Da alcuni anni il sistema pensionistico italiano è in continua evoluzione. Numerose sono state le riforme e gli aggiustamenti con conseguenze talvolta anche negative sui diritti e sulle aspettative degli italiani in Italia e degli italiani all’estero ai quali solitamente si applicano le norme nazionali con i correttivi e le tutele delle convenzioni internazionali di sicurezza sociale. Il risultato più manifesto delle riforme è stato l’innalzamento dell’età pensionabile sia per gli uomini che per le donne, anche ovviamente per coloro residenti all’estero i quali hanno attivato o attiveranno il meccanismo della totalizzazione. La volontà del Governo di introdurre la flessibilità in uscita (opzione che potrebbe essere esercitata a talune condizioni anche dai nostri connazionali) non ha trovato spazio nella legge di stabilità per il 2016 dove invece sono state approvate leggi “tampone” come la proroga di un anno dell’opzione donna, la settima salvaguardia per gli esodati e il part-time agevolato per chi è prossimo all’età pensionabile, misure quest’ultime che non hanno praticamente interessato gli italiani all’estero. Tuttavia sul tavolo del Governo e del Parlamento, con lo stimolo e la collaborazione dei sindacati, sono in discussione alcune ipotesi per attuare la flessibilità in uscita con la prossima legge di stabilità o anche prima con norme ad hoc. I sindacati vorrebbero una modifica strutturale della legge pensionistica e di un sistema che permetta di introdurre la flessibilità. Il piatto forte delle riforme allo studio sarebbe il cosiddetto APE, anticipo pensionistico che secondo il Governo dovrebbe consentire il ritiro - con un trattamento ridotto - con tre anni di anticipo rispetto all’attuale età pensionabile (che ricordiamo nel sistema retributivo o misto è, per la vecchiaia, di 66 anni e sette mesi per gli uomini e per le donne nel settore pubblico, e di 65 anni e tre mesi per le donne nel privato, e 66 anni e un mese per le autonome). L’APE, il cui complesso meccanismo non è stato ancora definito, verrebbe finanziato dalle banche e la restituzione da parte dei pensionati avverrebbe con un piano di detrazioni future dalla pensione. Per ragioni tecniche e legali, presumo che sarà molto difficile, se non impossibile, che questo meccanismo di flessibilità in uscita possa essere applicato anche agli italiani residenti all’estero. Potrebbe invece essere interessante per gli italiani all’estero, perché a loro più facilmente applicabile, la proposta di legge dell’ex Ministro del Lavoro Cesare Damiano che prevede una uscita anticipata a partire da 62 anni con 35 anni di contributi (varrebbe in questo caso la totalizzazione con i contributi esteri) con una penalizzazione dell’assegno (nella stessa proposta è previsto un abbassamento dei requisiti contributivi per la pensione di anzianità a 41 anni). Un’altra ipotesi è il ripristino della pensione di anzianità a partire da 62 anni ma con 38 anni di contributi accreditati (anche in questo caso varrebbe il meccanismo della totalizzazione con i contributi esteri): unico problema è che questa ipotesi non prevede una penalizzazione per l’uscita anticipata e sarebbe quindi più onerosa delle altre. Infine sul tavolo della discussione e delle trattative c’è la possibilità di andare in pensione prima a condizione che il calcolo sia fatto tutto con il sistema contributivo che, come sanno gli esperti, è molto più penalizzante sull’importo. Le ipotesi di riforma ovviamente non si esauriscono qui, si sta infatti discutendo sull’ampliamento della platea avente diritto alla 14ma, su procedure più vantaggiose per la ricongiunzione, sull’ulteriore estensione della “no tax area”, ed altro. Personalmente, continuerò a vigilare e verificare che nella discussione siano tutelati i diritti degli italiani residenti all’estero (come abbiamo fatto con la legge sulla “povertà” dalla quale abbiamo fatto stralciare ogni riferimento alla razionalizzazione delle prestazioni assistenziali erogate all’estero dall’Inps) e a tenere informati i nostri connazionali di ogni provvedimento che li può riguardare con l’obiettivo di consolidare e migliorare il sistema di leggi e norme che disciplina la tutela socio-previdenziale del mondo dell’emigrazione.