GRANDE SUD È DIVENTATO PICCOLO PICCOLO. E PER GIUNTA… Sinceramente non ci va per niente prendercela con il muro “vascio”, cioè basso, E in questo momento dare addosso a Gianfranco Miccichè è come prendersela con l’autoambulanza. Magari domani è un’altra cosa. I suoi umori, com’è noto, sono cangianti e i toni coloriti. Se c’è qualcuno che crede per fede alla storia che “malu tempu e bonu tempu non durano tutto il tempo”

(gli intellettuali citano il vecchio testamento: c’è un tempo per ogni cosa…), questo è Gianfranco Miccichè, ex figlioccio prediletto di Silvio Berlusconi, ex ministro della Repubblica, ex leader del Pdl, ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana, ex candidato (per poche ore) della coalizione di centrodestra alla Presidenza della Regione siciliana. Il risultato elettorale del partito, il Grande Sud, non è esaltante, i suffragi della coalizione non sono da festeggiare, la scelta dei candidati entrati a Sala D’Ercole affatto condivisibile. In provincia di Catania il senatore Salvo Fleres gli ha consegnato un flop inimmaginabile alla vigilia, nessun deputato eletto. da non crederci, e a Palermo è capitato l’incidente più grave della campagna elettorale: il candidato presidente non è stato eletto nemmeno deputato. Pare che la bocciatura sia stata determinata da un atto di generosità – verso il candidato Mineo, uscente, non eletto – e dalla fede nel successo dell’opzione più importante, l’ascesa a Palazzo d’Orleans. Ci permettiamo di nutrire qualche dubbio sulla seconda ipotesi, mentre riteniamo credibile la prima, propiziata da un eccesso di sicurezza. La provincia di Palermo, tuttavia, ha regalato due deputati alla lista di Miccichè: Riccardo Savona ed Edmondo Tamajo. L’ex presidente dell’Ars non può lamentarsi, nel senso che non gli è consentito per ragioni di buona educazione e di rispetto degli alleati. Se ne avesse la possibilità, ne siamo certi, Gianfranco smadonnerebbe che è un piacere perché né Riccardo Savona, né Edmondo Tamajo appartengono al suo “salotto” politico, per usare un’espressione elegante. In provincia di Siracusa, infine, non ce l’ha fatta Titta Bufardeci, ex assessore regionale e sindaco della città. Clamoroso e non solo: Bufardeci è persona competente e seria. Insomma, non è andata proprio bene. Ma Gianfranco è uno che non si abbatte, anzi. Domani è un altro giorno. (fonte: siciliainformazioni.com)

BOCCIATURA IDV IN SICILIA: PUGNO NELLO STOMACO

L’elettorato siciliano ha punito la battaglia solitaria di Leoluca Orlando. La delusione è cocente, ci si aspettava un ingresso trionfale in Assemblea regionale siciliana, come premio di una opposizione “feroce” soprattutto al partito democratico. Invece è arrivato una bocciatura solenne, appena il tre per cento circa. Ed allora sono in tanti a chiedersi a che cosa sia servito spaccare il centrosinistra prima e la stessa sinistra dopo. Il portavoce nazionale dell’Idv, divenuto sindaco di Palermo con un suffragio plebiscitario, ha infatti impedito qualunque alleanza con i democratici, dai quali ha preteso una impossibile sconfessione delle loro scelte politiche regionali. Si può non condividere una strategia, ma chiedere a chi l’adotta di fare il mea culpa, è troppo, un harakiri politico impossibile da accettare. Ma non è finita. Entrato “faticosamente” nella coalizione di sinistra con Claudio Fava, Orlando non ha voluto sentirne di comporre una lista comune, che gli è stata richiesta dallo stesso Fava oltre che dai dirigenti di Sel, preoccupati di non raggiungere la soglia di sbarramento. Ed ora, infatti, Fava rimprovera a Orlando il suo rifiuto, causa della sconfitta. Siccome non è come nella vita, chi rompe paga e i cocci sono suoi, la politica chiede conto e ragione e di questo misteriosissimo voltafaccia dei cittadini di Palermo al sindaco appena eletto. Come spiegare la scomparsa di cinquantamila voti nel giro di pochi mesi? Perché non è rimasto quasi niente nella stiva? Tutto gira attorno a Orlando e solo attorno a lui? A rendere ancora più amara la sconfitta, il successo di Fabrizio Ferrandelli, il giovane ex capogruppo consiliare dell’Idv al comune di Palermo. Ferrandelli avrebbe voluto presentare la sua candidatura a sindaco proprio con l’Idv, ma non ci riuscì per l’avversione di Orlando. Anzi venne allontanato dal partito, di fatto, quando insistette nella sua richiesta di candidatura. Il rifiuto fu raccolto come una “sfida” dai movimenti cittadini che sostenevano Ferrandelli. Alle primarie di coalizione Ferrandellì battè la candidata di Orlando, Rita Borsellino. A quel punto, il sindaco sostenne che le primarie erano state inquinate da imbrogli e accusò Ferrandelli di rappresentare i sostenitori del governo Lombardo, con i quali “non bisognava avere a che fare”. Fabrizio Ferrandelli, sconfitto, ora si è preso la rivincita. E’ stato eletto con una larga messe di voti deputato regionale, mentre l’Idv non è riuscito ad entrare a Sala D’Ercole. Più dì uno, dunque, mastica amaro. Sul partito di Antonio Di Pietro piovono anche critiche di altra natura. Nel partito a Roma c’è inquietudine, ai vertici non si nasconde lo scontento per il voto siciliano ma, sopratutto, per la forma-partito. Antonio Di Pietro, insomma, sarebbe rimasto a lungo il padre-padrone. Troppo solo, e con una contabilità “personale, affidata alla moglie, dicono ormai in molti, all’indomani dell’inchiesta di Report sul patrimonio immobiliare dell’ex Pm di Mani pulite. Nessun sospetto, ma una condizione che non viene accettata. La delusione siciliana, cocente, non ha certo migliorato l’umore dei dirigenti del partito, a cominciare dal sindaco di Napoli, De Magistris, e dal capogruppo parlamentare alla Camera, Donati, che vuole un congresso organizzativo a breve scadenza. Report, dopo quel tre per cento della Sicilia, a breve distanza dal successo elettorale alle amministrative di Palermo, è un pugno nello stomaco: se Leoluca Orlando non è riuscito ad entrare a Palazzo dei Normanni dopo avere condotto una incessante campagna “di opposizione” al Pd, è segno che qualcosa non va. (fonte: siciliainformazioni.com)