Non vogliamo, non possiamo e non ci pare corretto entrare nel merito della vicenda che ha decapitato la giunta regionale della Regione Abbruzzo. Non è certo compito nostro e riteniamo che la giustizia debba fare il suo corso, che siamo sicuri, perverrà in breve tempo alla verità sull’intera vicenda. Ma vogliamo invece analizzare un comportamento politico che non solo ci sembra di grande responsabilità, ma denota la personalità e la coscienza politica di Ottaviano Del Turco, che in un momento così delicato della sua vita e della vita della Istituzione che era stato chiamato a dirigere, ha preferito fare un passo indietro, autosospendendosi dal PD e dimettendosi dalla carica che fino all’altro giorno ha rivestito. Una condotta di gran lunga diversa di quella che altri uomini politici hanno mantenuto e mantengono di fronte a vicende giudiziarie che li hanno visti implicati, se non addirittura condannati. E’ pure vero, e noi siamo profondamente d’accordo, che fino a quando non ci si trova di fronte a sentenza definitiva, una persona è da considerare innocente, ma è anche vero che è un problema di etica, di stile, se volete. Altra cosa ad esempio è stato lo stile di Previti, che non solo è rimasto attaccato alla sedia di senatore ed ai privilegi che questo gli conferiva fino alla emissione della sentenza definitiva, arrivata dopo tutta la serie di cavilli inventati dalla difesa nella speranza di arrivare alla prescrizione, ma pretendeva di non essere dichiarato decaduto anche dopo che la sentenza era passata definitiva. Che dire dello stile di Cuffaro, che non solo non si è dimesso, non appena si è aperta l’inchiesta su di lui per i reati di concorso esterno di cui hanno parlato tutti i giornali, ma non si è dimesso nemmeno che era arrivato il rinvio a giudizio. Arrivò allq dimissione, solo dopo la condanna ad oltre cinque anni di reclusione e solo dopo le grandi pressioni dell’opposizione e della stampa che ha lungo hanno suggerito le dimissioni del Governatore della Sicilia, che alla fine, come si ricorderà anche perché è storia recente, si dimise portando per la prima volta nella storia della Sicilia, allo scioglimento anticipato dell’Assemblea. Anche allora, dopo quelle dimissioni, non ritenne di dovere abbandonare temporaneamente la politica in attesa della sentenza della Cassazione, ma si presentò alle elezioni politiche come candidato al Senato, Istituzione alla quale oggi siede con la carica di Senatore della Repubblica, senza che se ne faccia il minimo cruccio o scrupolo. Se ci passassimo il piacere di spulciare l’elenco dei tanti parlamentari nazionali o dei tanti consiglieri regionali, che sono sotto inchiesta e non ritengono di doversi dimettere, ne troveremmo ancora da potere citare, Ma vogliamo chiudere questa nota, citando l’esempio degli esempi, quello del Cavaliere pluri indagato, che è sceso in politica solo per difendere i propri interessi, che già in passato ha condotto una guerra senza quartiere contro la magistratura, definita comunista, ha fatto approvare in Parlamento leggi utili solo alla sua condizione di indagato, che recentemente ha imposto a quel Parlamento che avrebbe tante altre cose urgenti da discutere, tra cui la condizione di povertà verso cui progressivamente scivola il popolo italiano, l’approvazione della legge che sospende tutti i processi delle quattro cariche più importanti dello Stato: il Presidente della Repubblica, che no ne ha di bisogno, il Presidente del Senato ed il Presidente della Camera, anch’essi senza alcuna impellente necessità né immediata né remota di averne la necessità di farne ricorso. Lui, il Cavaliere, che non solo ne ha di bisogno ed ha sollecitato la legge, anzi, l’ha fatta sollecitare e proporre al ministro Alfano, solo a lui serviva questa legge e ne aveva bisogno urgente, prima che arrivasse la sentenza del processo Mils, che si sta discutendo a Milano. Non contento di ciò, oggi annuncia che procederà alla riforma della giustizia e forse anche a ripristinare l’immunità per tutti i parlamentari, privilegio non più in vigore da oltre quindici anni. Ma di questo parleremo in altra occasione. Ora, alla fine di questa nota vogliamo solo complimentarci con Del Turco per l’atteggiamento assunto e per lo stile mostrato, augurando che possa dimostrare la sua innocenza ed in questo modo affermare la sua estraneità ai fatti e la rettitudine nella gestione della cosa pubblica. Ma questo deve essere la Magistratura a dirlo, una Magistratura, che malgrado i ripetuti attacchi del Governo, in Italia è ancora garanzia gi giustizia e di democrazia. Salvatore Augello