Di Gianni Pezzano - Quando parliamo della nostra identità da italiani spesso la definiamo dalle nostre origini geografiche, dalla nostra lingua e molto spesso anche dalle nostre tradizioni e usanze. Utilizziamo questi fattori per formare un ritratto di quel che sarebbe “l’italiano tipo”,

ma se utilizziamo le tradizioni come il metro della nostra identità ci troviamo in una situazioni complicata perché molto spesso non sono così solide come pensiamo. Per gli italiani all’estero le tradizioni sono ancora più importanti perché sono la nostra ciambella di salvataggio per tenere a un’immagine che, come tutto nella vita, è destinata a cambiare, come è già successo e continuerà a succedere dappertutto, compreso nel Bel Paese.

LE OCCASIONI PIÙ TRISTI

Quando è morto mio nonno materno nel 1968 la notizia è arrivata via telegramma alle 9 di sera. Dopo le urla di mia madre e la tristezza di mio zio, suo fratello, è iniziato il giro di telefonate per avvisare amici, parenti e compagni di lavoro che i programmi stabiliti per i prossimi giorni erano mutati. Per mio fratello ed io la sorpresa più grande è stato il giorno dopo con l’arrivo di amici di famiglia con pacchi e cibi per il nostro pranzo e anche la cena e si è ripetuto fino al giorno dopo il funerale. Alla mia domanda di perché, mamma mi ha detto semplicemente, “È la nostra tradizione”. Nel mio viaggio in Italia nel 1980 è morto il patrigno di mia zia di Adelaide e sono andato al suo paese per dare le condoglianze alla madre che erano vissuti ad Adelaide per qualche anno. Ho avuto una sorpresa enorme nel vedere quel vecchio caro uomo disteso sul letto come fosse addormentato, con le tende chiuse e, la sorpresa più grande, tutti gli specchi della casa coperti. Di nuovo alla mia domanda a nonna al ritorno al nostro paese la risposta di nonna è stata la stessa di mamma 12 anni prima “È la nostra tradizione”. Mi ricordo questi episodi ogni volta che leggo gli annunci funebri di italiani in Australia sui siti dei quotidiani del paese. “No lutto” è la frase che ora appare in quasi gli annunci. Pochi ora fanno il lutto stretto e certamente i giorni per portare cibi agli amici sono spariti quasi del tutto. Benché solo pochi anni fa sono stato a un funerale dove la presenza delle tradizionali “prefiche” che hanno urlato all’entrata della bara ha dimostrato che c’è ancora chi tiene alle vecchie usanze. Ora la tradizione italo-australiana, almeno ad Adelaide, ha avuto un altro cambio molto inatteso. Non è raro ora che alla fine della messa di suffragio che amici e parenti fanno un’eulogia del defunta o la defunta di turno secondo la tradizione anglosassone. Alcuni sono semplici, ma a volte la sguardo infastidito del prete tradisce il fatto che i contributi sono troppi lunghi e a volte anche inappropriati. Infatti, mia madre odiava così tanto questa “tradizione nuova” che quando è arrivata all’ultima fase della sua malattia il suo diktat era perentorio, “NESSUNA EULOGIA!!!”. Ho il sospetto che sia l’ultima ad avere quel pensiero.

LE OCCASIONI PIÙ FELICI

Negli anni 60 e 70 era facilissimo capire i candidati italiani alle parrocchie durante le prime comunioni e le cresime. I vestiti di figli degli immigrati italiani erano i più elaborati e quasi tutti mostravano orgogliosamente le medagliette in oro inviate da nonni in Italia per le occasioni. Difatti, molto spesso succede ancora oggi, ma non ai livelli di quegli anni della prima generazione. Ma i cambi di tradizione tra gli italo-australiani ora si notano di più nell’altra occasione felice importante, il matrimonio e non solo per via dell’arrivo degli addii al celibato prima e al nubilato poi dove gli italiani cercano di superare le esagerazioni degli australiani che copiano. Nei primi anni, i matrimoni erano versioni nuove del detto famoso “donne e buoi dei paesi tuoi” nelle quali gli sposi erano figli di paesani, o al massimo di corregionali. Ora i matrimoni sono sempre più spesso tra varie nazionalità e quindi, a loro turno, hanno l’effetto di introdurre nuove tradizioni in entrambi le famiglie. Poi, ci sono differenze di tradizioni italiane tra città e città in Australia con l’uso di maestri di cerimonie, l’introduzione di streaming con parenti in Italia al posto degli auguri via telegramma di una volta e ora i cambi continuano a un passo nuovo con coppie che cercano d copiare quel che avevano visto in uno dei nuovi programmi reality, che fanno il giro del mondo e che sono copiati anche in Italia. Questi cambi di tradizione sono evidenti in altre occasioni e particolarmente a Natale con l’introduzione di piatti nuovi australiani e non al tavolo. Benché una volta i dolci dei tavoli natalizi italiani fossero strettamente fatti in caso ora arrivano non solo i panettoni e pandori dall’Italia ora venduti nei supermercati del paese, ma anche il pudding di tradizione anglosassone, come la pavlova e gli altri dolci di origini australiane fanno parte della vita dei nostri parenti e amici in quel paese e che, indubbiamente è ripetuto in ogni paesi di residenza di emigrati italiani. Poi, dobbiamo anche riconoscere che per quanto siano grandi i cambi nelle tradizioni italo-australiane, in molti casi i cambi in Australia a causa degli immigrati, a partire da noi italiani sono stati ancora più grandi.

ANCHE LE RELIGIONI

Le nostre tradizioni comprendono anche la religione, ma in un periodo di famiglie sempre più laiche, per non dire non credenti, non ha più quell’aspetto di una volta in Australia. Certamente ci sono le feste religiose italiane ma i volti degli organizzatori e chi lavoro nelle tende a preparare i cibi che ne sono una parte essenziale dimostra chiaramente che le nuove generazioni non ci tengono quanto i loro nonni. E in questo aspetto spesso facciamo anche lo sbaglio di pensare che italiani siano tutti cattolici perché esistono non solo altri gruppi cristiani, come i Valdesi, molte denominazioni protestanti e anche gruppi ortodossi. Ma un caso recente ha messo in risalto la grandi comunità ebraica nel paese che risale a prima della nascita di Cristo due millenni fa. La controversia sui “Carciofi alla Giudea”, un piatto classico della cucina romana-ebraica, contestata dalle autorità ebraiche a Gerusalemme come non conforme alle loro regole alimentari, ci dimostra un’altra grande tradizione italiana. Non spetta a noi decidere chi abbia ragione, ma il caso ci fa capire benissimo come le nostre tradizioni siano più varie ed estese di quel che spesso crediamo. RICORDARE E CONSERVARE Altri casi, come l’introduzione di Halloween in Italia e che molti giovanissimi considerano una loro tradizione, fanno capire che le tradizioni non sono eterni e immutabili. Senza dimenticare che anche i muovi immigrati nel paese ne avranno un ruolo inevitabile, come hanno sempre fatto gli immigrati in ogni paese, a partire dai nostri emigrati nel corso dei secoli. In ogni caso, dobbiamo ricordare e conservare i ricordi di queste tradizioni del passato perché sono parte integrale del nostro passato e quindi della nostra Storia. Perciò chiediamo ai nostri lettori anche le loro storie e racconti dei cambi delle loro tradizioni personali così il nostro passato non sarà dimenticato. (Gianni Pezzano)