Roma - Il Consiglio Generale degli Italiani all’estero interviene sulla “guerra delle statue” negli Stati Uniti che, dopo essersi scagliata contro i monumenti dei generali confederati (sudisti e schiavisti) della Guerra di Secessione, si è indirizzata verso Cristoforo Colombo, che da sempre gli Usa celebrano con una festa nazionale (il Columbus Day), considerata un simbolo dell’emigrazione italiana. “Parlando di popolo e di comunità composite, che costituiscono gli Stati Uniti d’America, un riferimento preciso non può non essere rivolto alla nostra comunità di italo-americani alla quale il Consiglio generale degli italiani all’estero si sente molto vicino e ne difende l’onorabilità e la storia, in particolare in questa vicenda che muove dall’abbattimento delle statue ed ha dei riflessi sulla festività del Columbus day e dell’italianità diffusa nei 50 stati confederali”, scrive in una nota il segretario del Cgie Michele Schiavone. “Bene ha fatto il ministero degli esteri e della cooperazione a ricordare che ‘Cristoforo Colombo rappresenta in tutto il mondo, non solo negli Stati Uniti, un simbolo fondamentale della storia e dei successi italiani. La scoperta dell'America resta in ogni caso patrimonio dell'umanità nonostante ogni dibattito volto a voler rileggere oggi eventi di tale grandezza’ – ha proseguito Schiavone -. Sappiamo infatti quanto la celebrazione della ricorrenza stia a cuore alle nostre collettività residenti in quel Paese”. Allo stesso CGIE è noto quanto “i nostri connazionali negli Stati Uniti ci tengano a mantenere vivo il legame con il nostro paese e con i suoi simboli presenti nel paese di residenza, che passano anche attraverso la festa del Columbus day e dei monumenti raffiguranti il grande navigatore genovese – ha ricordato il segretario generale del Cgie -. Il rispetto che si reclama per le proprie origini va garantito anche a chi contribuisce a tener viva una comunità in cui, diversamente il conformismo ‘sarebbe il carceriere della libertà e il nemico della crescita’. L’alternativa a ciò è la sopraffazione”. Secondo Schiavone “le notizie sull’insofferenza montante negli Stati Uniti di una parte di cittadini verso statue e monumenti rappresentanti i simboli della storia confederata americana destano clamore e tristezza. Sono segnali di una rivolta in gestazione tendente a modificare equilibri costituiti nel tempo, che minano l’immagine di un paese in trasformazione dopo il cambio dell’amministrazione federale – riflette il segretario generale del Cgie -. Le motivazioni pretestuose assunte dal movimento contro i suprematisti per giustificare atti vandalici contro i simboli della storia e della civilizzazione del ‘paese della libertà’ per antonomasia, vanno oltre il revisionismo storico e lasciano presagire un palese amarcord della divisione razziale superata con enormi sacrifici e difficoltà”. “Il nuovo mondo, gli Stati Uniti d’America non sarebbero mai diventati quel grande paese sognato, ammirato e rispettato se non si fossero forgiati con l’apporto culturale trasmesso nei secoli da chi l’ha resa tale E tra loro anche i numerosi cittadini italiani, europei e degli altri continenti”, sottolinea Schiavone ricordando che “il contributo italiano al progresso civile, sociale, culturale ed economico degli Stati Uniti d’America è stato enorme e continua ad esprimersi nei tanti ambienti della vita pubblica di quel paese attraverso il talento e il lavoro di figure eccellenti, che esaltano le qualità di quella, che è considerata la superpotenza industriale, militare, sportiva ed economica a livello planetario. Allora, perché questa furia iconoclasta contro i monumenti dedicati ai rappresentanti confederati che hanno fatto la storia americana, si abbatte ora anche sulle statue di personaggi insospettabili, considerati fino a ieri eroi nazionali? Benjamin Franklin, George Washington, Theodore Roosevelt e, con loro, anche Cristoforo Colombo e l’amato sindaco di New York, l’italoamericano Fiorello La Guardia, il cui nome è legato ad uno degli aeroporti della città della mela, vengono volutamente individuati quali simboli della supremazia bianca ai danni dei nativi americani e degli afroamericani?” “Che cosa è successo di talmente grave per spingere alcuni americani a demolire le loro statue e a infrangere i loro monumenti, espressione di una civiltà e di un impegno vivo per la storia degli Stati Uniti d’America? – si domanda Schiavone -. Si sarà spezzato quel filo che teneva assieme il sogno americano evocato da JF Kennedy (‘Se non siamo in grado di porre fine alle differenze, alla fine non possiamo aiutare a rendere il mondo sicuro di tollerare le diversità’). Verrebbe spontaneo ipotizzare che il manifestarsi di questi comportamenti, dopo un lungo periodo d’incubazione dei sentimenti di divisioni razziali, sia esploso favorito dal cambiamento dei tempi, dalla mutata percezione di alcuni valori di riferimento sociale, dal venir meno della fiducia nel futuro e probabilmente di quel sentimento di opportunità, che da sempre hanno tenuto assieme ideali, diritti, speranze e senso della democrazia del popolo americano. Nei momenti di cambiamento spesso si verificano situazioni mostruose e irrazionali, perciò quanto sta succedendo nei diversi stati confederati americani può destare stupore e sorprese, anche se onestamente questi fatti potevano essere evitati, se il corso della storia non avesse preso la piega, che da un po’ di tempo tiene tesi gli animi dell’opinione pubblica mondiale”, conclude Schiavone. (NoveColonneATG)