Carissimi amici,

ci stiamo avviando a grandi passi verso la fine dell’anno e questi sono i mesi di maggior lavoro politico ed amministrativo. Il governo della Regione ha cominciato ad elaborare il disegno di legge sul Bilancio della regione ed i numeri che circolano sono assai deprimenti. Non appaiono novità sostanziali sulla spesa, c’è confusione sulle scelte e quelle produttive sono quasi inesistenti, gli impegni annunciati non fanno un bel vedere sul piano degli investimenti per far crescere l’economia della regione.

Il dibattito è tutto chiuso all’interno dei gruppi dirigenti di governo e degli interessati ad interventi locali e di settori. Le trombe alzano i toni per denunciare il disimpegno del Governo Prodi verso il Mezzogiorno ed in particolare per la Sicilia e dietro questo schermo si tenta di nascondere la incapacità di gestire in modo diverso le risorse della regione, di ricercare soluzioni nuove e coraggiosamente alternative all’attuale sistema di spesa centrato sulla clientela, sul rattoppo con pezze logore, su promesse tanto più altisonanti quanto meno realizzabili.

Cuffaro accusa Prodi che non vuole il ponte sullo stretto e promette un suo intervento per la ricerca di capitali – il ponte lo facciamo noi siciliani – orgogliosamente dichiara e accusa più tasse, meno aiuti, e gran distacco polemico con il Governo nazionale. Ma l’osservazione che mi viene di fare è il quasi silenzio-assenso della sinistra siciliana in questo momento: certo sottoministri e parlamentari della maggioranza contestano e chiariscono, molte volte confusamente, ma non c’è una mobilitazione popolare, non ci sono strutture di partito e circoli che si muovono, gli stessi sindacati operano e si muovono sottovoce.

Almeno così appare. Conclusione: un bilancio della regione copia dei precedenti, discussioni che dureranno almeno fino a Natale bloccando ogni vero discorso politico, come quasi sempre si andrà a gennaio e oltre con l’esercizio provvisorio. Si è aperta la discussione sulle elezioni amministrative che in Sicilia riguardano Comuni di notevole rilievo e grandi città come Palermo.

Si è cominciato a discutere delle primarie e, soprattutto a Palermo, l’Ulivo propone parecchi nomi. E questo sarebbe assai significativo se ai nomi si accompagnassero programmi, e assai più significativo se l’ulivo ed il Centrosinistra discutessero assieme ai nomi una scelta di programma. Non si tratta di presentare un ulteriore documento di trecento pagine come quello di Prodi, documento che ancora dobbiamo finire di leggere, quanto, a mio avviso, una serie di impegni da realizzare nei comuni sulla base di un accordo politico preventivo: penso alle priorità di una spesa comunale che si leghi ai bisogni, specie per i più diseredati; penso a politiche comunali di sviluppo civile, di gestione del territorio nel rispetto dell’ambiente, di politiche culturali veramente utili sul piano generale e meno legate agli amici, penso agli aiuti ad un volontariato veramente utile.

Cari amici emigrati, non c’è bisogno di inventare niente, ma a me pare necessario un orientamento generale che impegni i nostri eletti nei comuni a politiche reali, vere, generali e non a clan di amici, o di compagni o di clienti. È vero che quando si parla di “programmi” oramai viene da ridere, ma io resto convinto che certe scelte servono a qualificare una politica, a far giudicare un candidato, a rendere più praticabili, e soprattutto comprensibili, scelte politiche ed impegni.

Una ultima questione vorrei sollevare in questa lettera. Sfogliando il giornale vi sarete accorti che abbiamo dedicato l’Inserto di questo numero al 60° compleanno dello Statuto Siciliano. Un compleanno quasi passato sotto silenzio in un momento politico di forte richiamo alle autonomie regionali.

 

E non mi riferisco solo alla demagogia della Lega, ma a tutti questi ultimi tempi di avventurosa politica demagogica sul regionalismo, sulle autonomie locali, sulla attuale legislazione autonomistica nata dall’accordo Bossi-Berlusconi. Vorrei richiamare la vostra attenzione su tre questioni attualissime: 1) Lo statuto siciliano è stato universalmente riconosciuto in Italia e all’estero come una delle leggi culturalmente e legalmente migliori fatta in Italia, come sia poi stata applicata è un altro fatto; 2) il governo di destra non l’ha sostenuta, se ne è dimenticato ed è corso dietro a improbabili novità con un esito negativo e gli stessi movimenti autonomistici nati vicini politicamente a Forza Italia o Alleanza Nazionale non se ne sono curati più di tanto; 3) il nuovo progetto legge approvato dall’ARS a fine legislatura si è perso nei meandri della camera e del Senato in attesa delle due letture costituzionali.

Perché lo statuto Sicilano fa parte della costituzione italiana e può essere cambiato solo rispettando le regole della legislazione costituzionale del Paese.

Vi saluto caramente