"Chi vuole bene all’Europa sessantenne deve vivere questa ricorrenza nel modo meno retorico possibile, richiamando l’attenzione sui traguardi raggiunti ma anche su ciò che non va e su come aggiustare la rotta in tempo utile. Personalmente non ho alcuna intenzione di rassegnarmi – come, ne sono certa, molti di voi qui oggi – a vedere l’Unione cadere sotto i colpi che le assestano populisti e nazionalisti. Non ho alcuna intenzione di rassegnarmi all’immobilismo o a piccoli aggiustamenti, nella speranza che prima o poi la bufera si plachi." Così nel suo intervento odierno la Presidente della Camera, Laura Boldrini alla presentazione della “Relazione finale del Comitato di Eurosaggi sullo stato e le prospettive dell'Unione Europea”, cui ha preso parte il sottosegretario agli affari europei, Sandro Gozi, assieme all'ex Ministro Enzo Moavero Milanesi, che lo presiede, Pier Virgilio Dastoli, Tiziana Di Simone, Enrico Giovannini, Eva Giovannini, Simone Fissòlo e Arianna Montanari. "Questo è il regalo più grande che finora è stato fatto a chi vuole disgregare l’Europa. La bufera non passerà da sola. La bufera passerà se sapremo riportare il sereno. Se sapremo quindi rilanciare il progetto europeo, più fedele ai princìpi e ai valori ai quali si ispirarono i Padri fondatori e più attento alla voce dei suoi cittadini, del suo popolo. E proprio le richieste dei cittadini sono alla base del Rapporto che oggi viene presentato. Un rapporto che si inserisce in un percorso avviato proprio qui a Montecitorio quasi un anno e mezzo fa, il 14 settembre del 2015, quando ho sottoscritto – con i miei omologhi Presidenti della Camera bassa tedesca, francese e lussemburghese – la Dichiarazione ‘Più integrazione europea: la strada da percorrere’. La Dichiarazione, partita con 4 firme, è sostenuta oggi da 15 Presidenti di Assemblee. E questo numero non crescerà. È inutile tentare impossibili unanimità. La Dichiarazione esprime infatti una volontà di cambiamento sulla quale non tutti i Presidenti dei Parlamenti Ue concordano. Alcuni preferiscono procedere all’andatura consueta, business as usual. Noi invece siamo convinti che si debba cambiare marcia, oppure la costruzione europea cadrà sotto i colpi dei demagoghi. La Dichiarazione dei 15 Presidenti afferma concetti di peso politico. Dice che per affrontare le sfide globali: 1) abbiamo bisogno di più Europa e non di meno Europa; 2) non possiamo più ignorare la dimensione e l’impatto sociale delle misure economiche e finanziarie; 3) dobbiamo puntare prioritariamente al rilancio della crescita e dell’occupazione; 4) dobbiamo avere il coraggio di condividere sovranità in ampi settori in cui l’azione dei singoli Stati è ormai del tutto inadeguata a fronteggiare la competizione mondiale; 5) dobbiamo avere come obiettivo la creazione di una Federazione di Stati; nella prospettiva, aggiungo io, degli Stati Uniti d’Europa. In questo percorso europeista ho voluto coinvolgere, oltre ai Parlamenti nazionali, pure i cittadini e i giovani in particolare, facendo appello anche all’utopia possibile, come veniva riportato nel video che abbiamo appena proiettato. E così, a febbraio del 2016 ho voluto avviare una consultazione pubblica online sullo stato e le prospettive dell’Unione europea, andata avanti fino al mese di agosto. Oltre diecimila persone hanno risposto alle sette domande elaborate assieme all’Istituto nazionale di Statistica, l’ISTAT, fornendo con chiarezza alcune indicazioni importanti: - che l’Europa ha apportato sinora grandi benefici ai suoi cittadini, primariamente in termini di libera circolazione delle persone, pace e stabilità, scambi culturali e formativi come l’Erasmus. - che tuttavia è stata negli ultimi anni carente in alcuni settori, quelli in cui era chiamata a rispondere alle grandi sfide globali, l’occupazione, la lotta alla povertà, la crescita, l’immigrazione ed è in questi settori che occorre con urgenza elaborare risposte unitarie ed efficaci. - che l’attuale assetto costituzionale europeo è inadeguato ed è dunque una causa della crisi, e occorre procedere verso un’evoluzione dell’Unione in senso federale. - che è necessario procedere ad un rafforzamento della cittadinanza europea, e il modo migliore per farlo è quello di prevedere il diritto di tutti i cittadini a prestazioni sociali comuni, come ad esempio un reddito minimo di dignità. Ed è stato proprio per analizzare e dare seguito a queste indicazioni che ho voluto istituire, nello scorso mese di settembre, il Comitato di ‘eurosaggi’, personalità indipendenti di alto livello, competenti sui vari aspetti giuridici, politici, economici e comunicativi della costruzione europea e in grado di tradurre in proposte concrete le istanze dei cittadini. Non entro nel merito della relazione, che sarà illustrata in dettaglio dai suoi autori. Ci tengo tuttavia a sottolineare alcuni pregi del documento. Il primo è quello di aver evidenziato efficacemente cosa ci unisce come europei e quali sono stati i benefici della costruzione europea nella nostra vita quotidiana. Basterebbe riflettere su questo per capire perché “l’Europa non è affatto da buttare”. Solo alcuni esempi: viaggiare senza cambiare moneta o mostrare il passaporto; poter usufruire dell’assistenza sanitaria ospedaliera in ogni stato dell’Unione; accedere a mutui per casa e auto a tassi d’interesse bassissimi rispetto a quelli applicati negli anni Novanta; acquistare cibo e giocattoli più sicuri e controllati al mondo; sostituire un prodotto acquistato se difettoso; telefonare e inviare sms senza costi aggiuntivi tra un paese e l’altro dell’Unione; accedere al programma Erasmus e ad altri scambi culturali. Per non parlare della tutela dell’ambiente e della lotta all’inquinamento. E tante altre questioni che noi oggi diamo per scontate, mentre sono conquiste faticosamente raggiunte con anni di trattative e negoziati. Oggi l’Europa occupa spesso le prime pagine dei giornali, ma quasi sempre secondo una narrazione negativa, che le addebita le responsabilità di tutti i mali. La relazione dei saggi ci dà invece gli strumenti per promuovere un sentimento di identità e di appartenenza europea, soprattutto tra i giovani. Riconosce però anche i fattori di crisi. Sottolinea che la sfiducia dei cittadini verso l’Unione nasce soprattutto dal disagio sociale: dalla disoccupazione e dalla crescita delle diseguaglianze. Così come mette in luce che paura e insicurezza sono dovute anche alla incapacità di gestire in modo solidale i flussi migratori. La relazione ci dice, insomma, che l’Europa attuale non ci piace ma che può essere migliorata con gli strumenti che già possediamo. Il documento non si limita a fotografare lo scontento: offre invece risposte concrete per rendere l’Unione, già a trattati vigenti, più capace di rispondere ai bisogni delle persone. In particolare, voglio sottolineare la proposta che introduce un reddito minimo di dignità e un sussidio europeo di disoccupazione erogati direttamente dal bilancio comunitario, la cui entità dovrebbe chiaramente avere una portata ben superiore all’attuale. Queste misure, come potete immaginare, cambierebbero radicalmente la percezione dell’Europa da parte dei cittadini. L’esperienza recente ci ha anche dimostrato che la struttura istituzionale dell’Unione non è adeguata rispetto alle sfide globali. Si incentra sul metodo intergovernativo, che esalta gli interessi a breve termine e le logiche di politica interna di ciascun Governo nazionale. La relazione opera a questo riguardo una efficace analisi linguistica dei Trattati in forma di word cloud, che dimostra come le parole significative utilizzate con maggiore frequenza sono: “Unione”, “Consiglio”, “Europeo” e “Membri”. E, a seguire, “Sicurezza”. Questi termini confermano il carattere intergovernativo del Trattato stesso. E trasmettono l’idea di un’Unione di Stati che durante le riunioni del Consiglio o del Consiglio europeo si occupa principalmente della sicurezza del continente europeo. Perché, tra le parole più ricorrenti, non c’è ‘lavoro’? Perché non c’è ‘solidarietà’? Perché manca la parola crescita? La relazione sottolinea, con grande pragmatismo, anche la necessità di prendere in considerazione un’Europa a due velocità o a circonferenze concentriche, in cui si proceda a un’integrazione più stretta fra un gruppo di Stati lasciando agli altri la possibilità di aderire in un secondo momento. Condivido pienamente l’impostazione e ritengo che non si possa più evitare di prendere atto di questo assetto: nell’Unione europea ci sono paesi che vogliono avanzare verso un modello federale e altri invece che non lo ritengono utile. Chi non condivide l’urgenza di procedere verso una maggiore integrazione europea non vi sarà ovviamente costretto ma non dovrà fare da zavorra a quanti invece vogliono il contrario. Sì, quindi, alla doppia velocità. No, invece, alle diverse velocità, no all’Europa à la carte. Cioè all’ipotesi che ogni singolo stato possa scegliersi liberamente gli ambiti a cui partecipare secondo la propria convenienza. Infine, la relazione evoca la necessità di definire una vera cittadinanza europea, un “demos” europeo che si senta partecipe di un destino comune e consapevole che solo attraverso la solidarietà tra Popoli si riuscirà a vivere tutti meglio. Questo lavoro dei saggi costituisce dunque una cerniera, un ponte, tra i cittadini – che si sono espressi mediante la consultazione – e le Istituzioni, nazionali ed europee. Nel ringraziare nuovamente i saggi per il loro impegno e il senso civico, concludo questo mio saluto ricordando le parole di Altiero Spinelli, che ci esortava a non considerare la federazione europea come un bell’ideale astratto a cui rendere omaggio ogni tanto, ma come una prospettiva concreta per la quale impegnarsi e agire. E agire ora". (27/02/2017-ITL/ITNET)