnovato e fatto funzionare le loro consulte, che hanno finanziato attività dirette alle proprie comunità sparse per il mondo, che hanno cercato, spesso riuscendoci, di agganciare una politica di sviluppo economico alla risorsa rappresentata dalla loro emigrazione.

In questo senso si sono mosse, ad esempio la regione Puglia, che ha strutturato una serie di interventi che coinvolgono aziende ed enti di varia natura o la Lombardia, il Veneto, solo per fare alcuni esempi.

La Sicilia, invece, da anni porta avanti una politica di abbandono del settore, procedendo per gradi ad ignorare la legge 55/80 e successive modifiche.

Ha cominciato per primo il governo Lombardo, che ha eliminato la delega assessoriale all’emigrazione, degradando il settore a gruppo di lavoro all’interno dell’Assessorato Regionale della Famiglia delle Politiche Sociali e del Lavoro sezione Lavoro. Contemporaneamente ha avocato alla presidenza le attività previste dall’art. 26 della citata legge 55/80, impedendo alle associazioni di realizzare convegni e seminari che spesso servivano ad aggiornare l’analisi sul dramma dell’emigrazione e dell’Immigrazione, attività delle quali la Presidenza non ne realizzò mai una. Come se non bastasse, nel tempo i governi hanno ignorato parecchi articoli della legge, che era servita a dare impulso all’edilizia finanziando la costruzione e la ristrutturazione di case di civile abitazione, (art. 14 l.r. 55/80) evitando nel contempo  la possibilità di canalizzare investimenti in agricoltura e nelle attività produttive, eliminando le agevolazioni previste dall’art. 15 della legge, stornando anche il fondo di rotazione che era legato a tale articolo ed a tali attività.

E così, di articolo in articolo, la legge è stata progressivamente svuotata, non solo nella parte economica, che pure rivestiva carattere importante ripreso da parecchie leggi regionali, ma anche nello stesso impianto normativo.

Con incredibile noncuranza, infatti, dopo la cancellazione degli articoli già citati, veniva presa di mira la Consulta Regionale, che una volta scaduta nel 1995, venne attaccata in mille modi, prima includendola tra i cosiddetti enti inutili, poi non rinnovandola malgrado il preciso vincolo legislativo che la costituiva.

Quel vuoto creato apposta, venne usato anche per allentare i vincoli contenuti nella legge, che garantivano le associazioni storiche, aprendo con un artificio le porte ad enti che nulla avevano a che fare con l’emigrazione intesa nel vero senso del termine, con tutte le problematiche che essa si portava e si porta ancora oggi appresso.

Quella “apertura”, portò la legge irrimediabilmente in una sfera di clientelismo usato per finanziare attività a compagnie teatrali, gruppi folcloristici,  ed associazioni nate per l’occasione e persino ad s.r.l..

Invano le associazioni storiche protestarono, fecero sentire la loro voce per impedire questa apertura a tutto campo. Nessuno ascoltava quelle proteste, così come nessuno metteva mano alla legge.

La consulta venne conservata, ma sono passati cinque anni, prima che nel marzo del 2000 l’allora assessore all’emigrazione Papania, con proprio decreto, provvedesse a nominare la consulta, decreto pubblicato sulla gazzetta ufficiale della Regione nell’agosto dello stesso anno.

Ci sono voluti altri dieci anni ancora , prima che si rivedesse il caso consulta con un nuovo decreto di nomina che sostituiva il precedente rinominandola nel 2010 con un decreto a firma dell’Assessore Lino Lenza. Da allora, nessun assessore si è più  presa la briga di insediarla.

Intanto, si andava avanti con attività concesse anche a chi non si era mai occupato di emigrazione, enti che alla fine hanno determinato duri attacchi a tutto il sistema associativo, compromettendo l’immagine di quelle associazioni, che di emigrazione e di emigrati si occupavano da gennaio a dicembre di ogni anno, che in giro per il mondo avevano ed hanno ancora, sedi, rappresentanti, uffici di assistenza, tesserati.

Infatti, non può certo essere appiccicato a queste associazioni l’appellativo di “globetrotter della caponata” o altri inventati dai giornali nel periodo in cui venivano finanziati attività a chicchessia, sulla base di bandi che, aggirando la legge che stabilisce di chi può avvalersi l’Assessore per organizzare le attività contenute nella legge. Infatti nei vari articolo viene ripetuta la formula: “… anche in concorso con altre amministrazioni pubbliche,  con le associazioni e i patronati di cui all’art. 9”.

Da questa apertura indiscriminata, le associazioni storiche, non solo ne hanno ricavato un danno di immagine, ma hanno dovuto subire il blocco e la progressiva smobilitazione della legge stessa, che oggi conserva i capitoli di spesa tutti per memoria, come se il settore non esistesse più.

Eppure, le statistiche dimostrano che l’Italia sta pagando un duro prezzo alla crisi che impera da oltre cinque anni. Un prezzo in termini di giovani che lasciano la propria terra alla ricerca di quel lavoro che non riescono a trovare in patria.

Tra le regioni che pagano  il prezzo più alto, dopo la Lombardia ed il Veneto, al terzo posto troviamo la Sicilia da dove nel 2015 sono partiti  9.823 persone, pari al 10% del totale  di 107.529 unità che hanno lasciato l’Italia al 31 dicembre 2015.

E non sono più solo i così detti cervelli in fuga che se ne vanno, ma partono anche gli artigiani, la manovalanza comune in cerca di lavoro. Giovani che impoveriscono il tessuto umano e sociale dell’Isola, con ricadute negative sullo sviluppo.

Da tempo, le associazioni che oggi si ritrovano nel CARSE, hanno chiesto una revisione della legge, per renderla più aderente alla realtà ed alle esigenze di oggi.

Così come da tempo si chiede la realizzazione della conferenza regionale dell’emigrazione, ferma alla sua 3^ edizione tenuta agli inizi degli anni novanta, al fine di aggiornare l’analisi sul fenomeno migratorio, sulle nuove esigenze, sulle necessarie modifiche da apportare alla legge 55/80 e successive modificazioni.

Ma nessuna di queste richieste è stata presa in considerazione, anche se un gruppo di lavoro da tempo ha preparato un disegno di legge, ed altri disegni di legge sono stati approntati da diversi deputati.

Nel frattempo, spesso sollecitato anche da  persone che non hanno certo capito l’emigrazione, nasce e si sviluppa una sorta di dualismo tra le associazioni regionali che operano in Sicilia ed associazioni che operano all’estero.

Un dualismo certamente legittimo, che per la sua cattiva interpretazione invece che rafforzare il movimento lo ha indebolito, a scapito della necessaria unità per portare a soluzione problematiche gravi che rimangono ancora oggi insolute.

La nuova realtà che si è venuta a creare, impone di portare a termine l’aggiornamento della legislazione siciliana, in modo da contemplare le nuove esigenze che reclamano risposte adeguate.

Una delle esigenze che richiedono soluzione, è mettere ordine nel variegato mondo dell’emigrazione dove nascono associazioni che spesso non hanno nulla a che vedere con le comunità.

Per dare una risposta adeguata a tale esigenza, nel lavoro preparatorio di una nuova legge, mentre si ripiglia il tema dell’elezione diretta dei consultori, si evidenzia la necessità di introdurre un albo regionale delle associazioni, dove consentire la registrazione a quelle associazioni che hanno determinati requisiti che la stessa legge deve fissare.

Nello stesso albo, debbono trovare posto le federazioni delle associazioni, che sono nate all’estero nel tentativo di unificare il movimento, ma che debbono rispondere a requisiti minimi tra cui la democraticità interna, il rispetto della pluralità, l’ampiezza della rappresentatività ed altri paletti ancora, da fissare di comune accordo.

Il tutto rivolto al potenziamento della rete associativa già esistente, nel creare la quale si sono spese le associazioni regionali in questi ultimi quaranta anni.

Una rete che vede parecchie centinaia di associazioni sparse per il mondo, portare avanti iniziative ed attività di grande rilievo culturale e sociale.

Partendo da questa  rete, bisogna colmare i vuoti creatisi in tutti questi anni di assenza della regione, che non ha saputo utilizzare la potenzialità che essa rappresenta.

Vi sono regioni, che hanno seguito e continuano a seguire le loro comunità all’estero, creando reti parallele di aziende che producono e distribuiscono i prodotti locali.

L’associazione pugliese per fare un esempio, ha saputo creare una rete di contatti industriali favorendo e stimolando la internazionalizzazione delle proprie aziende, incrementando il made in italy.

A livello culturale l’Umbria da anni porta avanti il premio Conti, raccogliendo interessanti storie di emigrati che ogni anno vengono esaminati, giudicati da una giuria, premiati e pubblicati, contribuendo ad incrementare la storia dell’emigrazione.

In Sicilia, in passato si sono realizzati due di queste iniziative: una all’epoca dell’assessore Giuseppe Drago ed un all’epoca dell’assessore Francesco Scoma.

Ma stiamo parlando di due iniziative scollegate da una visione  programmatica e di piano, che alla fine sono risultate fine a se stesse.

Avevamo lanciato l’idea di istituire il giorno del “Siciliano nel Mondo”, da collegare al giorno della ricorrenza dell’autonomia siciliana, ma oltre ad un tentativo fatto ai tempi del governo Capodicasa, non ci sono stati altri tentativi.

In Sicilia, è bene richiamarlo, l’unico esempio che regge bene e che è diventato un evento atteso, giunto alla sua XXI manifestazione è il “premio dei ragusani nel mondo”, che si tiene nel mese di agosto.

Una ricorrenza molto attesa dalle comunità ragusane, che in questo modo ogni anno vedono salire sulla ribalta e premiare quelle intelligenze figlie dell’emigrazione, che hanno dato e danno lustro non solo alla provincia di Ragusa o alla Sicilia, ma a tutta l’Italia, dando prova della risorsa che esse costituiscono intanto per la terra che li ospita, ma molto meno per la terra d’origine che non sa utilizzare tale risorsa.

Eppure le associazioni, alla spicciolata, anche esse senza una visione d’insieme hanno cercato di portare avanti questo filone, ma alla fine si sono dovute arrendere  non solo alla mancanza di fondi, ma anche e principalmente ad un disegno strisciante che si fa sempre più evidente, di disimpegno della politica, che rischia di vanificare il lavoro ed il sacrificio di centinaia di persone che nel corso degli anni hanno dato il proprio tempo a fare grande la rete associativa ed a fare sventolare sempre più in alto la bandiera siciliana.

E’ ora che il governo e la politica facciano la propria parte e rimettano mano ad una seria politica dell’emigrazione, cercando di trarre da essa gli immancabili ritorni economici e culturali che possono venire.

A maggior ragione oggi, che si muovono nuovi elementi che destano grande preoccupazione:

la ripresa dell’emigrazione ed un disegno teso a screditare e svilire gli organi di rappresentanza degli emigrati quali i COMITES ed il CGIE.

Partendo dalla ripresa dell’emigrazione, come prima detto, oggi ogni giorno partono giovani e meno giovani alla ricerca di un posto di lavoro che consenta loro di vivere civilmente senza cedere a ricatti e senza ricorrere al lavoro nero.

I nostri paesi si assottigliano sempre più e diventano sempre più abitati da una popolazione vecchia, a discapito di una ripresa economica che tarda ancora a prendere corpo.

Oggi, la Sicilia è al primo posto per numero di emigrati con i suoi circa 800.000 iscritti all’AIRE. Una popolazione pari quasi a quella di una città come Palermo, che ha certamente dei diritti oltre che dei doveri.

L’emigrato non può essere cercato solo per fargli pagare le tasse se ha una casa in paese e poi abbandonato a se stesso.

Così come non può essere abbandonato a se stesso colui che parte oggi alla ventura.

In questa situazione in continuo movimento si inserisce il nuovo ruolo delle associazioni, che debbono tornare ad essere punti di riferimento per quelli che partono e per quelli che rientrano,

che debbono riprendersi il loro spazio ed il loro ruolo, in passato riconosciuto ed apprezzato dalle istituzioni ed oggi completamente ignorato.

In alcuni consolati, come quello di Londra ed altri, sono nati comitati di accoglienza che cercano di dare la prima assistenza ai giovani che arrivano in cerca di lavoro.

E’ questo un compito ed un lavoro che non può essere demandato alla spontaneità di qualche COMITES o di qualche Console di buona volontà, ma deve tornare ad essere campo di intervento delle associazioni che hanno l’esperienza e le capacità necessarie per portare avanti un lavoro di questo tipo.

Le sedi delle associazioni debbono tornare ad essere centri di aggregazione, dove è possibile trovare l’insegnante di lingua, il consulente che aiuta a cercare lavoro o casa, impedendo qualsiasi tipo di caporalato che come la gramigna spunta e si nutre dei bisogni della gente.

Le nostre associazioni in questa fase debbono tornare anche ad essere di mutuo soccorso, pronte a recepire e risolvere le esigenze di questa nuova ondata di migrazioni che si muove per l’Europa.

Per quanto attiene la seconda preoccupazione, che riguarda un disegno che va ben al di là della Sicilia, ma che investe tutti gli organi di rappresentanza degli emigrati, le associazioni debbono tornare a fare le battaglie di una volta, quando ci si batteva per conquistare il diritto di voto all’estero, quando si riusciva a conquistare il trattato di Maastricht, che ci permette oggi di eleggere consiglieri comunali ed amministratori nei paesi ospitanti, partecipando alla vita attiva di quei comuni.

Questa è una battaglia che deve vederci uniti sia per difendere quello che già abbiamo conquistato, mi riferisco ai COMITES, al CGIE, alla rappresentanza parlamentare, sia per evitare che questi organi elettivi vengano sviliti, vanificati, resi solo delle sigle vuote.

In questo contesto, le associazioni debbono fare sentire la loro voce, riorganizzandosi e perseguendo quella unità che deve porre fine al dualismo che ci danneggia.

L’associazionismo è un soggetto unico, che ha tante braccia che con pari dignità e con ruoli che possono essere diversi, danno il proprio apporto al movimento nel suo complesso, con pari dignità ripeto, creando i mezzi per riconoscere il grande lavoro che viene fatto all’estero, perfezionando i modi ed i mezzi di intervento e di rappresentanza.

Sempre in questo contesto, la Regione deve fare sentire la sua voce, avvertire la sua presenza partecipando nelle istanze dove si parla di emigrazione, facendo la sua parte, rappresentando al meglio non solo gli 800.000 di iscritti all’AIRE, ma anche gli oltre sei milioni di oriundi che sparsi per il mondo, guardano alla propria terra di origine con rinnovato amore e con tutta la buona volontà di continuare a contribuire alla rinascita della Sicilia se solo chi di dovere ne voglia prendere atto.--------

Ho volutamente citato l’esempio che ci viene da Ragusa, per arrivare alla seguente considerazione.

Quanti imprenditori abbiamo sparsi per il mondo, quanti professionisti di prestigio, quanti politici affermati nei vari parlamenti del mondo: Senatori, deputati consiglieri provinciali, sindaci, consiglieri comunali.

Tutte figure che dovrebbero rappresentare una immensa ricchezza per la Sicilia, se solo chi di dovere volesse rendersene conto.

Quante volte abbiamo ripetuto che gli emigrati sono i nostri ambasciatori nel mondo? Anni fa, parecchi anni fa, si fece una manifestazione apposita, facendo venire rappresentanti di tutte le parti del mondo.

Si coniò una targa apposita sulla quale si scrisse “ambasciatori di cultura”, ma, domando a me stesso e domando a tutti voi, è così che si trattano gli ambasciatori? Cancellando la legge che li riguarda, ignorando le loro rappresentanze riunite in associazioni, interrompendo quel flusso di trasmissione della cultura che dalla Sicilia si è irradiato in tutto il mondo e che qualche volta, ahimé molto poco, dal resto del mondo torna ad irradiarsi sulla Sicilia.

Credo proprio di no. Credo che la Sicilia debba finalmente prendere coscienza  della grande ricchezza che ha nel mondo e debba cercare di utilizzarla al meglio.

Credo che così come avviene con tutte le potenziali risorse, si debba investire in esse per poi poterne ricavare un importante ritorno economico, capace di influenzare positivamente l’economia locale, così come in passato è avvenuto con le rimesse degli emigrati che sono servite a ricostruire l’Italia post bellica ed a fare ripartire  l’economia stremata da lunghi anni di guerra.

E’ appena il caso di ricordare che quest’anno cade il 70° anniversario dell’accordo italo-belga, meglio conosciuto come accordo del carbone.

In quella occasione l’Italia si impegno a mandare in Belgio 50.000 operai da impiegare nelle miniere di carbone, in cambio di carbone che servì a rilanciare le industrie del nord.

Così come è giusto ricordare che cade il 60° anniversario dalla sciagura di Martinelle, nella quale persero la vita 262 minatori di cui 136 italiani.

Le strade dell’emigrazione purtroppo sono insanguinate dal sangue di migliaia di morti che hanno pagato il loro contributo alla lotta contro la fame fornendo sviluppo sia in  patria che nella terra ospitante.

Oggi pomeriggio, nella sala accanto, abbiamo voluto che la consulta si autoconvocasse, pur consapevoli delle difficoltà del caso. E’ certamente una forzatura che abbiamo voluto fare, una pietra tirata nello stagno, nel tentativo e nella speranza di smuovere le acque e di arrivare all’insediamento vero di questo importante organismo, per potere poi procedere a quelle modifiche ormai inderogabili della legge che prevedano anche una rimodulazione della consulta stessa riducendone il numero, lasciando intatte le sue funzioni ed il suo compito di raccordo tra la rete associativa e le comunità siciliane all’estero, ripigliando e rafforzando il lavoro svolto nel tempo.

Voglio concludere questa mia relazione volutamente breve, affermando che una cosa è certa: l’azione delle associazioni che adesso si ritrovano dentro il CARSE, non si fermerà alle iniziative di oggi, ma andrà avanti nel tentativo di dare nuova struttura e dignità al movimento associativo, nel tentativo di unirne tutte le varie espressioni organizzate  per dare forza ad un movimento, ad una risorsa che così come nel passato, deve essere messa in grado di funzionare e di dare il proprio apporto allo sviluppo dell’Isola.