ACHILLE LAURO E CRISI DI SIGONELLA 30 ANNI DALL’ULTIMO SUSSURRO DI SOVRANITA’ NAZIONALE  Prendi una bella nave da crociera battente bandiera italiana; un piccolo ma agguerrito commando di spietati terroristi a bordo; aggiungi un boeing 737 fermo su una base NATO siciliana, in attesa di ordini,

per di più attorniato da diverse forze di polizia e militari statunitensi della Delta Force. Somministra una dose di tre cerchi concentrici attorno al velivolo appartenenti a due nazioni alleate in tempo di pace, mescola il tutto e sul finale guarnisci con una lunga telefonata in piena notte tra due potenti capi di Stato. Cosa essenziale; non dimenticarti il morto, naturalmente.
Il soggetto e la storia sembrerebbero dei più fantasiosi, il contesto molto avvincente, in stile Hollywoodiano e la trama sempre attuale. Peccato però che questo non è un film, non è finzione cinematografica ma ciò che è realmente accaduto i primi giorni d’ottobre di trent’anni fa, sul nostro suolo, con il dirottamente dell’Achille Lauro seguito dalla cosiddetta “crisi di Sigonella”. Mai era successo (in era post bellica) che la piccola Italia dichiarasse “guerra” in tempo di pace ai grandi amici a Stelle e Strisce e che il numero 1 di palazzo Chigi sfidasse in maniera così eclatante l’autorità dell’inquilino della White House. Un presidente, Ronald Reagan, il cui potere alla metà degli anni ottanta (in pieno declino URSS) era da considerarsi indiscusso. E’ lui, l’ex show-man - infatti - il padrone del globo in quegli anni, dopo aver messo in seria difficoltà l’anziano Breznev e tenuto in pugno il buon Gorbaciov.

Tutto accade in soli 5 giorni, dal 07 al 12 ottobre ‘85, ed inizia proprio con il dirottamento del transatlantico Achille Lauro nelle splendide coste egiziane. Quattro uomini del Fronte per la Liberazione della Palestina (FLP), braccio armato e dissidente dell’OLP di Arafat, si impossessa il giorno 7 (poco dopo le ore 13:05) del transatlantico napoletano minacciando l’uccisione di tutti i passeggeri.

Cominciano in successione 48 lunghe ore di estenuanti trattative, riunioni notturne e prese di posizione da entrambe le parti.

Battino Craxi (Primo Ministro), Giulio Andreotti (Affari Esteri), Giovanni Spadolini (Difesa), Mino Martinazzoli (Guardasigilli), Fulvio Martini (Capo Sismi), Ronald Reagan (Presidente USA), Arafat (Leader OLP) e Abu Abbas (FLP); questi gli attori principali dell’intera vicenda. Sulla prua dell’Achille Lauro sventola il tricolore, dunque si sta operando in territorio italiano! Questione di Roma insiste il “Re” del Garofano. A bordo viene assassinato e poi gettato in mare un passeggero di nazionalità statunitense di nome Leon Klinghoffer. Per Reagan, il terrorismo internazionale è affare di Washington e non di un piccolo “satellite” come il nostro. Vedute discordanti, inconciliabili, nettamente agli antipodi. E allora cosa fare?

La cosa appare sempre più complicata, ma ecco che entra in scena il “Divo” Giulio, l’onnipotente, che in virtù degli ottimi rapporti poi venuti alla luce grazie al segretissimo “Lodo Moro” si appella ai Palestinesi. E’ Arafat il contatto giusto, ed è proprio a lui che i governanti del Bel Paese chiedono aiuto. Yasser decide così di prendersi carico della liberazione e della resa dei terroristi nell’unico modo possibile: convincere il capo assoluto del Fronte di Liberazione Abu Abbas e costringere al ritiro i suoi 4 uomini sulla “Lauro”. Tutto sembra procedere al meglio, con l’accordo di liberazione degli ostaggi in cambio di un salvacondotto per i sequestratori. Al comandante della nave viene ordinato di approdare in Egitto, dove un boeing 737 con a bordo Abbas e alcuni diplomatici egiziani attendono i terroristi. Il governo del Cairo non li vuole, troppo grande e scottante la faccenda e così, pur di farli sparire in tempi rapidi dal proprio suolo, si opta per la via di Tunisi, tramite il volo Egyptair 2834. 

Comincia l’inferno in volo! Caccia statunitensi decollati dalla portaerei Saratoga seguono a distanza ravvicinata il boeing ma ne la Tunisia, ne Malta e tantomeno Israele accordano e autorizzano l’atterraggio. Un rebus. Dove farlo sostare? Dopo diverse concitate ore nei cieli del Mediterraneo inizia a scarseggiare il carburante e quindi c’è solo una possibilità prima dello schianto: l’isola della Sicilia, previo “OK” del governo centrale di Roma. Craxi lo concede ma ad una chiara e precisa condizione: “in Italia decide lo stato italiano!” 

La notte tra il 10 e l’11 ottobre l’aeromobile con a bordo il pericoloso gruppo atterra al “Cosimo di Palma” nella base militare NATO di Sigonella, provincia di Siracusa. L’ammiraglio Martini, stimato capo del SISMI, su specifico ordine del Presidente del Consiglio raggiunge l’isola e prende il comando tattico dell’intera operazione. I motori dell’Egyptair si spengono, gli avieri italiani della VAM si dirigono armati verso il boeing, accerchiandolo con automezzi di ogni tipo e bloccandolo - di fatto - sulla pista.

Pochi istanti dopo, atterrano - senza alcuna autorizzazione - anche due Lockheed C-141 Starlifter con a bordo una cinquantina di “Rambo” della famigerata DELTA FORCE che si dirigono con fare minaccioso verso l’aereo e quindi attorno agli avieri. Mitra puntati contro i nostri soldati. La situazione in quei minuti è a dir poco paradossale. Il suolo è “italico”, la base è NATO, gli occupanti, militari sia dell’aereonautica sia della marina USA, ma nonostante ciò, gli Stati Uniti tengono in ostaggio gli italiani. C’è una cosa però che le “teste di cuoio” Americane non sanno. Avvisati da Martini, stanno giungendo da diverse caserme siciliane centinaia di Carabinieri armati fino ai denti, seguiti da blindati e mezzi d’assalto. L’Arma entra con forza nella base e a sua volta accerchia i militari statunitensi. La tensione è alle stelle. Tre cerchi attorno ad un aereo civile con a bordo noti terroristi, il capo Abbas, l’ambasciatore Egiziano e alcuni esponenti dell’intelligence del Cairo. E’ il 1985, anno in un cui il clima è di piena pace in Europa, i rapporti con gli amici d’oltreoceano idilliaci ma - in un contesto surreale - è stato di guerra nella piccola località sicula. Che fare?

Reagan va su tutte le furie, l’affronto è inaccettabile e in quelle ore concitate (piena notte) chiama Bettino al telefono. Le forze italiane sono in netto vantaggio, se dovesse partire casualmente un colpo il rischio di un incidente diplomatico su vasca scala è inevitabile e non certo auspicabile. Non è soltanto una questione numerica sul campo: il Premier di Roma, con piglio da grande statista, tiene testa al capo assoluto della più grande superpotenza mondiale. Ormai con le spalle al muro Reagan e il suo staff sono costretti alla resa, lasciando campo libero a Palazzo Chigi e ad un Pentapartito molto determinato. La Delta Force riceve l’ordine di ritiro immediato e l’intricata matassa passa definitivamente nelle mani del Socialista Craxi.

I sequestratori vengono consegnati alla giustizia italiana, il capo Abu Abbas trasferito in Palestina, l’aereo riparte per Ciampino e, anche se seguito nuovamente e in gran segreto da uno sparuto gruppo di uomini DELTA sui cieli di Roma, ormai il dado è tratto. Washington non si da per vinto e chiede ripetutamente l’estradizione dei terroristi, sempre rifiutata dall’allora Ministro di Grazia e Giustizia Mino Martinazzoli. Anche Abbas, dapprima considerato estraneo, poi viene condannato insieme agli altri esecutori per l’intera vicenda dell’Achille Lauro e il tribunale di Genova emetterà dure sentenze per tutti. Mentre per i sequestratori si aprono le porte dei nostri penitenziari, per Abbas, condannato all’ergastolo, c’è uno strano salvacondotto, probabilmente grazie a uno dei tanti accordi occulti tra le autorità italiane, Arafat e i vertici del Cairo.

A parte i dettagli, le polemiche, i dissapori, i dibattiti parlamentari, le rotture all’interno dello stesso governo e la frattura con gli alleati, che fa di questa oscura quanto ingarbugliata vicenda un caso internazionale, c’è però un’importante chiave di lettura che va presa in seria considerazione, adesso più di ieri; ed è “l’orgoglio italiano” strepitosamente difeso dal nostro premier. Se vogliamo, possiamo anche definirlo - con cognizione di causa - ; “l’ULTIMO SUSSURRO DI SOVRANITA’ NAZIONALE”; quella che oggi sembra PURTROPPO solo un nostalgico lontano ricordo. (Mirko Crocoli)