Vi proponiamo la sintesi dell’intervento di Filippo Falcone nell’ambito del seminario di studio “” A futura memoria”, perché i giovani sappiano. Calogero Boccadutri (foto accanto), un compagno siciliano”. Il seminario si è svolto il 13 novembre scorso ed è stato organizzato dalla Rete Universitaria Mediterranea (RUM),

dall’Università degli Studi di Palermo, dalla Società Dante Alighieri di Palermo, dal Museo Antonio Pasqualino e dalla Fondazione Ignazio Buttitta. Ormai da anni Filippo Falcone si occupa dello studio della Sicilia in età contemporanea, con un interesse particolare alle lotte operaie e contadine accadute nella nostra provincia. Da pochi giorni è uscito il nuovo libro di Falcone dal titolo Sovversivi, edito da Salvatore Sciascia, sulle figure dell’antifascismo siciliano nella provincia nissena. Dall’intervento di Falcone al seminario di studio su Boccadutri emerge quella parte di Caltanissetta che non si è piegata al regime fascista, combattendolo duramente. Questo, l’articolo di Falcone: «La figura di Calogero Boccadutri nella storia dell’antifascismo nisseno e siciliano si avvia nella metà degli anni Trenta, quando il fascismo si è ormai consolidato in tutta la Penisola. In quel clima di asfissiante conformismo, vi sono però settori della società che non si rassegnano all’indottrinamento di regime e alle libertà negate. Tra questi, in Sicilia, molto attiva si presenta la provincia di Caltanissetta, dove operano già da tempo cellule clandestine. I documenti d’archivio ci indicano che, in quella fase, il Nisseno, in ambito regionale, rappresentò l’organizzazione clandestina antifascista, soprattutto di matrice comunista, più attiva in Sicilia, con ramificazioni anche in altre realtà provinciali come Palermo, Catania, Agrigento, Ragusa. Così come non mancò di collegamenti con il centro del Partito comunista – allora a Milano – per avere indirizzi, direttive, materiale. Un ruolo importante in questo ebbe proprio il giovane comunista Calogero Boccadutri. Boccadutri era nato a Favara il 22 luglio 1907. Il suo incontro con l’organizzazione clandestina comunista, si ebbe, dicevamo, a metà degli anni Trenta; lo avrebbe successivamente raccontato lui stesso. Dirà in merito: «Uno dei primi contatti, dopo varie difficoltà, lo ebbi con un certo Arcadipane, di Santa Elisabetta, il quale mi disse che mi avrebbe indirizzato da un compagno di una certa importanza. Successivamente infatti mi incontrai con Totò Di Benedetto con il quale, dopo un primo momento di titubanza, ci accordammo circa il lavoro da fare per il partito». Ricordiamo che, in quella fase, Salvatore Di Benedetto era uno dei maggiori dirigenti comunisti in Sicilia, con contatti con il partito nazionale a Milano; sarà poi anche parlamentare del Pci nel dopoguerra. Boccadutri, nelle sue testimonianze, ci dice che l’incontro con Di Benedetto avvenne a Raffadali, e che, successivamente, si recò a Favara dove fu costituta una prima cellula comunista. L’incarico affidato a Boccadutri era infatti quello di costituire cellule nei paesi vicini e tessere collegamenti in varie realtà come Canicattì, Ribera, Campobello di Licata, Ravanusa e Modica. A Caltanissetta alcune cellule erano già operanti nelle miniere Trabonella e Gessolungo, ma anche tra i ferrovieri, gli edili e gli artigiani. Molto attive erano anche le cellule inserite in realtà minerarie come Sommatino e Riesi. A Sommatino si poteva contare sulla famiglia Auria, su Giovanni Vendra, su Ignazio Russo ed altri. A Riesi c’arano il vecchio militante Filippo De Bilio, Antonio e Ferdinando Di Legami, Francesco Di Termini, Gaetano Sessa, Giuseppe Pesce ed altri. Qui molto attivo era il gruppo della comunità valdese. A Mazzarino i contatti erano tenuti con il socialista Marino. Ma, assieme alle citate cellule, in quella fase, va anche ricordato il numeroso gruppo socialcomunista di Serradifalco, guidato da Gioacchino Ricotta; quello di Niscemi, con in testa il militante Salvatore Di Noto (entrambi poi uccisi dai fascisti), ed ancora Onofrio Tramontana, Di Martino ed altri. A Gela si poteva contare soprattutto sulla figura dell’anarchico Gaetano Di Bartolo. Intanto, per incarico di Di Benedetto, Boccadutri si era trasferito a Caltanissetta, dove aveva trovato lavoro, prima nella miniera di Gessolungo e poi in quella di Trabonella. Nella città si era subito collegato con antifascisti come Pompeo Colajanni, Nicola Piave e Gino Cortese. Tra il 1934 e il 1935, su incarico del Pci siciliano, si recherà a Milano, come ricorderà successivamente lui stesso. «Durante il viaggio dovevo incontrarmi con un compagno, un farmacista, il quale dopo la consueta parola d’ordine, mi consegnò del materiale, che poi io consegnai all’indirizzo di Milano che mi era stato dato. Da qui presi personalmente direttive dal centro del partito, allora con sede in quella città». Sempre in quel periodo, nonostante l’Ovra fosse molto attiva a Caltanissetta, in occasione della visita di un alto gerarca fascista, Boccadutri organizzò, di notte, scritte sui muri della città con slogan contro il fascismo e la guerra di Spagna; soprattutto nella zona molto frequentata del mercato. Erano tutti segnali che qualcosa si muoveva, che vi erano gruppi e settori della società che non si omologavano e che combattevano come potevano il regime. Assieme a Boccadutri vanno ricordati, in quelle operazioni, giovani militanti come Angelo Beretta, Emanuele Macaluso, Fontano Riccobene ed altri. La loro azione antifascista in quegli anni fu sempre costante. Un fatto importante nell’attività antifascista di Boccadutri avvenne nella primavera del 1943 con l’incontro con Elio Vittorini, venuto in incognito in Sicilia su mandato del partito nazionale. La vicenda è stata ripresa, tra l’altro, anche da Leonardo Sciascia in un articolo del 1966, in occasione della morte di Vittorini, ricordandone l’uscita dal partito e il sarcasmo di Togliatti. Sciascia sottolineava in quell’occasione che Vittorini, sì era rimasto solo, ma non per aver perduto la compagnia di uomini come Togliatti, ma per aver perduto compagni come Boccadutri. Ritornando a quella presenza di Vittorini a Caltanissetta, nell’occasione si decise che i comunisti siciliani preparassero un convegno clandestino da tenersi a Lentini, con lo scopo di discutere la linea politica che il partito avrebbe intrapreso, in vista dell’imminente sbarco angloamericano. La linea era quella dell’apertura alle altre forze e figure antifasciste (si pensi, nel territorio nisseno, ad esponenti cattolici come Alessi e Aldisio o all’aventiniano canicattinese Guarino Amella). Secondo le direttive di Vittorini, venne quindi indicato un percorso organizzativo, che poi culminò con il citato appuntamento di Lentini, al quale parteciparono una ventina di delegati provenienti da quasi tutte le province; tutti si trovarono sulla comune linea di unità antifascista. Nell’occasione si diede anche incarico a Boccadutri di far stampare un giornale regionale delle forze democratiche. Il giornale doveva essere stampato nella tipografia dei fratelli Casuccio a Campobello di Licata, ma le operazioni alleate già in atto bloccarono l’iniziativa. Boccadutri dovette infatti tornare indietro, recandosi prima nel suo paese natale Favara e, dopo qualche giorno, facendo ritorno a Caltanissetta. Qui riprese a lavorare per il partito e per la riorganizzazione della città, che usciva dai massacranti bombardamenti di quelle settimane. Ormai il fascismo era al suo epilogo e la Sicilia sotto amministrazione alleata. Nel nord del Paese si apriva invece la drammatica fase della Resistenza. Il dopoguerra sarebbe stato caratterizzato nell’isola da forti lotte contadine e minerarie, alle quali Calogero Boccadutri mai avrebbe fatto mancare il suo impegno in prima linea. Dopo una lunga militanza sarebbe morto il 17 luglio 1992. È oggi utile ricordare figure come Calogero Boccadutri e quella generazione di militanti democratici. Ciò almeno per tre ragioni:

• intanto per capire chi siamo oggi e chi siamo stati ieri, cioè il percorso dal quale proveniamo;

• perché le varie forme di lotta del passato, ma anche di cultura, ci possano – in questi tempi di così forti inquietudini – essere di aiuto anche come strumenti per difenderci da nuove, e forse ancor più insidiose, forme di sofferenza, di sfruttamento, di disuguaglianza.

• Infine perché il patrimonio ideale che traspare dalle vicende umane e politiche di personaggi come Calogero Boccadutri, può indicarci una strada per una trasformazione vera della società, dove si possa guardare finalmente il cielo con la speranza che il futuro sia davvero migliore».