SICILIA: PALERMO E IL MUSEO DI GIUSEPPE PITRÈ

Palermo - Palermo, capoluogo della Sicilia, è una grande città piena di culture che si mischiano tra loro e che si uniscono formando un grande rompicapo sociale dove il senso di comunità tra i cittadini si fa sempre più forte.

Chiunque sia stato in una località siciliana, si sarà fermato almeno una volta a Palermo. Questa città arabo-normanna, dichiarata Patrimonio dell’Unesco nel 2015, nonostante abbia una fama internazionale, nasconde dei veri tesori che non saltano all’occhio così facilmente. Un esempio è Il Museo Etnografico Siciliano “Giuseppe Pitrè”. Si tratta di uno dei musei etnografici più importanti della nazione, che ha sede nel cuore del parco della Favorita. Nato nel 1909 grazie all’impegno del suo fondatore, il medico e letterato siciliano Giuseppe Pitrè, il museo possiede una straordinaria collezione di oggetti che raccontano l’arte, gli usi e i costumi della Sicilia di ieri, e quindi, è possibile ammirare in queste sale come si siano evolute le tradizioni di una popolazione in continuo cambiamento. Da poco riaperto a causa dell’emergenza sanitaria del Covid-19, è possibile notare come la vita quotidiana degli avi siciliani si riesca a comporre davanti agli occhi del visitatore: i motivi delle ceramiche esposte, che vanno dalle semplici anfore (quartare o bummuli), ancora in uso nelle campagne siciliane fino a non molto tempo fa, alle grandi giare e alle caratteristiche lucerne a figure umane; delle sale sono dedicate agli abiti maschili e femminili: dai fastosi tradizionali costumi nuziali delle donne di Piana degli Albanesi ai costumi tipici della civiltà contadina; importanti sono anche gli attrezzi da lavoro esposti per la filatura a mano o per la lavorazione della terra. Palermo è conosciuta anche per il suo tradizionale teatrino dei pupi, infatti, non poteva mancare una sala ad esso dedicata. Importante è anche la biblioteca costituita da circa tremila volumi, manoscritti originali di Giuseppe Pitrè, arricchito di diapositive, documenti e un’importante raccolta di lettere. Un autentico gomitolo di memorie della cultura e delle tradizioni di una Sicilia passata che è legata al suo presente da un forte filo rosso. (NoveColonneATG)

SI TERRÀ ONLINE IL 6° CONGRESSO DEI PIEMONTESI D’ARGENTINA

TORINO - È stato convocato dall’11 al 13 giugno il 6° congresso nazionale della Fapa, la Federazione delle Associazioni Piemontesi in Argentina, già programmato per il mese di aprile 2020 nella città di San Francisco (provincia di Cordoba), poi rinviato a causa della pandemia. Il congresso si terrà in modalità virtuale. Secondo le intenzioni della Commissione Direttiva della FAPA, presieduta da Edelvio Sandrone, il congresso – che grazie alla tecnologia sarà aperto alla partecipazione di associazioni regionali da tutto il mondo - sarà una sorta di “grande convention piemontese” che ai lavori assembleari affiancherà mostre di vario genere e una serie di conferenze ed incontri sul tema “ACERCATE A TUS RAÍCES… al PIEMONTE de HOY y DEL FUTURO. Tutte le informazioni per partecipare con uno stand o una iniziativa sono disponibili qui. (aise)

VIGNALI: DAI COMITES AL DIGITALE, LE SFIDE DELLA FARNESINA PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO

Roma - “Il 2020 non ce lo dimenticheremo, è stato un momento particolare e delicato per i nostri connazionali all’estero: la rete consolare si è dovuta organizzare e la parola chiave è stata coordinamento”. Lo afferma Luigi Vignali, direttore generale per gli italiani all’estero della Farnesina, in un’intervista a RadioCom.tv, la radio degli italiani nel mondo. Un coordinamento, spiega Vignali, che “ha portato a risultati importanti: 110mila italiani rimpatriati grazie alle attività della Farnesina in 121 paesi con oltre 7mila operazioni. Abbiamo dato assistenza agli italiani colpiti dalle conseguenze economiche: il governo ha stanziato 6 milioni di euro aggiuntivi di cui 3,7 già impegnati per molte attività di intervento con una varietà di iniziative –aiuti, sussidi, distribuzione di pacchi alimentari, convenzioni con enti sanitari, aiuto alle Pmi, percorsi di riqualificazione professionale – per far sentire gli italiani all’estero meno soli e sostenuti da chi è in Italia”. Sul fronte digitalizzazione, la Farnesina ha messo in campo “tre strumenti chiave” per puntare sull’innovazione tecnologica: “Il portale Fast It per la registrazione all’anagrafe consolare, le macchinette che a distanza permettono la captazione delle impronte digitali per i passaporti, e la carta d’identità elettronica. Continueremo su questa strada – sottolinea Vignali -. L’idea è digitalizzare sempre di più e ce la metteremo tutta”. Nella seconda metà del 2021 ci saranno poi le elezioni dei Comites, “realtà importanti perché contribuiscono a tener vivi all’estero i legami con gli italiani e dar loro sostegno. Le elezioni – ribadisce Vignali – saranno un momento importante, probabilmente saranno calendarizzate per il tardo autunno e noi siamo già impegnati per una campagna informativa. Bisogna farli conoscere e fare in modo che gli italiani si impegnino, chiedano di votare e magari si candidino anche. Spero che molti giovani si candidino perché c’è bisogno di un ricambio generazionale. Nella fase finale della campagna spiegheremo poi come votare”. “Credo molto nei Comites – sottolinea il direttore generale per gli italiani all’estero della Farnesina - hanno dato luogo durante la pandemia a oltre 50 progetti di sostegno ai connazionali: un’altra area di intervento che ha raggiunto i connazionali”. La Farnesina risponde, infine, ai bisogni della nuova mobilità per fare in modo che l’emigrazione si trasformi in un circuito circolare. “La mobilità non è negativa di per sé, arricchisce chi la pratica, il problema è che questo investimento andrebbe recuperato favorendo circuiti di migrazione circolare. Bisogna mettere insieme la richiesta di poter tornare in Italia e le opportunità di poter trovare una nuova vita adeguata alle competenze maturate all’estero: per fare questo c’è bisogno di associazionismo e reti di contatti. Questa – conclude Vignali - è la nuova sfida che come ministero dobbiamo sostenere”. (NoveColonneATG)

ITALIA-BOSNIA ERZEGONIVA: AL VIA IL CORSO DI ITALIANO PER GLI STUDENTI DELLA SCUOLA PRIMARIA MUSA CAZIM CATIC DI SARAJEVO

SARAJEVO - L’Ambasciata d’Italia in Bosnia Erzegovina ha reso noto l’avvio presso la scuola primaria Musa Cazim Catic di Sarajevo del primo corso extracurriculare di lingua italiana organizzato in un istituto primario della Capitale. Le lezioni coinvolgono circa 100 studenti dalla prima alla nona classe e si svolgono attualmente in modalità a distanza in linea con le disposizioni anti-Covid. Grazie all’approccio adottato dalle due insegnanti assunte dall’istituto, giovani laureate in Italianistica presso l’Università di Sarajevo, che alternano i tradizionali metodi didattici ad attività ludiche pensate per i più piccoli, è stato possibile estendere l’insegnamento anche agli studenti dei primi anni. Il corso nasce su impulso dell’Ambasciata con il decisivo supporto della preside Fatima Prohic, cui va la gratitudine per l’organizzazione del sondaggio tra i genitori e la facilitazione in tutte le fasi organizzative, e la collaborazione con l’Associazione Dante Alighieri di Sarajevo che ha coadiuvato l’individuazione delle due insegnanti. A conferma della priorità attribuita alla cooperazione culturale e linguistica, il progetto è stato reso possibile dal sostegno del Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, che ha stanziato le risorse finanziarie per l’attivazione della cattedra e donato i manuali scolastici in uso a professoresse e studenti, consegnati nei giorni scorsi dall’ambasciatore Minasi alla preside Prohic. Il progetto al Musa Cazim Catic si inserisce nel sostegno dell’Ambasciata alla creazione di cattedre di italiano nelle scuole di ogni livello di tutto il Paese, con la prospettiva di una graduale istituzionalizzazione dei corsi in collaborazione con le autorità locali. Ciò anche quale strumento di inserimento professionale delle giovani generazioni come futuri insegnanti, traduttori, ma anche dipendenti delle oltre 80 imprese italiane in Bosnia Erzegovina che già oggi impiegano oltre 12 mila