By Pasquale Hamel - La Sicilia è terra di scrittori. Nessuna regione italiana, dopo l’unità del Paese, può vantare la presenza di tanti letterati, di alto livello, come la Sicilia. Non senza esagerazione si potrebbe dire che la grande cultura letteraria italiana si è espressa, soprattutto in questo secolo e mezzo,

attraverso la voce dei Siciliani, tanto da potere, tranquillamente, smentire l’assunto consolidato di una sua presunta marginalità culturale, oltre che geografica, nel contesto nazionale. I Siciliani hanno, attraverso i loro letterati, dunque contribuito alla unità del Paese e a rassodare i legami fra cultura e società, raccogliendo l’invito del d’Azeglio quando affermava che, fatta l’Italia bisognasse formare gli italiani. Giovanni Verga, Luigi Capuana, Mario Rapisardi, Federico De Roberto, che pur non essendo siciliano visse sempre in Sicilia, Luigi Pirandello, Salvatore Quasimodo, Elio Vittorini, Vitaliano Brancati, Giuseppe Tomasi di Lampedusa o Leonardo Sciascia, per solo parlare dei più noti, sono stati letterati siciliani ma sono stati, sicuramente, sopratutto letterati italiani, tanto da potere rappresentare, da soli, rappresentare la cultura letteraria del nostro Paese. Si può dire che i Siciliani hanno, dunque, elaborato come portato specifico e contributo alla costruzione del Paese, la passione letteraria, riversando proprio l’attitudine a raccontare e raccontarsi come carattere specifico, in quella nazionale, come sottolineava Giovanni Gentile, il più grande filosofo italiano del novecento, anch’esso siciliano. Per tutto questo si può ancora aggiungere, senza con ciò essere accusati di localismo, che quella siciliana è dunque cultura nazionale ma, anche, cultura europea, se è vero che ciascuno dei suoi autori, nonostante tutto, ha dato un proprio originale contributo alla formazione della cultura del vecchio continente alla quale, rubando la frase al Gattopardo, é possibili dire che abbia dato il suo “la”. Potremmo, senza essere tacciati di esagerazione, affermare che questo immenso patrimonio è, dunque, il portato specifico di una terra che si è sensibilizzata, almeno nei suoi livelli alti, con le migliori espressioni presenti nel tessuto culturale europeo. Ma la Sicilia ha, anche recato, proprio attraverso i suoi letterati, un forte carico identitario così da essere capace di far sentire la propria voce colta al di là degli stretti confini segnati dal mare. Letterariamente diciamo, dunque che la Sicilia ê un pezzo forte d’Europa, ammorbidita da dolci richiami all’Oriente. Ma la Sicilia ê anche un’isola. Sicuramente, fisicamente isola che culturalmente isola non è. «Terra impareggiabile», come la definiva il poeta della barocca Modica, orgogliosa anche per l’antica attitudine a metabolizzare il portato culturale dei popoli che l’hanno incontrata, ma, paradossalmente, non isola, cioè senza confini o limiti che ne potessero in qualche modo soffocare l’espansione spirituale. Una virtù che ha consentito la dilatazione degli spazi, che ha nutrito l’orrore per il ghetto, la propensione al dialogo, al confronto, generando vocazioni alla convivenza, alla tolleranza e, in ultima analisi, alla pace. Ecco, dunque, un modo per tradurre oggi la sibillina frase di quel Goethe, sommo poeta tedesco, che la visitò alla fine del XVIII secolo per il quale Sicilia era la chiave di tutto e che proprio in ragione di ció, per conoscere l’Italia bisognasse prima di tutto conoscere quest’isola.

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