“…Sogno una valigia, una valigia immaginaria che in realtà è una finestra le cui sbarre sono state tagliate per permettere che uno possa scappare via… perché emigrare vuol dire liberarsi e scappare per cercare un mondo migliore, più felice…

Se in più nel luogo ho trasmesso anche un po’ di poesia sarei molto felice…”. Così scriveva l’artista belga Jean Michel Folon a corredo di un reportage di disegni sul fenomeno migratorio. E, in fin dei conti, questo era il pensiero degli emigrati siciliani protagonisti del fenomeno dai primi del Novecento fino alla fine degli anni cinquanta.

Ma cosa resta di questo pensiero, adesso, nella mente dei più giovani? Dei figli, cioè, di quelli che, allora, sono stati emigrati? Lo abbiamo chiesto a dei giovanissimi studenti, tutti di provenienza americana, che hanno scelto di aderire ad una sorta di accordo di partenariato tra la loro università e le nostre per quel sistema che si chiama S.U.N.Y., State University of New York.

 

Nel caso particolare, abbiamo incontrato quattro ragazzi, tre donne e un uomo, al Dipartimento di Studi Internazionali della Facoltà di Scienze Politiche di Messina, coordinati dal professore Marcello Sajia, che trascorreranno un intero anno in Sicilia per frequentare corsi universitari di loro interesse. Hanno tutti un’età compresa tra i 19 e i 21 anni. La più loquace tra tutti è Giuseppina Domino.

Dal cognome si leggono chiaramente le origini siciliane. Eppure è in Sicilia per la prima volta. Negli Stati Uniti frequenta l’università di Binghampton e qui a Messina trascorrerà un anno tra corsi di letteratura e storia siciliana, corsi di italiano offerti gratuitamente dall’università e storia dell’arte siciliana.


L’Etna con la cima imbiancata.

 

“La mia passione per la storia e la letteratura siciliana nasce dal fatto che, sin da quando ero piccola, ho sentito i racconti su questa terra meravigliosa, la sua storia e le sue genti da parte della mia famiglia.

Quello che facciamo noi come nuove generazioni, rispetto alla volontà di trascorrere un anno in Sicilia, altro non è che la volontà di conoscere la terra d’origine”.

Stesse origini, stesso amore, stesso sangue che pulsa e che ti riporta alle origini vale per Grace Mannino. Anche lei, grazie ai racconti dei genitori e dei nonni, aveva un desiderio da esaudire: conoscere la terra natìa di mamma e papà.

E così è stato. Adesso e per un anno a Messina, con le letture e magari con qualche visita turistica, avrà modo anche lei di apprezzare o meno la Trinacria. Questi ragazzi non chiedono alla Sicilia e ai suoi rappresentanti il modo per trasferirsi definitivamente sull’isola. Il loro obiettivo non è questo.

Piuttosto, chiedono alla regione un adeguato sostegno culturale ed un efficace appoggio dal punto di vista informativo. Le nuove generazioni chiedono, rispetto ai loro genitori e ai loro nonni, un diverso rapporto con l’Italia, dove non vi sia soltanto nostalgia e ricordo, ma reali opportunità formative.

Ecco perché aderire ad un progetto di tale levatura. Dove un corpo di docenti attento e puntuale si occuperà, per un anno interno, della loro formazione culturale. “Per consentirgli di non avere difficoltà nel seguire le lezioni – spiega il professore Marcello Sajia – abbiamo offerto, in forma assolutamente gratuita, un corso di italiano della durata di due mesi. Vorrei, inoltre, sottolineare, come il metodo usato per svolgere le lezioni sarà assolutamente adeguato ed innovativo al tempo stesso.

Tra i corsi, ad esempio, abbiamo inserito quello relativo alla storia della Sicilia attraverso la proiezione e il commento dei film dell’epoca e moderni sulla regione”. I ragazzi, dalla tenera età, hanno mantenuto un legame, vivo e forte, con il proprio mondo di origine con lettere e fotografie delle quali protagonista quasi assoluta era la famiglia allargata le cui immagini e tracce risultavano presenti e uguali sia in Italia che all’estero.

E su questo nulla di nuovo, nulla di diverso, nulla in più dei tanti racconti di storie di emigranti di ritorno, seppur solo per brevi periodi, alla loro terra di origine. Di nuovo c’è, invece, la testimonianza di una dei quattro ragazzi, la più piccola del gruppo. Kristina Frenette, ha, anche il nome lo dice, chiare origini francesi.

Lei è uno di quei casi per cui non si può parlare di origini ma di amore, di passione per una terra che, anche se non è la tua, merita le tue attenzioni e il tuo interesse. “Alcuni anni fa sono venuta in Sicilia, in particolare a Palermo, dove ho frequentato l’ultimo anno della scuola superiore al liceo linguistico.

Lì ho avuto la possibilità di approfondire lo studio della musica e del canto lirico. Tornando in America, però, ho constato come la mia voce non aveva la forza adeguata a questo genere musicale e ho, quindi, ripreso il mio precedente corso di studi. La Sicilia esercita su di me un fascino davvero particolare e questo non ha nulla a che vedere con le mie origini. Questa è una terra che si fa amare a prescindere dal sangue.

Io la amo. Amo ogni angolo di essa. La sua cultura, la sua storia, i colori, gli odori, la sua gente. Ed ecco perché sono tornata qui, a Messina. Sono certa che frequentarsi i corsi coordinati dal professore Sajia mi fornirà ulteriori motivi per apprezzare questa terra”. Amore e passione, dedizione e attenzione sono, allo stesso modo, i sentimenti che il giovane Sam Lindo, l’unico uomo, nutre nei confronti della Sicilia. “Io non ho origini siciliane ma questa è una terra che adoro.

Qui all’università di Messina seguirò con attenzione il corso di letteratura e storia della Sicilia. Ma anche quello di archeologia e spero di poter visitare qualche cantiere. Questa è un’isola dalle tante bellezze naturalistiche, paesaggistiche, storiche e architettoniche. Ed io ho tutte le intenzioni di scoprire ogni angolo”.

E chissà che prima Kristina, poi Sam non diventino i testimonial di una campagna per rafforzare l’identità degli emigrati all’estero. Attraverso loro, i loro colleghi universitari, originari della Sicilia, e che, ancora e purtroppo non ne hanno sentito la necessità, manifesteranno il desiderio di tornare nella terra dei padri e di conoscere la loro storia.

Le poesie
che a lato pubblichiamo
sono di Rosetta Sciortino,
castelvetranese di origine
ed abitante ad Arona,
in provincia di Novara,
da più di un trentennio.
Ad Arona
Rosetta insegna, ama,
vive ed ha tanti amici.
Forte resta, comunque,
il legame
con la terra d’origine
– cui riede sovente –
come testimoniano
questi versi struggenti.
Itaca
Come uccelli
migrammo
in triste volo
a lidi freddi,
a nebbiosi tramonti
ad albe spente
Lasciammo
città di luce
e d’acqua
primavere di sole
e di profumi
Non tornammo
mai più
ad Itaca splendente
Il ricordo
brucia nel cuore
e il pianto
scioglie
in desolato lamento
Ritorno
Un canto
In me
Risuona
Di ritorni
Lieto
Odore d’infanzia
Di fresche stanze
Di nuvole e colori
Di giardini spalancati
Nelle sere d’aranci
Battito di colombe
E su serene foglie
Pioggia soave
Chiarità improvvise
Angeli dormivano con me
Su assorti firmamenti
E il cuore
Gioiva
Smemorato
Non altro ora
Mi consola
Che la memoria
Un giorno
Non sia
Senza immagini e voci
Del tempo che fu
Della mia prima età
  Nostalgia
Isole che ho lasciato
Nella mia giovinezza
Verdi su acque di smeraldo
Rive luminose d’alberi e fiumi
Cieli eternamente stellati
Oggi una triste pianura
Mi tiene dove cupo
Si richiude
Sopra un altro giorno
Il cielo
Ma all’anima sommersa
Sovente si affaccia
La prima età
Senza dolori
E memorie
Come un’isola
Bella e lontana
Immobile
Nella sua splendente
Solarità
Maggio
Il cielo ha l’azzurro
Delle primavere antiche
Oggi
Il sole la chiarità splendente
Dell’estate
Piccoli uccelli
Dal capino nero
Sfiorano in volo
Il sentiero erboso
Ridestando ricordi
Di altri voli
Di altri lidi
Nel cuore il gusto amaro
Delle cose perdute
Partire
rimanere
Oggi nel cuore
Si affrontano
Contrastanti passioni
Partire
Rimanere
Nel vuoto che circonda
L’anima
Come lame crudeli
Si insinuano
Ricordi del passato
Tendere alla luce
Sarebbe la salvezza
Ma il cuore
Non ha ali
Per volare