E’ uscito recentemente il nuovo libro di Giovanni Frijio “Il Coraggio di Vivere nella Legalità”, un romanzo all’insegna dei valori della costituzione, della democrazia e della legalità, contro la subcultura mafiosa e della illegalità. Un’opera di 490 pagine che attraverso la storia del protagonista del romanzo,

affronta tematiche dell’emigrazione e della questione meridionale, che si intrecciano con una serie di atavici problemi italiani irrisolti, di un paese che non riesce ancora a trovare la giusta dimensione. L’opera letteraria dal titolo “Il coraggio di vivere nella legalità” che è il risultato di anni di vita e di riflessioni e che s’incentrano sulla lotta che un uomo deve portare avanti per affermare l’etica dell’onestà e la centralità della persona nella politica e nelle ideologie.

Dall’ introduzione

IL CORAGGIO DI VIVERE NELLA LEGALITA’

La narrazione di questo libro appartiene alla storia di milioni di cittadini costretti ad emigrare, sono pagine di storia reale, di politica, di riscatto sociale. Il romanzo è una testimonianza di vita vissuta che, per le tematiche affrontate, esula dal definirla una mera autobiografia, ha una valenza storico-politico non indifferente. Il “coraggio di vivere nella legalità” è una consapevole scelta di vita e sintetizza la parabola esistenziale e storica del personaggio Giovanni Ferro sin dall’infanzia per approdare all’età della maturità. Viene messa in rilievo, mediante il personaggio, quella che è stata l’emigrazione italiana in Germania, e nello specifico calabrese, dagli anni sessanta e fino agli anni novanta. In secondo luogo, scandire le fasi della biografia del personaggio con le fasi storiche vissute nella seconda metà del novecento: lotta dei braccianti per la redistribuzione delle terre e l’estinzione del latifondo, difficoltà di costruzione d’una vita civile e all’insegna della legalità in un contesto condizionato da forme di subcultura mafiosa, difficoltà di inserimento in un paese straniero di una generazione sradicata dal proprio contesto d’origine, la presa di coscienza della lotta politica e le vicende del PCI in Germania in stretta relazione con gli avvenimenti della politica nazionale ed europea, le forme di associazionismo rappresentativo degli emigranti e le battaglie per l’integrazione e la conquista dei diritti di cittadinanza. In terzo luogo viene messo in luce il percorso di ritorno del protagonista nella propria terra e l’assunzione consapevole di una nuova fase dell’esistenza e dell’impegno politico. Vita d’un Germanese indica quindi un essere quasi spurio d’una propria identità esistenziale, perché si tratta appunto di una vita sradicata dal suo contesto d’origine ma che non ha la cittadinanza tedesca, e per quanto si sforzi Giovanni Ferro, in Germania dovrà fare i conti col razzismo, le prevaricazioni, la discriminazione e il pregiudizio, sia perché italiano, che comunista. “ I germanesi” sono stati definiti così dai loro stessi compaesani, perché andavano alla Germania, come un tempo, ossia ai primi del novecento, coloro che emigravano nelle Americhe, venivano definiti in dialetto calabrese “ i mericani”. Germanesi quindi sono quelli che hanno un’identità esistenziale e storica di migranti e riconosciuti ormai come esseri umani connotati da una loro singolarità, da una loro diversità rispetto sia alla comunità di origine che a quella di nuovo approdo. Un romanzo che attraverso la storia del protagonista, mette in evidenza tutte le problematiche inerenti al fenomeno migratorio. Spopolamento del sud nonostante il miracolo economico, occasioni mancate soprattutto in funzione di un ruolo della Calabria nell’area Euro – Mediterranea, emigrazione forzata, discriminazioni, mafie, diritti di cittadinanza ed integrazione. I calabresi non hanno mai confuso l’integrazione con l’assimilazione, convinti che ci si possa integrare in una realtà ( altro stato o regione) diversa da quella di origine, senza per questo dover rinunciare alle radici di origine. Concetto di antica filosofia: gli uomini a differenza degli alberi, le radici le hanno in testa, sono rappresentate dalla memoria, sono radici mobili che ogni migrante si porta dietro, questo non gli impedisce di integrarsi in un’altra realtà sociale. Una vicenda che quindi richiama un tipo sociale, l’emigrante calabrese della seconda metà del novecento, ma che richiama anche momenti importanti della storia di Calabria, nazionale ed europea. Una storia importante quella del protagonista Giovanni Ferro che si situa in un preciso contesto di idealità e lotta politica. Per oltre 40 anni aveva creduto in un progetto di idealità, alla fine diventa un critico dell’intera sinistra, ritenendola incapace di rinnovare il suo ruolo storico, in quei 20 anni dalla caduta del muro di Berlino, in cui si verificava il passaggio dalla “società di libero mercato” alla “società di mercato”. Questo lavoro altresì, è importante perché rende giustizia all’emigrazione calabrese, che non è stata per come qualcuno crede un fenomeno sociale passivo, bensì attivo, e il protagonista del romanzo lo esprime a pieno. Si valorizza a pieno il fattore umano e sociale del personaggio che altro non è che il fattore umano e sociale della terra di Calabria. Il protagonista dopo l’emigrazione in Germania, si trova a vivere una emigrazione di ritorno in una realtà del nord Italia, dove vivono e lavorano milioni di cittadini del sud. Fenomeno contraddittorio ma ormai strutturale e consolidato, dove milioni di cittadini meridionali sono diventati parte integrante della vita economica delle regioni del nord, contribuendo al loro arricchimento. Una realtà dove si è passati da una generale sottovalutazione del fenomeno mafioso ad una indistinta stigmatizzazione e colpevolizzazione di cittadini in base al territorio di provenienza, sconfinando in conflitti sociali già impregnati storicamente di discriminazioni. Infatti anche il protagonista della storia subisce le conseguenze, deve fare un passo indietro a posti di responsabilità di partito e sindacato, solo per avere un parente implicato in fatti di mafia. si vede ridurre di nuovo la sfera dei diritti di cittadinanza, come quando era emigrato: avere i diritti sulla carta e non poter esercitarli. Il protagonista condanna fortemente le mafie e l’illegalità, ma ritiene necessario fare le giuste distinzioni fra atti criminali, reati di mafia e le dinamiche sociali che ne derivano. Combattere la mafia isolandola dai cittadini per bene che sono i primi a subire discredito per le malefatte dei mafiosi. Ha sempre combattuto le discriminazioni e non accetta che gente per bene venga confusa con i mafiosi, solo per il fatto di avere dei parenti implicati, che criminali vengano promossi a collaboratori di giustizia solo per aver dichiarato di essersi pentiti, mentre allo stesso tempo vengono discriminati persone che non hanno nulla di cui pentirsi. In tutto questo non vede relazione logica. Questo lavoro è da definire da un punto di vista del genere letterario un romanzo-saggio, perché s’è vero che contiene la narrazione della vita d’un germanese è, altresì, da considerare che comprende anche una ricostruzione dei modelli sociali di vita in Calabria e in Germania. Come contiene anche momenti politici pregnanti della sinistra e della lotta politico-ideologica nonché una messa a fuoco dei problemi derivanti dal fenomeno mafioso. Un affresco storico-esistenziale e sociale complesso, ma ricco di notevoli spunti di riflessione. Un’opera di interesse politico, culturale, e sociale, dove si intrecciano e si affrontano una serie di tematiche ed atavici problemi italiani irrisolti e ( in particolar modo l’emigrazione e la questione meridionale) messi a confronto con il pragmatismo tedesco. Sperando di essere stato esaustivo nell’illustrare, seppure in maniera sommaria, l’introduzione al romanzo, penso che effettivamente questo lavoro sia importante come risposta all’attuale momento difficile che sta attraversando la Calabria e per aprire un dibattito sulle questioni tuttora aperte, come ad esempio la questione meridionale non risolvibile con l’autonomia differenziata che è incompatibile con il principio costituzionale della repubblica. Non sono accettabili ulteriori divisioni e frammentazioni che alimentano ulteriori tensioni, generate da egoismi localistici che non hanno aiutato in passato uno sviluppo ordinato sul territorio nazionale, e dalla competizione di mercato territoriale che non aiutano il sistema Italia e il rapporto tra l’Italia e l’Unione Europea. Il libro si prefigge inoltre , lo scopo di promuovere l’immagine della Calabria; ferma condanna della mafia, ma difesa della dignità della stragrande maggioranza dei lavoratori calabresi onesti. Il protagonista ha sempre sostenuto di essere cittadino del mondo e mentre guarda al mondo intero come patria, rinnova l’amore per la propria terra che non si è fermato a nessuna frontiera. Capisce che l’uomo è solo anche nella sua terra, quando nessuno conosce la sua storia. Ma qualcuno quella storia la vuole raccontare. Per la rilevanza storica e d’impegno civile che l’opera intende promuovere, si chiede l’attenzione e sensibilità ai fini di divulgazione e valorizzazione dell’opera, specie per rivolgere ai giovani un messaggio positivo e democratico, ed in difesa della dignità dei cittadini onesti. I fatti narrati si ispirano alla realtà ma i personaggi e i luoghi sono frutto della fantasia dell’autore. Pertanto ogni riferimento a persone o luoghi realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale. Giovanni Frijio 

Dalla Prefazione:

Leggere questo libro vuol dire leggere la storia di tanti giovani meridionali che vissero negli anni sessanta in uno dei paesi del sud, i quali furono e sono ancora oggi costretti ad emigrare. L’autore ha scelto di raccontare questo viaggio scegliendo la forma del romanzo di formazione perché vuole farci partecipi del suo viaggio interiore ed esteriore, perché il racconto vuole seguire l’evoluzione del protagonista verso l’età della maturazione attraverso errori, esperienze, decisioni difficili. Il risultato di questo viaggio è un libro interessante ed attuale poiché quei viaggi continuano e probabilmente continueranno per lungo tempo. Il protagonista di questo romanzo è Giovanni Ferro figlio di un contadino calabrese, di Cutro, che nel dopoguerra, come tanti contadini di quegli anni, pur lavorando duro, incontrava enormi difficoltà a garantire una vita dignitosa alla propria famiglia, per cui dovette prendere, suo malgrado, la triste decisione di emigrare in Germania. Anzi Rocco Ferro fu uno dei primi emigrati da questo paese del profondo Sud. L’autore qui, dunque, racconta una storia reale con un retroterra autobiografico. Anche se attraverso la forma letteraria del romanzo, ci introduce nelle emozioni, nei sentimenti, nei progetti di Giovanni nel loro divenire. Un libro dove l’autore non solo descrive il travaglio interiore delle decisioni del protagonista, ma affronta il dramma dell’emigrazione, le condizioni socio economiche e politiche della Cutro di quegli anni e quelle della Germania, in particolare del capoluogo della Land di Baden-Württemberg Stoccarda, le differenze culturali e di lavoro tra l’Italia, soprattutto del sud, e la Germania, l’organizzazione e la militanza politica nel grande PCI, sia a Cutro che all’estero. Allo stesso tempo ci parla di altre due questioni di grande rilievo di ieri e di oggi: cos’era la politica a Cutro in quegli anni, come si esprimeva la politica per gli emigrati italiani in Germania, e poi della presenza mafiosa e della forza pervasiva di questa organizzazione criminale anche in Germania. Rispetto a questo fenomeno l’autore attraverso il personaggio di Giovanni tocca una corda molto personale che ci fa capire il rigore morale e politico del protagonista, invitando una società spesso superficiale a distinguere tra i mafiosi e chi come lui ha combattuto e combatte la mafia pur avendo una qualche parentela con uno di questi soggetti. Il percorso del Giovane Ferro non è solo geografico, ma è un percorso che descrive la vita e il destino di intere generazioni. È la metafora della nostra terra, in particolar modo del Sud, è la metafora delle vecchie e nuove generazioni, oggi anche dei diplomati e laureati, che devono emigrare per trovare lavoro, è soprattutto la metafora di chi subisce un “trapianto” della terra natia in un’altra terra. Il percorso di Giovanni è travagliato, si dimena tra nostalgia e consapevolezza; ci conduce alle sue radici per farci conoscere dove è cominciata la sua formazione culturale, politica e di uomo. Consapevole che quelle radici influenzeranno la sua vita futura, anche in contesti totalmente diversi sotto il profilo economico, sociale, politico e culturale. Conscio che quelle radici rappresentano un enorme patrimonio di affetti e di valori sui quali potrà sempre contare, ma che per alcuni versi saranno una tara dalla quale è difficile liberarsi. Ma poi ci conduce nel “nuovo mondo”, quello tedesco che, come sempre avviene, lo influenzerà, contribuirà alla sua maturazione. La narrazione è incentrata sulle condizioni esistenziali di un giovane che deve affrontare prima le difficoltà della vita di campagna e poi le vicende sociali e culturali di un Paese senza prospettive, per cui alla fine si trova costretto, come molti altri della sua generazione, ad emigrare in terre lontane. Uno degli aspetti interessanti di questo “racconto” è rappresentato dalla “lotta” del protagonista per respingere le lusinghe della mafia che lo avrebbero voluto arruolare nell’organizzazione criminale. Lusinghe nelle quali cadono vittime tanti imprenditori, professionisti eccellenti e singoli cittadini per calcoli sbagliati o per mera cultura di subalternità. Il protagonista sceglie invece la strada che dovrebbero scegliere i cittadini onesti o semplicemente avveduti, quella di vivere una vita improntata sulla legalità, al servizio della comunità e delle Istituzioni in cui operano. Giovanni dimostra nei fatti che questa scelta è la più giusta, anche quando è lastricata di incomprensioni di amici e compagni, è una scelta che paga, anche quando costa amarezze e delusioni, come dimostrano gli attestati di stima e le onorificenze che ha ottenuto durante il suo percorso di vita. La questione della mafia va affrontata, rifuggendo da letture fallaci e sbrigative che spesso vengono utilizzate quando si affronta l’argomento: la mafia non esiste, tutti sono mafiosi, la mafia c’è stata sempre ……. Il punto è che la mafia, meglio dire le mafie, non sono state ancora sconfitte perché ci sono intrecci di interessi politici ed economici con una parte delle classi dirigenti del Paese, con settori deviati dello Stato e della Massoneria e con una cosiddetta zona grigia affollata da imprenditori, professionisti e cittadini comuni che l’alimentano. Oggi rispetto alle narrazioni che se ne davano fino a qualche anno fa, bisogna solo aggiungere con chiarezza che il fenomeno mafioso non riguarda soltanto le aree meridionali ma tutto il Paese, come dimostra il processo Aemilia. Di ciò per fortuna, dopo un periodo di sottovalutazione del fenomeno, che rasentava una certa criminalizzazione dei meridionali e in particolare dei cutresi, sé passata ad una lettura più rispondente del fenomeno mafioso in Emilia. Oggi bisogna assumere consapevolezza che le mafie sono un problema nazionale, che per sconfiggerle è necessario agire sui diversi terreni: quello repressivo, quello politico, legislativo, sociale e quello culturale, partendo dai giovani. Un passaggio importante del libro è quello dove il protagonista descrive con imbarazzo e una certa amarezza la differenza tra le condizioni socio-economiche, le condizioni di lavoro, l’approccio politico tra la Germania e l’Italia. Fa rilevare senza giri di parole che i tedeschi hanno un approccio pragmatico ai problemi, dimostrando una cultura della nazione e degli interessi generali che da noi manca. Giovanni fa notare che in Italia siamo presi dagli interessi di parte, il mondo politico è guidato in particolar modo dal calcolo elettorale, finendo per mettere in second’ordine quello della comunità. La politica in Italia, dunque, per Giovanni sconta uno scarto tra proclami roboanti e fatti. Come dargli torto! Le conseguenze di questa cultura politica che s’è fatta strada dopo la fine dei partiti di massa, soprattutto del PCI, sono che tante persone, in particolare quelli di sinistra, rimangono delusi e scelgono la strada del vacuo ribellismo e dell’astensionismo. Questo non è il caso di Giovanni, il quale è consapevole che le risposte non possono venire dai populismi, dai nazionalismi e sovranismi, che aggravano i nostri problemi invece di risolverli. Lo scenario giusto è quello europeo, se vogliamo promuovere un’azione di risanamento e di rilancio su basi nuove del nostro Paese. Il protagonista di questa storia, che ha conosciuto momenti davvero difficili, che ha assaporato la miseria, che ha vissuto e, nei fatti continua a vivere, una vita da emigrato nel nord Italia, potrebbe cedere alla rabia, potrebbe rifugiarsi, come oggi è di moda, nel qualunquismo o nel ribellismo, ma non lo fa. Forte della sua solida formazione e militanza sindacale e politica, della sua formazione umana, si pone come cittadino del mondo con una visione nuova, più matura, e decide di continuare la sua battaglia con le armi della cultura. Attraverso questo libro il personaggio principale della narrazione si pone l’obiettivo di aprire una riflessione, un confronto sui temi che lo hanno visto protagonista. Consapevole che gli episodi, i fatti, le situazioni che sono narrate in questo testo appartengono certo alla vita di Giovanni, ma sono problemi che vanno molto aldilà della sua persona. Sono fatti e situazioni che chiamano in causa la Germania che offre lavoro e chiamano in causa soprattutto le politiche del nostro Paese verso l’emigrazione, le mafie, i problemi del Mezzogiorno, del lavoro, il modo di fare sindacato e di fare politica. Insomma chiamano in causa ognuno di noi. Senatore Maurizio Mesoraca

Giovanni Frijio è nato a Cutro nel 1951, ma giovanissimo è emigrato in Germania, ove ha svolto attività lavorativa, ma soprattutto politico-culturale e sociale. Ha svolto per diversi anni attività politica nell’organizzazione estera del PCI, ricoprendo la carica di segretario organizzativo della locale federazione di Stoccarda. È stato tra i fondatori dell’associazione Alcide Cervi di Stoccarda di cui fu eletto Presidente alla presenza di Giuliano Pajetta. Tra i fondatori dell’Arces, (Associazione Ricreativa, Culturale, Emigrati e Sportiva) di Weinstadt e del circolo Calabria del Rems-Murr, due associazioni molto attive in Germania. Ha fatto parte per alcuni anni di organismi di emanazione consolare come Coascit e Coemit (attuali comites), per 16 anni delegato sindacale provinciale a Stoccarda e per 20 membro di commissione interna di fabbrica, come anche della Filef e per 12 della Consulta della Regione Calabria per l’emigrazione. Coordinatore politico del PDS – DS Germania dal 1997 a 2002, anno del suo rientro in Italia. Premiato dal Bruzio C 3, in campidoglio in presenza del ministro del lavoro Tiziano Treu. Ha pubblicato “I primi veri cittadini europei”, Laruffa Editore. A testimonianza del suo impegno, con decreto del 22 Novembre del 2010 il presidente della repubblica GIORGIO NAPOLITANO gli conferisce l’onorificenza di, CAVALIERE DELL’ORDINE AL MERITO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, contro firmato dal presidente del consiglio ON SILVIO BERLUSCONI. Nel marzo del 2022 pubblica il suo secondo libro dal titolo:

IL CORAGGIO DI VIVERE NELLA LEGALITA.

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