QUANTO DEVE L’AUTONOMIA REGIONALE SICILIANA AL SEPARATISMO “Una delle versioni più accreditate sulle motivazioni che hanno portato alla concessione dell’Autonomia alla nostra isola è quella che fa risalire la decisione alla pressione separatista. Lo Statuto del ’46 sarebbe stata una risposta, ben motivata e utile, per spegnere l’incendio separatista che rischiava di bruciare i ponti che ancora legavano l’isola all’Italia. Uno studioso di tutto rispetto, come il prof. Eugenio Guccione, addirittura, scrive che lo Statuto avrebbe avuto “il grande merito storico d’avere scoraggiato (e, per altri versi, appagato) il movimento separatista siciliano”. Pur riconoscendo che il separatismo, con la sua scomposta e spesso contraddittoria presenza nel panorama politico siciliano, ebbe il merito di riproporre il tema storico della specificità dell’Isola e della necessità di dar vita a forme di autogoverno sempre negate dalla impostazione centralistica dello Stato, a nostro avviso non può essere considerato il motivo fondamentale che ha condotto alla “concessione” dell’autonomia al territorio isolano. Basta, infatti, fare mente locale allo sviluppo degli eventi che hanno interessato l’isola, a partire dallo sbarco degli Alleati con la costituzione dell’AMGOT, alla data di pubblicazione del Regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n.455, per averne contezza. Il Movimento separatista siciliano, fondato ufficialmente l’8 settembre del 1943, in coincidenza con la pubblicazione dell’armistizio fra il Regno d’Italia e la coalizione alleata, firmato a Cassibile il precedente 3 settembre, aveva fin dal suo avvio un notevoli adesioni e il suo leader, Andrea Finocchiaro Aprile, esponente di spicco di quella classe dirigente liberale conservatrice legata alle non sempre limpide espressioni del mondo agrario siciliano, millantando spesso un consenso che andava al di là della effettiva consistenza, era riuscito a divenire interlocutore “privilegiato” del governo d’occupazione. A dargli una parvenza di legittimazione era stato, soprattutto, il colonnello Poletti il quale, come dimostreranno gli eventi successivi, piuttosto che convinto delle richieste dei rappresentanti del movimento separatista, in effetti finse di esserlo per motivi pratici: non considerava infatti utile alla causa principale, quella di sconfiggere il nemico tedesco che occupava ancora gran parte d’Italia, che un’eventuale ribellismo locale turbasse l’andamento delle operazioni militari. D’altra parte, bisogna prendere atto che, pur non avendo mai messo da canto la cosiddetta “dottrina Wilson” sulla selfdetermination dei popoli, non c’era nell’agenda alleata e, a maggior ragione, neppure in quella sovietica ( che considerava interlocutore solo il governo Badoglio), una ipotesi di Stato siciliano indipendente. Le forti compromissioni con gli agrari, storicamente la parte più retrograda della classe dirigente siciliana, ma, anche e ancor peggio, con i poteri criminali e la mafia, unitamente all’assenza di un vero progetto di società, il che era conseguenza del tatticismo e del compromesso usato per unire anime e obiettivi diversi, incisero negativamente sulla capacità di reggere l’urto degli sviluppi di una situazione che si andava lentamente evolvendo in senso unitario. A partire infatti dal cambiamento di fronte dell’Italia, ormai schierata con gli Alleati contro le forze armate germaniche che ne occupavano una vasta estensione del territorio, il Movimento indipendentista iniziava la propria fase involutiva che, come scrive Cangialosi, “proprio perché gestita con arroganza e imprevidenza, assume aspetti rovinosi”. Quando, infatti, alla fine del dicembre del 1944 si insedia la Consulta regionale, il MIS di Finocchiaro Aprile – nonostante nella primavera dello stesso anno avesse promosso, ad opera del giovane intellettuale Antonio Canepa e del duca di Carcaci, anche con il reclutamento di banditi dello stampo di Salvatore Giuliano o dei fratelli Avila, la costituzione di una sorta di esercito rivoluzionario – era in fase di declino tanto da non fare più paura a nessuno. Al declino del MIS faceva da contraltare il sempre maggiore attivismo dei partiti storici che si erano riuniti nel neocostituito CLN siciliano. In genere i rappresentanti dei partiti del CLN, ribadivano infatti la propria forte opposizione ad ogni idea di separazione dell’Isola dalla patria italiana e, con sfumature diverse, si trovavano d’accordo sul fatto che si ridisegnasse lo Stato nazionale, cioè che il forte centralismo che l’aveva segnato fin dall’unità fosse accantonato favorendo processi di decentramento amministrativo o addirittura, come la pensavano soprattutto i democristiani, forme di autogoverno locale. Ma per arrivare a questa soluzione bisognava superare l’ostacolo rappresentato dal governo di Brindisi dove la vecchia elite monarchica e liberale non intendeva assolutamente accedere, almeno in questa fase, a scelte considerate pericolose per l’unità del Paese. A sbloccare la situazione in senso autonomistico ci avrebbe pensato proprio Charles Poletti, il quale la impose, nel momento della riconsegna dell’isola al governo italiano. Charles Poletti ha, dunque, il merito di avere costretto il governo italiano ad avviare il processo che avrebbe portato all’Autonomia regionale. Non si può, tuttavia, dimenticare il peso che ha avuto la congiuntura relativa al referendum istituzionale. L’accelerazione del processo di “concessione” trovò, infatti, nella campagna elettorale in corso la sua causa prima. Umberto II, fra le tante carte giocate per portare acqua al suo mulino, cioè per garantirsi ulteriori consensi, utilizzò quella della captatio benevolentiae dei siciliani, consentendo che, ancor prima dell’approvazione della Carta costituzionale, la Sicilia potesse godere dell’Autonomia. Dunque, altro che l’ipotetico riferimento alla data della pubblicazione della Rerum novarum, coltivato dagli eredi del popolarismo sturziano e del quale non vi è nessun documento a conferma di tale ipotesi, ma solo il primo giorno utile a fare di quell’atto giuridico uno strumento elettorale a favore della scelta monarchica.” by Pasquale Hamel(segue/2)