ROMA - Brexit, Difesa, Cultura, Migrazioni: questi i temi al centro del Consiglio europeo di giovedì e venerdì a Bruxelles. A sintetizzarli il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che oggi ha svolto in Senato un intervento che si prepara a replicare alla Camera, ad un anno esatto – era il 12 dicembre 2016 – dall’inizio del suo Governo. “La decisione principale – ha spiegato il Premier – riguarderà, nella giornata di venerdì, la presa d'atto dei risultati che consideriamo positivi della prima fase del negoziato con il Governo britannico. I negoziati hanno raggiunto progressi sufficienti”, ha aggiunto. “E ciò verrà sancito dal Consiglio europeo nella giornata di venerdì nei tre dossier che erano all'ordine del giorno di questa prima fase, come già sapete. Innanzitutto ci sono i rapporti con la questione irlandese. Sarebbe stato molto pericoloso che l'uscita dall'Unione europea riaccendesse la questione irlandese. Si è arrivati a una definizione per la quale non ci saranno controlli di confine né tra Belfast e Dublino, né tra Belfast e Londra. Non sarà facile tradurre questa scelta in pratiche concrete, ma credo sia un risultato importante”. In secondo luogo, “si è risolta la discussione forse più difficile per l'opinione pubblica britannica sull'ammontare delle somme dovute dal Regno Unito al bilancio europeo. E si è risolta con piena soddisfazione dei negoziatori dell'Unione europea perché - senza entrare nel dettaglio delle cifre - si è riconosciuto l'impegno da parte britannica di corrispondere a tutto ciò che è dovuto al bilancio europeo, inclusi la Banca europea degli investimenti e altre agenzie con alcune limitatissime eccezioni, sulle quali la discussione continua”. In terzo luogo “è la cosa che forse interessa di più una parte dei nostri connazionali, alcune centinaia di migliaia di italiani che vivono nel Regno Unito - si è risolta la questione dello status dei cittadini comunitari che risiedono nel Regno Unito, riconoscendone i diritti acquisiti e anche dichiarando una volontà da parte del Governo di Londra di rendere il più facile possibile la transizione da uno status all'altro. Ci sarà, quindi, la conversione automatica degli attuali documenti di residenza nei nuovi certificati; uno dei punti apparentemente marginali, ma più rilevanti della discussione. Anche a tal riguardo ci sono alcuni aspetti secondari ancora in discussione, ma credo verranno risolti”. “Dobbiamo tuttavia essere consapevoli – ha avvertito Gentiloni – che la seconda fase del negoziato con Londra non sarà più semplice, ma più complicata della prima fase. Come sempre, i divorzi sono più difficili dei matrimoni e, in questo caso, è evidente che definire le relazioni tra l'Unione e il Regno Unito diventato Paese terzo sarà un'operazione molto complessa dal punto di vista giuridico, tecnico, economico e amministrativo. Credo che noi italiani dobbiamo predisporci a questo esercizio con l'atteggiamento di amicizia che abbiamo sempre avuto, difendendo i nostri interessi nazionali, ma sapendo che la strada del no deal, di non trovare un accordo e lasciare tutto alle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio, sarebbe un ripiego negativo e pericoloso. È quindi nell'interesse dell'Europa e del nostro Paese arrivare a un'intesa”. E, ha sottolineato, “si tratterà di un'intesa che molto probabilmente avrà due fasi distinte: una fase di transizione, di un paio di anni, dalla data fatidica del 29 marzo 2019, in cui avverrà la separazione del Regno Unito dall'Unione europea e, poi, vi sarà un nuovo regime di rapporti tra l'Unione e il Regno Unito. È bene comunque che la prima fase si sia conclusa con soddisfazione da parte dei negoziatori europei e con un grado di unità dei 27 Paesi dell'Unione assolutamente rimarchevole. Se qualcuno quindi pensava di poter gestire questo negoziato facendo leva su divisioni tra i Paesi dell'Unione europea, ha sbagliato i propri conti e, da questo punto di vista, l'atteggiamento è molto positivo”. Per quanto riguarda le altre due decisioni che verranno prese nel Consiglio europeo, “la prima concerne il settore della difesa, la cooperazione rafforzata nel campo della difesa e il varo di alcuni progetti industriali di difesa comune”, ha detto ancora il Premier. “Sarà una decisione in qualche modo solennizzata dal Consiglio europeo. Se dicessi che è una decisione di per sé all'altezza della domanda geopolitica di Europa che c'è in questo momento nel mondo, obiettivamente andrei un po' al di là della realtà di queste decisioni. Stiamo sempre parlando di primi passi, sia pur positivi e incoraggianti. Questo accordo, definito Pesco in gergo, di cooperazione rafforzata sulla difesa, riguarda un certo numero di Paesi e non tutti i 27 o 28 dell'Unione europea. È una prima e significativa traduzione in pratica di un principio che abbiamo affermato nella dichiarazione di Roma del marzo scorso e, cioè, che nella famiglia dei 27 o 28 Paesi è possibile, anzi è necessario, in alcuni campi, che ci siano livelli di integrazione diversa. Non si può costringere l'Unione europea in tutte le materie a marciare alla velocità del ventottesimo vagone. Se c'è un gruppo di Paesi - in questo caso si tratta di quasi una ventina - che decide, sul terreno della difesa e anche del ruolo geopolitico, di fare un passo più lungo, è positivo che avvenga e naturalmente l'Italia è sempre all'interno di questi formati più avanzati”. Quanto alla terza e ultima decisione di rilievo che verrà presa dal Consiglio europeo essa “riguarda il campo della cultura, l'educazione e l'istruzione, rispetto al quale, su spinta del nostro Paese e della Francia, si è svolta una discussione, in un recente vertice in Svezia. Le decisioni che prenderà il Consiglio europeo riguardano: in primo luogo, il multilinguismo, con la scelta di uniformare in tutti i Paesi dell'Unione la presenza, oltre alla lingua madre, di almeno due lingue straniere nei diversi corsi di istruzione; decisione non marginale, importante, che offre prospettive anche per la diffusione della nostra lingua, tra l'altro, in diversi Paesi europei. In secondo luogo, riguardano - proposta italiana - l'istituzione di una Carta europea dello studente, che verrà costruita insieme e darà accesso a diverse facilitazioni, soprattutto per istituzioni culturali e di mobilità. In terzo luogo, concernono la destinazione di fondi molto più significativi al programma Erasmus plus e, infine, l'individuazione di una rete di università europee, che all'inizio sarà una rete di convergenza tra università europee, più che la costituzione ex novo di eccellenze, ma che al suo interno avrà anche il sostegno a università che già oggi svolgono una funzione a livello europeo”. “Il punto di partenza – ha spiegato Gentiloni – è che noi abbiamo ottime università nel nostro Continente europeo e, ne abbiamo di ottime anche in Italia. Se mettiamo, però, insieme le forze e le competenze, forse possiamo avere livelli di eccellenza in ambito universitario che al momento non sono così immediatamente raggiungibili, e comunque sono raggiunti o da singoli Paesi europei (il Regno Unito) oppure da Stati Uniti, Cina e altri grandi player globali. L'Europa può e deve avere un ruolo maggiore da questo punto di vista. Credo che dobbiamo essere orgogliosi del fatto che il nostro Paese su questi temi, come sempre, faccia un po' da apripista, da battistrada e svolga il ruolo di uno di quei Paesi maggiormente convinti che la dimensione dell'Unione europea culturale, dell'istruzione e dell'educazione, sia fondamentale se parliamo dello spirito che deve animare il progetto dell'Unione”. All'ordine del giorno anche la discussione sui temi migratori: “il punto di partenza, per quanto ci riguarda, è che l'Italia, e non da oggi, si presenta più che mai con le carte in regola e a testa alta a questa discussione europea sulla questione migratoria. Sapete che gli arrivi di migranti nel nostro Paese si sono ridotti su base annua del 33 per cento e che si sono ridotti negli ultimi cinque mesi, dal primo luglio a oggi, del 69 per cento. Tradotta in termini reali, questa diminuzione dal primo luglio a oggi (sedici su diciassette) significa una riduzione di 80.000 unità: 80.000 unità. Un risultato che, solo a prevederlo alcuni mesi fa o un anno fa, sarebbe stato francamente impensabile”. Un risultato “frutto di un lavoro enorme: lavoro diplomatico, lavoro di costruzione di capacità della Guardia costiera libica, lavoro di rapporti bilaterali con le autorità libiche, lavoro di rapporti con comunità locali, milizie, forze presenti in quel territorio, lavoro ai confini meridionali, lavoro con i Paesi di provenienza o di transito”. Un lavoro che ha contribuito a puntare i fari sul dramma dei diritti umani in Libia. “È merito nostro, - ha rivendicato il Premier – non è merito di qualcuno che oggi racconta queste cose come se avesse scoperto una realtà imprevedibile! È grazie all'accordo e al trattato tra Italia e Libia che oggi le organizzazioni delle Nazioni Unite sono in grado di essere presenti e di intervenire sul territorio libico. È grazie al trattato bilaterale che oggi l'Organizzazione internazionale dei migranti, che è l'organizzazione ONU che si occupa dei migranti economici, ha portato i rimpatri volontari assistiti dalla Libia verso altri Paesi africani dalla cifra di poco meno di tremila dell'anno scorso alla cifra superiore ai 15.000 di quest'anno: e potrebbe superare la cifra di 20.000-25.000 entro la fine dell'anno. Moltiplicato per dieci il lavoro di rimpatri volontari assistiti fatti dall'OIM in Libia. Contemporaneamente, sono diminuiti gli arrivi dai Paesi di transito in Africa. A mio parere (perché ne sono stato testimone diretto sia negli anni scorsi che nelle ultime settimane), c'è stata una straordinaria assunzione di responsabilità da parte di molti Governi africani nel rendersi conto della situazione. In questo, anche la denuncia delle condizioni umanitarie in Libia ha avuto un impatto positivo, perché – secondo Gentiloni – ha creato un effetto shock nei Governi africani”. “La domanda che quindi faremo ai nostri amici dell’Ue”¸ha anticipato il Premier, “è se su questi risultati, che - lo dico con orgoglio, ma anche aggiungendo purtroppo - sono prevalentemente risultati dell'azione italiana, sia pure sostenuta economicamente dalla Commissione europea, dalla Germania e da qualche altro Paese, ma non certo dall'insieme degli Stati membri, neanche sul terreno economico, non sia giunto finalmente il momento di investire tutti insieme come Paesi dell'Unione europea”. Su questo punto Gentiloni si è detto “più ottimista, non perché siano diventati tutti improvvisamente più collaborativi, ma per quello che siamo riusciti a fare. Mi ha colpito il fatto - giusto per citare un dato - che il gruppo dei quattro Paesi di Visegrád (Ungheria, Cechia, Slovacchia e Polonia), che è quello più distante da noi, se parliamo della dimensione interna delle migrazioni, ha annunciato qualche giorno fa che vuole contribuire con 35 milioni. Si tratta di una cifra significativa: se ognuno, in proporzione al proprio bilancio, desse una cifra di questo genere, saremmo in grado di accompagnare l'azione dell'Italia con le risorse che sono necessarie e sarebbero in questo caso sufficienti”. “Andiamo quindi a questa discussione, onorevoli senatrici, onorevoli senatori, con l'orgoglio di essere contemporaneamente il Paese che dà il buon esempio in Europa sulla capacità di accogliere e di salvare vite umane in mare e contemporaneamente il Paese che in Europa dà l'esempio su come si possono infliggere ai trafficanti di esseri umani delle sconfitte serie, misurabili e io mi auguro stabile nel tempo”, ha aggiunto. “Questa è l'Italia che dobbiamo avere l'orgoglio di rivendicare”. Infine, al Consiglio “faremo anche il primo giro di orizzonti su un tema che sarà, come quello migratorio, centrale nella discussione europea del 2018: il tema del futuro dell'Unione monetaria, dell'Unione bancaria e delle prospettive che si aprono da questo punto di vista”. La discussione – che dovrebbe terminare nella seconda metà di giugno del 2018 – sarà su un pacchetto di proposte che l'Italia considera “una buona base di partenza. Tradotto dal gergo diplomatico, - ha chiarito Gentiloni – dire “buona base di partenza” vuol dire che noi apprezziamo lo sforzo fatto dalla Commissione e consideriamo che i temi che queste proposte affrontano sono quelli che è giusto oggi mettere in discussione”. Concludendo, Gentiloni ha voluto ricordare che “dopo una crisi economica molto rilevante, l'Unione europea e l'eurozona in particolare attraversa un periodo di crescita stabile e diffusa in tutti i Paesi. Ieri l'OCSE ha addirittura affermato che questa crescita è particolarmente accelerata in due Paesi: il primo è la Germania e il secondo è l'Italia. A noi sembra strano, ma è uscita una notizia di questo genere. Non vorrei suscitare discussioni inutili: noi siamo ancora al di sotto della media europea di crescita nel 2017. Il rapporto dell'OCSE parla di velocità, di ritmo di questa crescita, ma questo ritmo e questa velocità sono un fatto incoraggiante per le nostre imprese e potenzialmente incoraggiante, se lavoriamo bene, per la società, per il lavoro, per i problemi sociali che abbiamo davanti”. L'Italia “fa parte di questa stagione tutto sommato positiva dal punto di vista macroeconomico; poi conosciamo le difficoltà che abbiamo sul piano sociale, i problemi che dobbiamo affrontare e risolvere. Lungi da me metterli in secondo piano, ma nel momento in cui abbiamo dati incoraggianti sul terreno macroeconomico, il messaggio italiano è che non possiamo stare fermi e perdere questa occasione”, ha concluso. “Non possiamo e non dobbiamo e faremo di tutto anche in questo Consiglio europeo per spingere l'insieme dell'Unione a cogliere questa occasione in positivo per lo sviluppo e per il lavoro”. (aise)