di Pasquale Hamel - Nel dibattito tra Autonomia e sicilianismo, leggo che fra i candidati alla presidenza della Regione siciliana ci sarebbe anche Francesco Busalacchi, già segretario generale della Regione siciliana ed attuale leader di uno dei tanti, insignificanti, gruppuscoli sicilianisti. Persona di grandi qualità che, non ho riserve ad affermarlo, sono certo che ha non solo molti punti in più rispetto ai nomi che circolano ma che certamente, al di là degli slogan che i suoi concorrenti diffondono, saprebbe rimettere in sesto la Regione e, come naturale ricaduta visto che nell’isola molto dipende dall’istituzione autonomistica, anche la Sicilia. L’Assemblea Regionale Siciliana, parte fondamentale dell’Autonomia. Forse anche del sicilianismo… Quel che non mi convince sono però le posizioni del Busalacchi, le letture poco aderenti alla realtà della storia siciliana e della storia autonomistica a cui si affida. Anche perché, queste letture, non costituiscono solo libere esercitazioni intellettuali per cultori della materia. Esse hanno, per chi le pratica, profonde ricadute sull’azione concreta e sul senso e sul significato da dare al progetto autonomistico. Bisogna infatti, e questo mi pare che non affascina il candidato presidente, prendere atto di quello che è la realtà presente. Bisogna prendere atto, cioè, che le ragioni di quell’Autonomia “sbagliata” – la considero tale senza con ciò compromettere in un giudizio negativo le grandi passioni che animarono i cosiddetti “padri dell’Autonomia” – non esistono più. Che da allora tutto è cambiato. E sostenere certe idee significa non amare questa terra e condannarla a coltivare solo rancorosi risentimenti. Considerare la Sicilia una sorta di Stato nello Stato è solo una presunzione sovrana e, per di più, inutile. Di più, è una posizione controproducente per il futuro dell’isola. Il destino della Sicilia, e credo che Busalacchi, gran conoscitore della macchina amministrativa e non solo burocrate con quel che oggi significa quel termine, è di essere parte d’Italia e parte d’Europa. Voterei, dunque, Busalacchi per le qualità che gli riconosco. Ma solo se, invece di portare una proposta politica senza storia e senza futuro, fosse portavoce di una proposta realistica, capace di raccogliere il consenso anche delle forze presenti nel panorama politico siciliano, naturalmente con l’eccezione di chi pensa che per governare basti la bacchetta magica o che tutto si possa ridurre a slogan come il taglio delle indennità parlamentari. Non lo voterei, sconsigliando qualche amico a votarlo, se dovesse essere solo il candidato del rancore nostalgico avvitato attorno a formule obsolete che servono solo a illudere la gente. Perché così sarebbe un candidato sprecato. di Pasquale Hamel