Intervista di Luca De Carolis -Il vicepresidente del comitato del No, Alfiero Grandi, parla al Fatto dalla base degli anti-riforma a Roma, nel quartiere popolare di San Lorenzo. Tra un collegamento tv e un brindisi,

semina fendenti contro il premier ormai dimissionario. E assicura: “Questa vittoria per il nostro Comitato non rappresenta il rompete le righe, abbiamo proposte da fare e vogliamo vigilare”.

Avete stravinto. Banalmente, perché?

Innanzitutto, perché per gli italiani la Costituzione non è un ferro vecchio, come qualcuno aveva sostenuto. Dopodiché, sul risultato ha influito anche l’atteggiamento del presidente del Consiglio. Prima ha detto “se perdo me ne vado”; poi che aveva sbagliato nel dirlo; infine, è tornato al ricatto di partenza. E così anche quelli che erano più lontani dall’idea che dovesse andarsene a casa, hanno cominciato ad averne abbastanza.

Lo confessa anche lei: gli italiani hanno votato solo contro Renzi e non sul merito. 

Non è così: noi del No abbiamo fatto una campagna pancia a terra per 11 mesi, sul merito, mobilitando una cinquantina di costituzionalisti e decine di magistrati e giuristi. E i nostri Comitati locali sono passati dai 160 iniziali a 750. Tutto questo, mentre il premier invadeva tutte le tv e i media, come non era riuscito a fare neppure Berlusconi.

Avete davvero convinto le persone sul merito? 

Abbiamo lavorato in profondità, offrendo una possibilità a chi non crede nella politica di oggi. Però è lo stesso premier a dirlo: ho perso io.

Sì, ma la sua è un versione molto edulcorata. Di fatto rivendica tutto il resto. E il suo discorso pare più l’apertura di una campagna elettorale che un’auto-critica. Insiste.

Può sempre rivendicare che il 40 per cento del Paese sta con lui, non crede?

Mi pare un discorso complicato, quel 40 per cento lo deve condividere con Alfano e Verdini. E comunque il governo non è maggioranza nel Paese.

Secondo lei non si può ricandidare?

Questo risultato non mi pare un buon viatico.

Sta di fatto che Renzi ha già rilanciato: ora il fronte del No ha l’onere di fare proposte, a partire da quella sulla legge elettorale. 

Mi sembra una stupidaggine, una provocazione, lanciata sperando di causare chissà quali difficoltà nel fronte avverso. Ma noi del Comitato gli rispondiamo subito: l’Italicum evidentemente non è più utilizzabile, essendoci per il Senato un Consultellum di segno opposto. E allora, se bisogna andare a votare in fretta, si può adottare tranquillamente il Mattarellum, che tra l’altro prende il nome dal presidente della Repubblica. Ma se si può fare di meglio in Parlamento, ben vengano le proposte.

Tradotto, voi del comitato non smobilitate?

Saremmo matti a rompere le righe dopo un lavoro così importante. Dobbiamo creare una prospettiva.

Ecco, volete candidarvi anche voi.

Ma no, nessuno di noi ha velleità politiche. Semplicemente, vogliamo portare avanti le nostre proposte sulla legge elettorale e per ritoccare la Carta, senza massacrarla come volevano fare Berlusconi o Renzi. E lavoreremo per la sua corretta applicazione.

Ora dal fronte renziano vi accusano: avete fatto vincere Grillo, Salvini e Berlusconi. Non le brucia? Lei è stato parlamentare per i Ds, segretario della Cgil in Emilia Romagna… 

Mi sembra un’obiezione stupida. Quando c’è un referendum, è logico e inevitabile che varie forze si raggruppino da una parte o dall’altra. Dov’è la novità? L’importante è tenere distinti i ruoli.

Con qualche partito avete lavorato. 

Abbiamo avuto un rapporto con l’Anci, la Cgil e l’Arci, e abbiamo collaborato anche con Sinistra Italiana e Cinque Stelle, nonché con partiti che non sono in Parlamento. Avevamo sintonia su alcuni punti, ma ognuno si è battuto per ciò in cui credeva.

In definitiva, cosa insegna questo voto?

Principalmente, che avere e spendere tantissimi soldi, e fare una campagna martellante, come quella del fronte del Sì, non ti fa necessariamente vincere. Chissà se ci diranno quanto hanno speso nel dettaglio. Dipenderà da loro.