La sottosegretaria chiede un vaglio preventivo sui testi dei colleghi. Gentiloni prova a ricucire. I colleghi di palazzo Chigi: richiesta irricevibile, nessuno può commissariarci. La direttiva emanata dopo le polemiche sorte per il caso su Anac e appalti ROMA. Diciassette righe esplosive, che neanche il linguaggio burocratico delle circolari interministeriali riesce a camuffare: d'ora in poi, si legge su carta intestata della Presidenza del consiglio, ogni decreto ministeriale, ogni nomina, ogni singolo atto amministrativo o documento prodotto dai dicasteri - e destinato a transitare da Palazzo Chigi - dovrà essere sottoposto al vaglio preventivo della sottosegretaria Maria Elena Boschi. È un intervento a gamba tesa. In poche ore, mezzo governo è sul piede di guerra. "Non esiste", si inalberano nemici e amici della sottosegretaria renziana, "nessuno può commissariarci". La tensione è talmente alta che alcuni membri dell'esecutivo, rossi di rabbia, bussano alla porta di Paolo Gentiloni. Sono ministri di peso. "Non vi preoccupate - rassicura il capo dell'esecutivo, facendo sfoggio di diplomazia - continuate a lavorare come avete sempre fatto, come se non fosse successo niente". Il diktat è datato venerdì 28 aprile. Lo firma il segretario generale Paolo Aquilanti, ma la regia dell'operazione è proprio dall'ex ministra delle Riforme. È lei, al centro del giallo sul provvedimento che sottraeva poteri all'Anticorruzione di Raffaele Cantone, a pretendere questo brusco giro di vite. L'elenco dei destinatari della missiva è assai vasto: "A tutti i Dipartimenti, Uffici e Strutture", si legge. I toni della circolare, poi, sono diretti, al limite del perentorio. "Si richiama l'attenzione sulla necessità di far pervenire in preventiva visione alla Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio, per il tramite del Segretario Generale, ogni schema del provvedimento, destinato ad essere adottato in forma di Dpcm o Dpr". Ma non basta, perché la casistica è tanto vasta da comprendere quasi ogni passo formale dei ministri: "Le stesse indicazioni - prosegue il testo - dovranno essere seguite per gli schemi di atti amministrativi e per i documenti, di qualsiasi natura, da sottoporre alla deliberazione o all'esame del consiglio dei ministri ". Tutto, praticamente, deve finire sotto la lente della Boschi. L'intervento del segretario generale finisce immediatamente in cima alle preoccupazioni dei ministri, perché l'elenco stilato da Aquilanti è assai stringente e non lascerebbe margine a interpretazioni "flessibili". Secondo la circolare, infatti, l'alert alla Boschi deve precedere ogni successivo passo dei dicasteri: "Prima che lo schema venga trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza unificata o alle Commissioni parlamentari o al Consiglio di Stato o ad altri organi, autorità, istituzioni o enti dei quali sia prevista la consultazione, come pure in caso di consultazione pubblica o quando il provvedimento debba essere rimesso alla valutazione tecnica della Ragioneria generale dello Stato ". Come non bastasse, Boschi pretende anche una sorta di scheda tecnica per ogni iniziativa ministeriale: "Lo schema inviato in visione preventiva deve essere corredato di relazione illustrativa e di tutti gli elementi d'informazione occorrenti". E il controllo sarà capillare anche in "senso inverso", visto che la Presidenza del Consiglio in via preventiva chiederà conto alle altre amministrazioni dei provvedimenti che intendano adottare su proposta dei ministri. Appena giunta a destinazione, la circolare genera un effetto a catena. I cellulari dei ministri iniziano a suonare, sono i massimi dirigenti dei ministeri a lamentare un'inaccettabile ingerenza. La reazione dei ministri è rabbiosa: alcuni di loro si rivolgono a Gentiloni, perché giudicano lo schiaffo inaccettabile e sollecitano una sconfessione immediata. Il premier seda gli animi e invita tutti a procedere come nulla fosse, per il bene superiore della stabilità di Palazzo Chigi, garantendo in prima persona l'agibilità politica dei singoli ministri. di TOMMASO CIRIACO