Def: Parlamento, avanti su fondi Ue e piano Juncker Piano Juncker, quantitative easing e fondi strutturali per il Mezzogiorno. Il Parlamento approva il Documento di economia e finanza del Governo. E, in chiave europea, fornisce indicazioni importanti su questi tre capitoli.

Supportare il quantitative easing della Bce con misure per abbattere i crediti deteriorati delle banche. Potenziare il piano Juncker, aumentando gli investimenti scomputabili dal patto di stabilità. Rivedere le modalità di impiego dei fondi strutturali nel Mezzogiorno. Camera e Senato hanno approvato il Documento di economia e finanza proposto dal Governo e, nelle mozioni con le quali danno via libera al testo, hanno fissato alcuni paletti per la politica europea del nostro paese.

Usare la clausola di flessibili

Le mozioni approvate dal Parlamento partono dal nostro quadro macroeconomico. In attesa del giudizio di Bruxelles, in arrivo a maggio nell’ambito del Semestre europeo, bisogna puntare con decisione ad alcuni obiettivi. Il deficit dovrà attestarsi, in rapporto al Pil, al 2,6 per cento nel 2015, all'1,8 per cento nel 2016 e allo 0,8 per cento nel 2017, “con il raggiungimento del pareggio in termini nominali nel 2018”. Decisivo l’utilizzo per il 2016 della flessibilità concessa “nel caso di implementazione di significative riforme strutturali” da Bruxelles. Questo denaro andrà impiegato per neutralizzare le clausole di salvaguardia che, altrimenti, porterebbero a un aumento delle tasse.

Sostenere il Qe

Sul fronte europeo, la prima priorità è il quantitative easing della Bce. Secondo i parlamentari deve rappresentare “una occasione per la piena ripresa del credito per cittadini e imprese e per tale via di decisa ripresa dei consumi e degli investimenti”. Bisogna, però supportarlo attraverso “misure per lo smaltimento dei crediti deteriorati che gravano sui bilanci delle banche italiane e rendono più costosa e difficile la trasmissione all'economia reale della liquidità monetaria creata dagli acquisti della Bce”. Nelle prossime settimane, allora, tornerà di moda il progetto della bad bank pubblica.

Le indicazioni sul piano Juncker

Il secondo asse strategico è il piano Juncker. “Tutte le opportunità connesse alle risorse finanziarie che saranno poste a disposizione” andranno colte, “realizzando ogni possibile sinergia tra interventi nazionali e interventi comunitari”. Rispetto alle disposizioni in vigore, però, si può fare di più. Il Parlamento chiede di promuovere “in sede europea la possibilità di scomputare dal calcolo del saldo di finanza pubblica ai fini del patto di stabilità e crescita tutto il flusso annuale di cofinanziamenti nazionali”. Solo così il piano potrà avere un impatto forte e immediato.

Fondi strutturali, interventi al Sud

Sui fondi strutturali, poi, servirebbe un nuovo intervento. Il Parlamento, infatti, invita a “dedicare specifica attenzione al rilancio delle aree sottoutilizzate, segnatamente nel Mezzogiorno, in considerazione del fatto che il differenziale di livello di sviluppo che caratterizza le zone del Centro-Nord rispetto a quelle del Meridione costituisce un elemento di debolezza intrinseco che deve essere superato”.

Concretamente, bisogna tentare “un più efficiente e rapido utilizzo delle risorse dei fondi strutturali attraverso la predisposizione di interventi volti a rafforzare la capacità progettuale, la trasparenza nelle procedure, la governance e i processi di valutazione ex-ante ed ex-post dei progetti”. Quindi, la programmazione 2014-2020 dovrà guardare in direzione di una nuova riorganizzazione dei fondi strutturali per il Mezzogiorno.

 

In arrivo dall’Ue 3,2 miliardi Crocetta: “Li useremo tutti”

“Realisticamente noi utilizzeremo tutti i fondi europei. A fine 2012 eravamo al 15% di certificato, cioè di fondi effettivamente spesi. Oggi siamo al 60%. Prima eravamo al 25% di impegnato e oggi siamo al 112%, così da garantirci un delta sui ritardi e per garantirci soluzioni alternative che verranno intraprese per non fare ritornare indietro i soldi a Bruxelles”. Lo ha detto il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, che, insieme al commissario europeo per la Politica regionale, Corina Cretu, ha reso omaggio al porto di Palermo alle vittime delle stragi nel Mediterraneo.

“Capite bene – ha aggiunto – che una regione come la nostra ce la farà, grazie anche a una strategia di monitoraggio avviata proprio ieri per raggiungere questi obiettivi”.

Il commissario Cretu ha annunciato che la Sicilia per i prossimi sette anni avrà 3,2 miliardi di euro dall’Unione europea. “È una cifra importante – ha detto – e dovremo ragionare per spendere questi fondi in maniera sapiente. Naturalmente tutto ciò dovra essere condiviso dalle autorità regionali e dalla Commissione Ue”.

“In questi giorni – ha proseguito Cretu – sto incontrando i presidenti delle Regioni della Campania, della Calabria e della Sicilia, e cioè le tre regioni che più di tutte hanno avuto problemi in questi anni ad assorbire fondi europei. Negli ultimi due anni sono stati fatti molti progressi. Anche se il 2015 è un anno cruciale. Abbiamo solamente otto mesi per potere ottimizzare l’utilizzo di questi fondi”.

“Lo sforzo che queste regioni dovranno fare - ha aggiunto il commissario europeo – è di recuperare il tempo perduto, ma anche di preparare progetti per il prossimo settennato. Attualmente devo dire che sono molto contenta di questi incontri ed ho potuto parlare anche con il ministro delle Infrastrutture Delrio per avviare dei programmi specifici, come quello sulla disoccupazione giovanile che, in queste tre regioni italiani, raggiunge anche un tasso del 50%”. (fonte: siciliainformazioni)

Ars, gruppi parlamentari all’esame della Corte dei conti

 

“Ci sono lacune molto gravi”. È questo il giudizio contenuto nell’arringa del consigliere istruttore della Corte dei Conti, Anna Luisa Carra, in merito alle procedure di trasparenza amministrativa dell’Assemblea Regionale Siciliana.

L’arringa è stata pronunciata, a Palermo, durante l’udienza pubblica sui rendiconti delle spese dei gruppi parlamentari dell’Ars. Nel mirino della Corte dei Conti sono finiti i documenti forniti dai singoli gruppi e il sito Internet del parlamento siciliano. “Mi farò carico di intervenire nei confronti del presidente dell’Assemblea perché non si verifichino queste difficolta'”, ha sottolineato il presidente della Corte, Maurizio Graffeo.

Tra le contestazioni sollevate, la mancata trasmissione di due delibere del Consiglio di Presidenza dell’Ars, l’assenza di firme nel rendiconto del Pid Cantiere Popolare e l’assenza di alcune informazioni sul sito Internet “che non è per niente chiaro – ha sottolineato il giudice Carra – riguardo al passaggio dei deputati da un gruppo parlamentare all’altro”. “La Corte non può venire a conoscenza dello scioglimento di gruppi parlamentari solo dal sito Internet”, ha puntualizzato il presidente Graffeo.

La Corte dei Conti ha posto anche la questione del pagamento dell’Irap da parte dei gruppi parlamentari. Nella relazione del consigliere Carra, il pagamento dell’Irap si deve intendere come precondizione che non può essere esclusa dalle finalità istituzionali dell Assemblea, il discorso vale come per gli oneri  bancari.  L’Irap  rappresenta un onere diretto del gruppo non onere  riflesso, per questo motivo in termini  di contabilizzazione nel  relativo prospetto, le spese andrebbero correttamente imputate, scorporate dal fondo da cui traggono provvista finanziaria e citate come altre spese, spese di funzionamento

Una ulteriore distinzione  è stata inoltre fatta tra spese per il personale e spese di funzionamento mentre sono state reiterate le contestazioni relative alle proroghe dei rapporti  con i collaboratori successivi al 31/12/2013.

Hanno reso chiarimenti Giancarlo Cancelleri (M5s),  Santi Formica, (Lista Musumeci), Toto Cordaro (Grande Sud Pid) Baldo Gucciardi (Pd), Enzo Fontana (Ncd),  Roberto Di Mauro (Mpa), Marco Falcone (Fi), Valeria Sudano (Articolo 4), Giuseppe Picciolo (Drs),  Totò Lentini (Sicilia democratica), Mimmo Fazio, (Gruppo misto). (fonte: siciliainformazioni)

Il Presidente ai ragazzi: "La Costituzione non va conservata come una reliquia in una teca, la sua vita è nelle vostre mani. La democrazia si illanguidisce se non c'è partecipazione"

 

Si è svolta al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la cerimonia di premiazione degli studenti vincitori del Concorso nazionale "Dalla Resistenza alla Cittadinanza Attiva" promosso dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, d'intesa con l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia in occasione del 70° anniversario della Lotta di Liberazione.

Nel Salone delle Feste, dopo l'esecuzione dell'Inno Nazionale da parte degli alunni dell'Istituto Comprensivo Manin di Roma, sono intervenuti il Presidente dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, Carlo Smuraglia, la studentessa Elena Laura Munteanu, dell'Istituto Superiore "Guglielmo Marconi" di Anagni, e la Ministra dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Stefania Giannini.

Il Capo dello Stato, dopo aver consegnato i Premi alle scuole vincitrici insieme alla Ministra Giannini, ha pronunciato un discorso.

 

Renzi: 'Se non passa l'Italicum il governo cade'

Matteo Renzi pone una fiducia di fatto sulla legge elettorale, anche se quella in Parlamento deve essere ancora decisa: se l'Italicum non passa, ha detto il premier senza giri di parole, "il governo cade". Parole che cercano di inchiodare l'intera minoranza del Pd, anche se verso una parte di essa è già partita l'operazione di "recupero", a cominciare dal capogruppo dimissionario Roberto Speranza. Renzi replica colpo su colpo soprattutto alle critiche di Enrico Letta, che oggi esprime dubbi sull'opportunità di far passare una legge con una maggioranza "risicata", e anche a quelle di Romano Prodi: che nel centrosinistra nessuno aveva finora osato prendere di petto. "Se non passa l'Italicum - ha detto Renzi a "Otto e mezzo" - credo proprio che il governo cade.

Se il governo, nato per fare le cose, viene messo sotto, allora vuol dire che i parlamentari dicono: 'andate a casa'. Non sono per tenere la poltrona aggrappata alle terga". Un ragionamento che vuole spiazzare quanti, nella minoranza del Pd e tra i partiti piccoli della maggioranza di governo, puntano ad uno sgambetto sull'Italicum presupponendo che Renzi non voglia le urne con il Consultellum, l'attuale sistema elettorale che è un proporzionale puro. Sul versante interno al Partito democratico, Renzi punta a recuperare l'intera Area Riformista, la componente che fa capo a Roberto Speranza, una parte della quale sì è già pronunciata per un voto favorevole all'Italicum, come ha oggi detto Dario Ginefra. Renzi ha parlato con Speranza invitandolo a ritirare le dimissioni e a votare per l'Italicum, dopo che la maggioranza del gruppo si è espressa in tal senso. Area Riformista raccoglie 85 deputati, e un suo completo schieramento a favore della riforma renderebbe ininfluenti i voti in dissenso degli irriducibili (Pippo Civati, Stefano Fassina, Alfredo D'Attorre, ecc). Quanto alla fiducia in senso vero e proprio da porre in Parlamento, Renzi ha detto che su di essa si deciderà martedì.

Intanto, tenere alta la tensione ci hanno pensato il blog di Beppe Grillo ed Enrico Letta. Il primo ha ospitato un post dell'ideologo del Movimento, Aldo Giannuli, che ha parlato di "colpo di Stato" chiedendo l'intervento del presidente Sergio Mattarella. Enrico Letta ha invece ribadito le proprie perplessità, non tanto sul merito della legge, ma sul fatto che l'Italicum sia approvato "con la contrarieta' di tutte le opposizioni, esterne e addirittura anche interne" al Pd. E, appunto, con una manciata di voti oltre la maggioranza semplice.

Prima il ministro Maria Elena Boschi ha replicato sottolineando che le riforme si erano "completamente fermate" con il governo Letta, mentre l'esecutivo di Renzi ha avuto "la forza di superare questa fase di blocco totale"; poi lo stesso Renzi è intervenuto in modo ancor più sferzante: "Hanno due libri in uscita" ha detto riferendosi alle recenti critiche di Letta e di Romano Prodi. Sul problema di una eventuale approvazione della legge con una maggioranza risicata, Renzi non ha tentennato: "Se passa offro da bere, sono anni che non passa la riforma della legge elettorale". Ancora più liquidatorio il suo commento alle critiche del "padre nobile" del Pd che aveva detto di preferire l'Ulivo al "partito della nazione" di Renzi: "più che rifare l'Ulivo io voglio rifare l'Italia". (ANSA)