Questa sera anche i metalmeccanici catanesi, unitamente ai lavoratori del pubblico impiego, partiranno per Roma con un treno speciale per partecipare alla manifestazione

nazionale della categoria del 13 febbraio. L’appuntamento è in piazza San Giovanni per contestare l'accordo capestro firmato a Palazzo Chigi da CISL e UIL che peggiora la tutela dei contratti nazionali di lavoro e riduce il potere d'acquisto dei salari minimi nazionali senza garantire il recupero delle retribuzioni a livello della contrattazione integrativa aziendale. “Ci aspettiamo che aderiscano 1500 lavoratori da tuta l’Isola- spiega il segretario provinciale della Fiom Cgil Tuccio Cutugno- Che la contrattazione aziendale sia una chimera e una mistificazione lo dimostra la vicenda catanese della Seasoft; in questa società è incorso da oltre sette mesi un difficile contenzioso per la definizione del premio di risultato aziendale così come previsto dal contratto nazionale. La Seasoft, per affermazione stessa del suo amministratore delegato, è un'azienda sana, moderna con alti indici di rendimento e di produttività, per cui non si capisce il rifiuto della contrattazione aziendale se non per un grave e insanabile pregiudizio nei confronti dei lavoratori e del loro sindacato”. I riflessi della crisi economica su Catania non comprometteranno solo le prospettive della SAT, della STMicroelectronics e della Numonyx sul fotovoltaico (sugli accordi con la SHARP e sui piani industriali alternativi), ma anche un’ importante azienda dell'indotto Telecom, la SIELTE ,che a Catania ha denunciato un esubero di 58 unità lavorative. In generale, secondo la Cgil, la volontà è quella di ridurre la paga oraria ai lavoratori del comparto e quindi di operare attraverso la contrazione delle retribuzioni una pesante redistribuzione di risorse dai lavoratori dipendenti alle imprese. Una contrazione delle spettanze dei lavoratori dipendenti che, aggravata dal diffuso ricorso alla cassa integrazione e agli ammortizzatori sociali, ridurrà in modo nefasto il potere d'acquisto, le condizioni di vita, i consumi dei lavoratori dipendenti e dei ceti medi. La cassa integrazione infatti non copre più l'80% degli stipendi ma, a causa del tetto massimo di circa 800 euro, non copre che poco più del 50%. “Come FIOM e come CGIL chiediamo che si approntino strumenti adeguati e si rafforzino gli ammortizzatori sociali per ridistribuire il lavoro,con il blocco dei licenziamenti e il ricorso automatico e generalizzato all'integrazione salariale per impedire l'espulsione dei lavoratori dall'azienda. Chiediamo poi per quanto riguarda il nostro territorio che, a fronte di una crisi generalizzata del comparto industria, si responsabilizzino le istituzioni locali a partire dalla Regione, che sembra assente, e dalla Provincia. che sulle questioni del lavoro potrebbe darsi un ruolo e smentire coloro che la considerano un Ente inutile. Al Presidente della Provincia, infatti, chiediamo che intervenga senza indugio convocando un tavolo di confronto per l'emergenza con le forze imprenditoriali e le organizzazioni del mondo del lavoro. i aspettiamo un segnale forte”.