“GUERRA UCRAINA”, NUOVO LIBRO DI DOMENICO GALLO

 Guerra Ucraina “Questo libro dovrebbe entrare nella cassetta degli attrezzi, per aiutarci a inventare e produrre questo mondo diverso”, dice Raniero La Valle a conclusione della prefazione del recente libro di Domenico Gallo, “Guerra Ucraina”

– Delta 3 Edizioni, uscito lo scorso marzo e acquistabile nelle librerie e, on line, su diverse piattaforme. LINK per l’acquisto: PREFAZIONE di Raniero La Valle È questo un libro la cui lettura è preziosa, perché racconta con verità una guerra che altri – della politica e dell’informazione – raccontano come uno spettacolo, celebrano come un’epopea, esaltano come un mito, officiano come un sacrificio, e gestiscono come un giudizio; e il giudizio è questo: c’è un protagonista cattivo e uno buono, un carnefice e una vittima, uno zar e un fantaccino, uno squilibrato e un eroe, un despota e un leader, un’invasione e una Resistenza. In verità tutte le guerre sono descritte così: ci sono due parti in commedia, che sono i Nemici, e il Nemico è per definizione l’epitome dell’abominio; ma, come dice Carl Schmitt, non è affatto detto che sia così, il Nemico non è “necessariamente cattivo, esteticamente brutto, economicamente dannoso”. Egli è «semplicemente l’altro, lo straniero e basta alla sua essenza che egli sia esistenzialmente, in un senso particolarmente intensivo, qualcosa d’altro e di straniero, per modo che, nel caso estremo, siano possibili con lui conflitti che non possono venir decisi né attraverso un sistema di norme prestabilite né mediante l’intervento di un terzo “disimpegnato” e perciò “imparziale”», ma solo con la guerra, con l’annientamento, con la vittoria. Tale è la guerra che lacera l’Europa, tra la Russia e l’Ucraina, tra Putin e Zelensky; ma questa è solo la scena, perché la storia che davvero si svolge tra le quinte è la guerra tra gli Stati Uniti e la Russia, e con gli Stati Uniti c’è la NATO, e tutto l’ “Occidente allargato” (perché c’è dentro anche l’Estremo Oriente) e anche l’Italia con il suo Draghi e la sua Meloni. Il merito di Domenico Gallo è di raccontare questa guerra senza infingimenti, senza propagande, senza “elmetto”; chiama “aggressione” l’aggressione, giudica il giusto e l’ingiusto, il diritto e il crimine, e lui lo può fare, perché è un giudice, e non solo in quanto, come tutti dovrebbero, si mette fuori del conflitto, ma perché giudice lo è per professione, e anzi giudice dei giudici, come è la Cassazione a cui apparteneva: e questo è un fatto singolare, perché è abbastanza frequente il caso di giudici che quando finiscono il servizio entrano in politica, ma non è affatto frequente che dei giudici, lasciato il servizio, si aggirino tra i giornali, si dedichino all’informazione, assumano come loro dovere quello di aiutare gli altri a capire la realtà, a interpretare la storia, a giudicare i fatti con verità, e anche a conoscerli mentre altri “informatori” li occultano e li travisano. Ma se si trattasse solo di questo, saremmo solo di fronte a un esempio di buon giornalismo. Invece c’è di più, e questo non solo è prezioso, ma di questi tempi anche assai raro. È un “ministero” di pace, e prima ancora che sollecito di una politica di pace, è dispensatore di una cultura di pace. È difficile trovare un testo più pacifista di questo; ma non si tratta di un pacifismo ideologico, di quelli che dicono “pace, pace” ma o si fanno strumentali alla guerra o sono così fondamentalisti da mistificare la realtà; questo è un pacifismo della ragione (ma anche del cuore, che non se ne deve né può separare) ed è ligio alla storia e governato dal diritto. Questa poi è una guerra fuori misura, non la si può neanche nominare. Ci ha provato Putin, a non chiamarla guerra, ma “operazione militare speciale”. E magari credeva davvero che sarebbe rimasta tale, non aveva nessuna intenzione di occupare Kiev, di annettersi l’Ucraina, di dilagare in Polonia e magari perfino in Germania, di rifare l’impero di Pietro Il Grande o almeno l’Unione delle Repubbliche sovietiche, come ne è stato accusato; aveva visto le guerre americane contro l’Iraq (due volte), la Jugoslavia, l’Afghanistan, tutte circoscritte, tutte impunite, tutte distruttive per le vittime ma innocue per gli aggressori, e aveva detto in tutti i modi, anche con le truppe schierate al confine, che ciò che voleva era che la NATO non arrivasse fin lì, e i russofili e russofoni del Donbass fossero lasciati in pace, o almeno autonomi, secondo gli accordi di Minsk.. Ma non aveva calcolato che gli Stati Uniti si stavano costruendo l’Impero, che un Impero senza la guerra non si può fare, e la Russia doveva pagarne il prezzo, come, dopo di lei, la Cina. Così la guerra dissimulata e non detta è diventata una guerra vera, ed è vera guerra, perché questo fanno le armi, e questo è ciò che stanno facendo tutti i fornitori di armamenti all’Ucraina, e anche noi, ma non lo si può dire, perché è da vergognarsene, e bisogna illudersi e convincere l’opinione pubblica che alla fine, come vera guerra, non arrivi anche da noi. Sicché questa guerra è l’Innominata; e non è la prima: anche la guerra del Golfo, quella del ’91, la chiamammo “l’Innominata”, mentre l’America la chiamava “Tempesta nel deserto”, e i nostri ministri, De Michelis, Rognoni, Andreotti, non osavano confessarla tanto che fino alla fine sostennero che non fosse una guerra e che i Tornado italiani erano stati mandati lì solo per “mostrare la bandiera” ma non avrebbero partecipato al conflitto né avrebbero bombardato Bagdad, rischiando l’accusa di codardia: e invece come gli altri facemmo la guerra che pur avevamo, in Costituzione, ripudiato. La tragedia è che da questa guerra non è prevista l’uscita. Se i capi delle Nazioni che, a parte Zelensky, non sono privi di senno, mandano ai piromani lanciafiamme invece che idranti, è chiaro che lavorano perché la guerra continui, come del resto hanno detto, fino alla riconquista della Crimea e alla sconfitta della Russia. E ora c’è anche il pretesto dei Leopard, bisogna aspettare dei mesi perché siano pronti, e utili all’illusione di vincere; e per di più evocano lo spettro dei Panzer tedeschi scatenati contro la Russia. La guerra si conferma così come strutturante del sistema e fattore costituente dell’ “ordine” mondiale. È il prossimo decennio che, secondo le proiezioni ufficiali americane, sarà “decisivo” per riprogrammare questo ordine del mondo, come dicono i due documenti sulla strategia nazionale degli Stati Uniti pubblicati dalla Casa Bianca e dal Pentagono nell’ottobre 2022. E l’annuncio è che la “sfida culminante” non è quella con la Russia, ma con la Cina, che secondo questi strateghi vuole “rimodellare l’intero ordine internazionale per soddisfare le sue ambizioni di potenza economica e politica”. Come scrive Lloyd Austin, il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, “la Repubblica Popolare Cinese (RPC) rimane il nostro competitore strategico più importante per i prossimi decenni. Ho raggiunto questa conclusione sulla base delle crescenti azioni di forza della Repubblica Popolare Cinese per rimodellare la regione dell’Indo Pacifico e il sistema internazionale per adattarlo alle sue preferenze autoritarie”: motivazioni così evanescenti da lasciare senza causa il confronto finale per questa sfida suprema. Ma è in funzione di essa che viene messa in opera l’immensa struttura dell’apparato militare americano. La posta in gioco è dunque il futuro del mondo, come è previsto e come si progetta che sia. Un mondo nel quale una parte (peraltro minore) sarebbe fatta di “democrazie”, e l’altra, a cui si oppone, sarebbe quella delle “autocrazie”, considerate costitutivamente minacciose e aggressive, in quanto non farebbero che operare per minare le democrazie ed esportare un modello di governo contrassegnato dalla repressione all’interno e dalla coercizione fuori. È un mondo diviso tra quattro grandi soggetti considerati come contrapposti e in lotta fra loro: 1) Gli Stati Uniti e i loro alleati e partner; 2); la Cina; 3) la Russia, la Corea del Nord e le organizzazioni violente e estremiste, cioè il terrorismo; 4) la “zona grigia” che non è integrata in nessuno dei tre campi suddetti. L’Europa non è considerata come un soggetto autonomo, e purtroppo con ragione se, come documenta questo libro, essa stessa si è “annullata” in questa guerra , l’ONU è fuori gioco, le sfide ecologiche vengono prese in carico solo in quanto interferiscono con l’operato delle Forze Armate americane. Se davvero lo stato del mondo dovesse essere questo, e diventare il teatro di questo “finale di partita” tra l’Occidente atlantico e la Cina, sarebbe un mondo da brividi. Che fare per tornare a una convivenza pacifica, per fermare le pulsioni alla guerra? Non certo con le armi, armi contro armi, cosa del resto impossibile data la straripante superiorità dell’apparato militare americano. C’è però la via della ragione, del dialogo, del confronto tra le diverse visioni del mondo. Il punto è che gli Stati Uniti dovrebbero non più essere motivati a pensare che il mondo è troppo pericoloso per loro, e che l’unico modo per garantire “la sicurezza nazionale degli Stati Uniti” è di dominarlo, e di attrezzare una potenza tale che nessun altro “non solo possa superare, ma neanche eguagliare”: che è la formula dell’Impero. Questo compito di aiutare gli Stati Uniti a cambiare la loro visione del mondo, a cercare la loro sicurezza non nella superiorità militare, pronta alla guerra e a vincerla, ma nel condurre la comunità degli Stati a relazioni amichevoli, oneste e pacifiche, o almeno, in ogni caso, a sposare la causa, che sembrava a portata di mano nel 1989 (la famosa “caduta” del muro!) di una coesistenza pacifica, tocca all’Italia e all’Europa, con il loro retaggio di civiltà e di memorie. Per 167 volte nel documento firmato da Biden sulla “Strategia della sicurezza nazionale americana”, si dice che tutto quello che gli Stati Uniti devono fare nel mondo, le cose meravigliose e quelle cruente, lo vogliono fare con i loro “alleati e partners”, e solo se questi non lo fanno, lo faranno da soli. Nel documento sulla difesa, questa partnership è citata 77 volte. Lasciando da parte il richiamo alle alleanze militari, che non sono fatte certo per cambiare il mondo (e lo dimostrano la “svolta” della NATO a Ramstein, qui richiamata, come il verdetto della sua assemblea parlamentare), si può far appello alla natura della partnership: partners non sono certo quelli che obbediscono, che non hanno alcuna voce in capitolo sulle scelte dell’associato maggiore, che non sono portatori di una loro visione del mondo. Ed è appunto la visione del mondo che bisogna cambiare, per non riempire di armi l’universo (anche lo spazio!), per non pensare di gettare fuori della storia, e dei mercati, questo o quel “concorrente strategico”, per non programmare la riduzione della Russia a condizioni di “paria” e la candidatura della Cina a vittima designata della resa di conti finale. L’America viene da un’origine, da una storia, da un mito, da una presunzione messianica che rende possibile che questo veramente accada. Intere generazioni, e anche quelle di oggi, hanno sognato un mondo diverso, perché, come dicono i vituperati “pacifisti”, non abbiamo altro mondo che questo. Non si vede perché proprio gli americani lo debbano volere così, pericoloso fino a morirne, o addirittura a finire nei bagliori dell’Apocalisse, dell’Armageddon, come dicono loro perfino nei film. Questo libro dovrebbe entrare nella cassetta degli attrezzi, per aiutarci a inventare e produrre questo mondo diverso. Raniero La Valle

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Domenico Gallo (foto accanto) Nato ad Avellino l’1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all’Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell’arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 al dicembre 2021 è stato in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Consigliere e poi di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019), il Mondo che verrà (edizioni Delta Tre, 2022) LINK per acquistare il libro: http://www.delta3edizioni.com/bookshop/catalogo/395-guerra-ucraina-9791255140948.html