PDL: GASPARRI, TROPPE DICHIARAZIONI, ELETTORI SI ASPETTANO ALTRO DA NOI Roma, (Adnkronos) - "In giornate come questa, con un florilegio di dichiarazioni, ormai abituale e in via di peggioramento qualitativo, le uniche considerazioni che si possono fare riguardano il riferimento a ciò che Berlusconi ha vanamente più volte detto sullo stop alla guerra dei comunicati.

E ricordare a tutti che i nostri elettori, per fortuna tuttora milioni e milioni, si aspettano ben altro da tutti noi". Lo dichiara Maurizio Gasparri (Pdl), vice presidente del Senato.

L. STABILITA': CASINI, RIDURRE PROPORZIONALMENTE EMENDAMENTI

Roma (Adnkronos) - "Adesso che tutti i partiti hanno fatto bella figura con i loro sostenitori, presentando migliaia di emendamenti, passiamo alle cose serie". Lo scrive Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Affari esteri di palazzo Madama, sul suo profilo Facebook.

ORA CI SONO LE REGOLE PER DIVENTARE CAPI. MA CHI LE RISPETTA?

Quello degli incarichi dirigenziali alla Regione è un tema troppo importante per la funzionalità dell’amministrazione. Pare perciò opportuno ritornarvi, dopo avere segnalato le anomalie del Ruolo unico della dirigenza con l’articolo del 7 novembre (“Burocrati e politica, culo e camicia: il caso Micali).?Che cosa dice a proposito il CCRL della Dirigenza? All’articolo 36, in uno dei suoi commi, prevede che nel conferimento degli incarichi si deve tenere conto della “natura e caratteristica degli obiettivi prefissati”, delle “attitudini e capacità professionale del singolo dirigente…”, della “rotazione degli incarichi…”. Il CCRL risale al 2007 e le sue disposizioni non si discostano sostanzialmente da quanto stabilito dalla legge 10 del 2000 che fa riferimento alla “natura e caratteristica dei programmi da realizzare”, alle “attitudini” e alla “capacità professionale del singolo dirigente”, all’”attività svolta”, all’”applicazione di norma del criterio delle rotazioni”. La legge 10 dava rilievo, anche per gli incarichi, alla distinzione della dirigenza in tre fasce. La legislazione successiva però ha di fatto omologato i dirigenti non prendendo in considerazione la fascia di appartenenza. Nel marzo del 2010 l’assessorato della Autonomie locali e della Funzione pubblica ha stabilito i criteri generali per il conferimento degli incarichi dirigenziali, condividendoli con i sindacati (tecnicamente “concertazione”). Il provvedimento specifica nel dettaglio i criteri previsti dalla legge e dal contratto collettivo, non potendoli naturalmente derogare, e stabilisce la procedura da seguire nel conferimento degli incarichi.?Il dirigente generale deve tempestivamente dare pubblicità, attraverso il sito istituzionale della Regione, dei posti dirigenziali vacanti e indicare la “pesatura” di ciascun ufficio ( la “pesatura”, oggetto d’intesa con i sindacati, ne definisce la complessità ). Pervenute le istanze entro il termine stabilito, il dirigente generale, dopo averle valutate secondo i criteri di cui alla legge, al CCRL e al provvedimento, conferisce gli incarichi. Si è dinanzi a una vera e propria procedura concorsuale in cui la discrezionalità del dirigente generale è assai ristretta. Tant’è che nel caso vi siano più istanze per lo stesso ufficio e la professionalità, le attitudini, le esperienze specifiche dei concorrenti risultino pari, il dirigente generale deve conferire l’incarico tenendo conto della “maggiore anzianità nella “tipologia strutturale del’incarico da rivestire”, se cioè si tratta di un’Area o Servizio o di un’Unità operativa. In ogni caso il provvedimento del dirigente generale deve essere “adeguatamente motivato”. ?Che l’amministrazione abbia voluto regolamentare la procedura per il conferimento degli incarichi dirigenziali intermedi (ciò, però, non è stato fatto per quelli di vertice) è un fatto positivo. Ma queste regole sono rispettate? Non sembrerebbe se, come si è appurato, gli uffici di gestione giuridica ed economica del personale dei vari Assessorati sono affidati a laureati in lettere (Funzione pubblica), filosofia (Beni culturali e Infrastrutture e Mobilità), scienze agrarie (Energia, Economia), architettura (Famiglia), ingegneria (Istruzione e Formazione professionale). E’ lecito chiedersi: le attitudini, il bagaglio professionale, che non può prescindere dal titolo di studio posseduto, come sono stati valutati? (fonte: siciliainformazioni)

ALFANO, ULTIMO ATTO, È SCISSIONE DELL’UTRI SELEZIONA VOLTI NUOVI

La diagnosi di Peppino Sottile, condivisa da Pietrangelo Buttafuoco, parte dall’olfatto e dall’odore di crisantemi. È stata scodellata nel corso dell’ormai celebre puntata di Virus, regia di Nicola Porro. È il funerale politico di Silvio Berlusconi a provocare la guerra fra gli innovatori – governativi, ministeriali ecc. – e i lealisti, molto falchi nella presente circostanza. La successione rischia di trasformarsi in secessione. Marcello Dell’Utri sostiene che i suoi corregionali, Sottile e Buttafuoco, esagerano, vittime del pessimismo siciliano, che non è comprensibile fuori dalla Sicilia. Mentre recita la sua parte, prepara il ritorno di Forza Italia senza dare all’occhio. Silvio Berlusconi si fida ciecamente di lui, gli ha assegnato il compito più delicato: arruolare i nuovi volti per il nuovo partito. C’è l’esercito di Silvio, c’è la pasionaria, Daniela Santanché, che fa fuoco di sbarramento, ma è lui, Dell’Utri, il co-fondatore anche stavolta. In queste ore il Cavaliere seleziona i “picciotti” già selezionati da Dell’Utri. Peppino e Pietrangelo annusano i crisantemi, Stefania Prestigiacomo (con Daniele Capezzone, Mara Carfagna, Maria Stella Gelmini, Sandro Bondi, Denis Verdini) sparano bordate alzo zero contro Angelino Alfano (Gaetano Quagliarello, Roberto Formigoni, Maurizio Lupi, Maurizio Sacconi, Lorenzin ecc.) e Marcello, in cabina di regia, disegna il nuovo partito. L’ex senatore costruì i circoli forzisti della prima ora, e poi dovette mandare tutto all’aria per via dei guai giudiziari e, soprattutto, per l’arrivo dei Michela Brambilla con i gazebo ed altri personaggi che hanno assediato Arcore o partecipato alle cene del Cavaliere. Rimasto fuori dal giro, per sua volontà, torna a recitare la sua parte nel momento di bisogno. Nessuno meglio di lui riesce a camminare attaccato al muro, e fare la sua strada. Restando nell’occhio del ciclone, dove c’è tranquillità, mentre attorno volano anche gli stracci. Il Pdl, nato dalla costola di Forza Italia, ritorna alle origini. Sabato il Consiglio nazionale formalizzerà il passaggio di testimone. Non sarà un passaggio indolore. Pochi scommettono sulla sopravvivenza del partito, così com’è. Silvio Berlusconi ha rotto gli indugi. Di Alfano e dei governativi ha deciso di liberarsi, accogliendo, stavolta senza nascondimenti, le milizie degli “ortodossi”. Vuole la crisi di governo come risposta alla decadenza e non transige. Vuole il partito ai suoi piedi, comunque vada: interdizione, decadenza, processo Ruby. Muoia Sansone con tutti i filistei, se deve accadere. Angelino Alfano a SkyTg24 predica moderazione, dice che non si può mandare allo sbaraglio il paese e che, comunque, Berlusconi non potrà guidare il partito, per via dell’interdizione, anche se fosse bocciata la decadenza (non è candidabile alle europee), la crisi non serve ad altro che a provocare lo sfascio. Un invito alla responsabilità, dunque. Non passa un’ora dall’appello su Sky, che Berlusconi rilascia un’intervista a Huffington Post. “Rischiano di finire come Gianfranco Fini”, avverte. “Otterrò la revisione del processo, ho testimoni nuovi e documenti esclusivi, e potrò guidare il partito come sempre”. Poi una battuta sprezzante: “Se rimanete, non vi rottamiamo…”. È l’unica concessione, non saranno puniti. La resa senza condizioni. Qualche giorno prima Daniela Santanché aveva lanciato un monito a Giorgio Napolitano. “È ancora in tempo per ripristinare lo stato di diritto, non se la faccia sfuggire questa opportunità”. Se avesse avuto una qualche intenzione di pensarci sopra, il presidente della Repubblica, avrebbe dovuto scartarla in partenza. Si respira una brutta aria. Si pretende, non si chiede. Le dita negli occhi. E non solo. Nel corso di una telefonata, il vice premier ha chiesto a Silvio Berlusconi se sono vere le voci di una inchiesta di Panorama sul suo conto e i suoi amici. Metodo Boffo, insomma. Il Cavaliere ha risposto di non saperne niente, e Alfano, a sua volta, ha replicato che, comunque sia “non ho nessuna paura del metodo Boffo, l’abbiamo messo nel conto”. Il 16 novembre, giorno del Consiglio nazionale, e il 27, giorno del voto sulla decadenza a Palazzo Madama, segneranno la storia del centrodestra e del governo Letta. (fonte: siciliainformazioni)