Portella della Ginestra: che cosa sapremo dai documenti desecretati dal governo? C’è speranza e scetticismo insieme. Sono trascorsi quasi sessanta anni, ma è come se fosse ieri, quella strage di uomini e donne innocenti non l’ha dimenticata nessuno, né coloro che c’erano, né i figli ed i figli dei figli. Troppo crudele, troppo ingiusta, troppo ignobile. Se qualcuno avesse voluto dimenticarla non ci sarebbe riuscito: ogni anniversario è stato vissuto come la giornata successiva all’eccidio. Onore al merito di chi ha provveduto a tenere in piedi la memoria.Di Portella della Ginestra sappiamo tutto e niente. Decine di libri, inchieste, investigazioni, rivelazioni, bugie. Le verità ed i sospetti s’intrecciano: una parola definitiva, una verità giudiziaria, storicamente accettabile, non c’è ancora. C’è una sola spiegazione per questa omertà. Ancora oggi il mistero viene protetto, perché potrebbe far male. Molto male.Proviamo a ricostruire gli eventi, cercare di seguirli e trovare un filo logico, che ci permetta di guardare in faccia la realtà. Cominciamo dall’inizio, l’ultimo conflitto mondiale. È a quel tempo che i legami d’Oltreoceano si consolidano e fanno la storia – attraverso due personaggi, Frank Costello e Angelo Tresca, entrambi italoamericani. Perché loro due? L’italoamericano Frank Costello accettò di malavoglia il comando di Cosa nostra americana. Era il 1942, Lucky Luciano era finito in galera e Vito Genovese era scappato in Italia: Costello avrebbe preferito curare i suoi affari piuttosto che l’organizzazione. Aveva cervello, e lo usò: propose al Pentagono la disponibilità della mafia a collaborare con le forze alleate per lo sbarco in Sicilia. In cambio ottenne la scarcerazione di Lucky Luciano.Luciano e altri 64 mafiosi, espulsi dall’America dopo la guerra come ricompensa dei servigi resi in Sicilia e nel Napoletano, tornarono liberi e rispettati.L’11 gennaio 1943, il giornalista italoamericano Angelo Tresca, venne ucciso da un killer. Un colpo di pistola in bocca. Tresca era un radicale anarchico. Tre anni prima, nel ’40, aveva raccontato ad un suo collega del Times l’incontro avuto con Benito Mussolini a Basilea, in Svizzera, quando il Duce era esule. Un ricordo lontano: forse il 1904. Tresca, cacciato via dall’Italia per le sue attività sindacali, prima di raggiungere gli Stati Uniti, aveva soggiornato nella Confederazione. “Mussolini ha tradito la causa”, riferì Tresca al collega del Times. Bastò perché fosse giustiziato. I sospetti caddero su Vito Genovese, che però negò tutto…Erano i giorni in cui, Genovese decideva di andarsene in Italia. Un abile intrigo. Genovese divenne amico dei fascisti e dopo lo sbarco degli alleati, divenne anche uno dei collaboratori del governatore militare, Charles Poletti e, qualche anno dopo, amico di Salvatore Giuliano, capo dei banditi di Montelepre, separatista, anticomunista e filo americano.L’attività di Costello fu altrettanto fruttuosa. I mafiosi italoamericani entrarono nel controspionaggio, e vennero addestrati nella base alleata di Algeri. Nei mesi che precedettero l’armistizio dell’8 settembre, alcuni ufficiali italiani – un gruppo ristretto – si recarono ad Algeri. Erano siciliani, a cominciare dal più alto in grado, il generale Castellano. Ad essi sarebbe toccata di partecipare alle trattative per l’armistizio, e mettere così le basi per una intesa che andasse al di là della preparazione dello sbarco. Gli americani, del resto, avevano deciso di aprire un fronte in Sicilia per accontentare Stalin. Dal punto di vista strategico, l’operazione militare avrebbe favorito i sovietici. Pare logico, supporre che volessero trarre benefici duraturi dall’operazione, stabilendo lungo il confine occidentale una testa di ponte affidabile e duratura. Ciò che avvenne prima e durante lo sbarco lo prova: il governatorato militare americano, a differenza di quello inglese, non si limita ad assumere decisioni provvisorie, tipiche dell’esercito di occupazione, ma contribuisce a creare una classe dirigente.Molti siciliani, grazie alle relazioni americane, avrebbero svolto un ruolo centrale nel governo dell’economia, della finanza e delle istituzioni dell’Isola. Il dopoguerra fece la fortuna di molti siciliani, come Vito Guarrasi e Michele Sindona. A Guarrasi fu affidato il patrimonio della grande famiglia anglo-siciliana dei Whitaker, e questi – a sua volta – lo consegnò in gestione a Michele Sindona, che sarebbe divenuto il perno dei collegamenti fra mafia, finanza e massoneria.I servizi segreti statunitensi, è il 24 ottobre 1944, riferiscono che le logge massoniche aderenti al separatismo, hanno deciso di organizzarsi “per eliminare dal mondo politico italiano tutti i filocomunisti; per finanziare squadre di killer reclutati fra ex fascisti e gangster di professione, utilizzandole per attentati ad alte personalità di governo e per stragi ai danni della popolazione civile sotto false insegne che indichino come responsabili i comunisti”.In due documenti del consolato americano a Palermo (21 e 27 novembre) si accenna a “una riunione dei capi della mafia con il generale Castellano per la formazione di gruppi incaricati di favorire l’autonomia… sotto la direzione della mafia”.Mafia e separatisti si servono del banditismo. Salvatore Giuliano, imprendibile bandito di Montelepre, faceva politica; decine di sindacalisti e dirigenti della sinistra vengono uccisi: fino al 1950 Giuliano terrorizza i nemici della classe dirigente nata nel dopoguerra.Il movimento contadino fu decapitato, la mafia consolidò il suo potere e le sinistre subirono una sconfitta elettorale. Solo allora, la strategia della tensione ebbe una pausa e la mafia consentì l’eliminazione del banditismo, legittimando il suo ruolo normalizzatore.(fonte: www.siciliainformazioni.com -   di SALVATORE PARLAGRECO)