Kennedy presidente ERA L’8 NOVEMBRE QUANDO GLI “AMERICANI” LO SCELSERO 8 Novembre 1960, dopo una lunga ed agguerrita campagna elettorale durata 4 mesi contro

l’antagonista Repubblicano Richard Nixon, il giovane John Fitzgerald Kennedy, all’età di 43 anni, viene scelto dal suo popolo per guidare la nazione più potente del mondo. D’origini irlandesi, detto “Jack”, il 35° Presidente degli Stati Uniti d’America, il più giovane eletto dal popolo, è anche il primo nato nel XX secolo, di religione cattolica e il quarto assassinato durante un mandato. In quel lungo giorno d’autunno di 56 anni fa, il sogno “americano” di ora in ora prende forma e realtà e le radio di tutto il paese, i pochi televisori, i fotoreporter, i rotocalchi esaltano la notizia davanti ad mondo in trepida attesa. Sono i favolosi anni sessanta, quelli del Rock and roll, delle Cadillac, della speranza e di un occidente in rapida ascesa economica. In Europa è tempo di “Cortina di Ferro” in piena Guerra Fredda e nella nostra “piccola” Italia c’è Antonio Segni a Palazzo Chigi e Giovanni Gronchi al Quirinale. John Kennedy prende il posto del “generalissimo” D. Eisenhower  strappando di misura la vittoria a Nixon con un 49,7% dei voti contro il 49,5%. Quasi 69 milioni i votanti e al termine della tornata elettorale 303 i grandi elettori assegnati al Partito Democratico e 219 a quello Repubblicano. Diverse e molteplici le motivazioni della vittoria del giovane deputato del  Massachusetts, in gran parte avvenuta nei popolosi stati del Sud e della costa Est. Oltre alla grande e “discussa” influenza sull’elettorato del padre Joseph P. Kennedy, sposo di Rose Fitzgerald, allo strepitoso fascino della moglie Jacqueline Lee Bouvier e all’impatto mediatico emotivo che “John” riusciva a trasmettere nel cuore della gente, il merito è soprattutto anche da attribuire allo storico confronto/scontro televisivo con Nixon, in cui riesce praticamente a convincere quella parte di elettorato ancora indeciso. La personale storia di combattente ed eroe della Marina che salvò decine di suoi commilitoni durante l’affondamento della nave da guerra su cui viaggiavano è stata – ovviamente - la ciliegina sulla torta che ha reso possibile l’intera successo politico.     

E’ appurato ormai il fatto che, quella del ’60 è la prima vera grande elezione in cui i mass media hanno contribuito in maniera essenziale alla vittoria di un candidato.

Il 20 gennaio del 1961 presta giuramento e schiera una squadra di governo di tutto rispetto; all’ex sfidante nelle primarie Lyndon Johnson gli affida la Vice Presidenza, al fratello Robert “Bob” Kennedy la giustizia, al giovane Robert MacNamara l’importante apparato della Difesa e al Capo di Gabinetto Kenneth P. O'Donnell il ruolo di “facente funzioni”. Celebre il suo discorso d’insediamento in Campidoglio, e ancor di più la frase che ha fatto il giro del mondo; “Dunque, miei concittadini americani, non chiedete cosa il vostro paese può fare per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese”.

 

 In soli 3 anni di “comando”, Kennedy, nonostante la sua inesperienza affronta e risolve magnificamente problematiche di rilevanza planetaria e ancora oggi molte di quelle difficili decisioni da lui prese, talvolta in maniera sofferta, lo rendono uno dei migliori leader che il mondo occidentale abbia mai avuto. Epura, dopo la fallimentare operazione della Baia dei Porci, l’onnipotente Allen Dulles al vertice della CIA, tiene testa all’intransigente Nikita Kruscev durante la delicatissima Crisi missilistica di Cuba, blocca l’intervento militare con Castro, apre al dialogo con gli Afro-Americani appoggiando fortemente l’integrazione razziale e si impegna in maniera decisa per i programmi spaziali. Ma anche in politica interna emana importanti leggi sull’istruzione, sulla parità sociale dei diritti civili, e contro le discriminazioni in ogni luogo; pubblico e privato. 

Nonostante i tanti ammiratori, le ottime riforme, la fama di latin lover e la splendida famiglia che lo adorava, il giovane Presidente “Americano” purtroppo aveva anche molti nemici, tra i poteri forti e in seno alla sua stessa nazione. A Dallas, il 22 novembre del ’63, finisce inesorabilmente l’epopea meravigliosa di questo straordinario uomo, padre di due figli (Caroline e John jr.) e che, ancora oggi, continua a far parlare di se. L’intenso mistero di quel maledetto viaggio in Texas ancora rimane tale e tante, troppe e oscure le contraddizioni e le mancate verità che lo avvolgono. Con lui non muore soltanto un leader carismatico e un vincente, ma un simbolo eterno; quello della rinascita e del sogno di libertà che ha contraddistinto in maniera indissolubile il secolo Novecento.  (Mirko Crocoli)