Il 4 Ottobre, nella casa di cura per lunghe degenze di cui era da qualche tempo ospite per la grave infermità causata da un ictus, si è spento l’On. Michelangelo Russo. Il 5 i funerali si sono tenuti a Sciacca, sua città natale, dopo alcune ore di esposizione al Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea Regionale Siciliana di cui era stato componente per un ventennio e Presidente per una legislatura, in una fase significativa della vita politica siciliana.

Ero personalmente legato a Michelangelo con cui ho condiviso assieme a tanti compagni del gruppo dirigente del partito comunista agrigentino un lungo periodo di vita politica, tra condivisione e contrasti, anche forti, ma sempre su un piano di lealtà fattiva e di pressante iniziativa politica e sociale.

Michelangelo era, come tanti di noi, fortemente legato al partito agrigentino, per circa undici anni, record mai superato dopo, aveva ricoperto l’incarico di segretario della Federazione e non riusciva a concepire il suo impegno politico e la sua stessa vita senza un legame, un riferimento alla provincia di Agrigento ed ai suoi problemi, alla Federazione del partito, alle cinquanta sezioni che allora si organizzavano nel territorio provinciale ed alle organizzazioni sindacali e di categoria che vi operavano.

Tutti i suoi fine settimana, anche quando ricopriva incarichi importanti, erano dedicati al lavoro in provincia. È stato vice segretario del partito, capogruppo Parlamentare all’Assemblea Regionale Siciliana, Presidente della Commissione Finanze dell’ARS, e Presidente dell’ARS e poi nel Parlamento Nazionale è stato senatore dal ‘92 al ‘94, incarichi che avrebbero dovuto costringerlo a girare la Sicilia intera e qualche volta andare anche fuori dalla Regione, ma Lui preferiva partecipare all’iniziativa che si teneva nel più piccolo Comune dell’agrigentino anziché a quello delle grandi città e dei medi centri fuori dalla provincia di Agrigento.

La Sua presenza era così “assillante” da provocare spesso la reazione degli organizzatori di partito, che si dovevano occupare del suo piano di lavoro, ma non c’erano ragioni che potessero convincerlo al riposo o a spostare la sua fattività per qualche giorno altrove.

Quando, con l’introduzione delle correnti la vita politica nel PCI subì un radicale cambiamento ed i contrasti del gruppo dirigente furono evidenti a tutto il partito e fuori, Michelangelo Russo che si era collocato naturalmente nella mozione riformista, seguendo la scelta di coloro che erano i suoi punti di riferimento, Giorgo Napolitano ed Emanuele Macaluso, si trovò in minoranza anche nella sua federazione ed il suo ruolo ebbe un radicale mutamento. Seppure in uno spirito unitario che ci ha sempre contraddistinto, durante quella fase politica, cessò di essere il punto di riferimento di tutti ed assunse il ruolo di dirigente di una parte consistente, ma minoritaria, ruolo in contrasto con la sua storia e la sua vocazione ad elaborare piattaforme ed iniziative politiche con il concorso di tutto il gruppo dirigente ed a gestire l’iniziativa a nome di tutti.

 

 

In quella fase furono commessi errori da ogni parte che non vanno sottaciuti in quanto anche senza gli eccessi che si realizzarono in altre zone, hanno diviso ed indebolito in modo (finora) irreversibile il partito agrigentino. Michelangelo Russo è morto portando con sé un risentimento verso il partito che (a suo parere) lo aveva abbandonato togliendogli il ruolo di direzione politica che aveva permeato tutta la sua vita.

Un sentimento non raro tra tanti dirigenti politici che hanno dovuto fare passo ad altri e che vivono il mancato impegno politico come una forma ingiusta di ostracismo che rinnova ogni giorno un misto di nostalgia per il passato e di dolore per non potere esserci come prima. Ma chi era veramente Michelangelo Russo?


Palazzo dei Normanni, sede del Parlamento regionale, Palermo.

Nato 75 anni fa, unico figlio di una famiglia contadina, a Sciacca, ancora bambino era stato presentato dal padre ad Accursio Miraglia, il dirigente della CGIL ucciso dalla mafia il 04/01/47.

Raccontava, Michelangelo, che quella conoscenza e poi la morte di Miraglia avevano posto le premesse della sua vita nel movimento dei lavoratori e nel partito. Appena più che diciottenne, studente liceale, viene eletto segretario provinciale della CGIL e gestisce la fase di costruzione del sindacato agrigentino mentre con la lotta per la terra e con l’occupazione del feudo, con le sue cavalcate, il movimento contadino scrive una delle pagine più importanti della storia della Sicilia.

Poi il partito lo chiamerà in federazione dove rimarrà per tanti anni, undici anni solo come segretario provinciale, prima di essere chiamato nella segreteria regionale dove è rimasto anche negli anni settanta quando venne eletto all’ARS (tranne un parentesi di tre anni in cui ha svolto il compito di segretario della federazione comunista di Palermo).

Da parlamentare Michelangelo Russo si impone nella scena politica siciliana come l’uomo del dialogo politico tra la sinistra ed il centro democristiano, come il principale protagonista della sinistra della fase politica delle intese con il centro nel quadro della politica del compromesso storico di Berlinguer che poi era approdata ai governi dell’astensione ed ancora dopo il sequestro Moro nella politica e nei Governi di unità nazionale.

In Sicilia il dialogo era iniziato con Pier Santi Mattarella, il Presidente della Regione ucciso dalla mafia, con cui Russo aveva stabilito un solido rapporto politico e poi con altri esponenti democristiani che si susseguirono in quella difficile fase contrastata dalla mafia che perseguiva il disegno terroristico dell’attacco allo Stato e della uccisione delle forze miglior di esso. Sono gli anni degli omicidi Mattarella, Dalla Chiesa, dei giornalisti Francese e Di Mauro, del colonnello Russo, di Boris Giuliano e di altri poliziotti e magistrati come Cesare Terranova, fino all’assassinio di Pio La Torre.

Il giorno in cui furono uccisi Pio La Torre e Rosario Di Salvo eravamo (i dirigenti della federazione di Agrigento di cui allora ero segretario) nello studio di Michelangelo che era ritornato a fare il capogruppo all’Assemblea, in attesa di essere ricevuti dall’On. Salvatore Lauricella, allora Presidente dell’Assemblea, con cui dovevamo affrontare la questione mai risolta del difficile rapporto fra comunisti e socialisti nella provincia di Agrigento.

La notizia dell’assassinio ci giunse per telefono e vedemmo Michelangelo sbiancare prima di dire “hanno fatto fuori Pio e Rosario”. Fummo assaliti dal dolore e dallo smarrimento ma poi ci recammo tutti al Comitato regionale del partito per organizzare la risposta alla mafia assassina che si concretizzò con la grande manifestazione dei funerali a cui prese parte tutto il partito siciliano confortato dalla presenza di delegazioni di tutte le Regioni del Paese ed in cui parlarono tutti i rappresentanti dello Stato e dei partiti democratici e che fu conclusa da Enrico Berlinguer. In questi giorni seguenti la sua morte molti hanno ricordato la frase pronunciata da Michelangelo sul movimento cooperativo che si era trovato in società nella realizzazione di alcune opere con imprese della mafia o che foraggiavano la mafia con il pizzo “le cooperative non possono fare l’analisi del sangue alle imprese con cui cooperano”.

Fu vera e propria bufera contro Michelangelo dall’esterno per gli attacchi di Orlando, allora Sindaco di Palermo, e di quei gruppi che non seppero distinguere la buona fede del militante che si era speso per la costruzione e la difesa della cooperazione democratica in Sicilia dalla collusione con la mafia e dall’interno del partito da parte di coloro che erano stati in competizione nella vita di partito con Lui e finalmente potevano aggredirlo facilmente mentre era caduto in un errore politico grave, costoro non badarono al danno che in quel momento arrecavano al partito, alla sua unità con l’attacco al patrimoni di dignità e di lotta aveva portato al partito comunista in Sicilia.

Michelangelo dovette subire anche un processo per finanziamento illecito al partito che affrontò con dignità e rispetto delle Istituzioni e della stessa Magistratura inquirente, da cui è uscito pulito.

Oggi, alla sua scomparsa dopo una lunga malattia che lo aveva allontanato dalle cronache, si può tornare a parlare di Lui come un protagonista della vita democratica della Sicilia nel cinquantennio che dalla Liberazione alla fine del secolo scorso, di un uomo delle Istituzioni votato al dialogo politico con gli avversari fautore della concretezza della politica per dare risposte concrete alle domande dei Siciliani, di un grande comunista democratico, anticipatore con altri del progresso politico della sinistra Italiana.

Michelangelo Russo, può essere a giusto titolo, inserito nella parte migliore di una generazione che di fronte ai disastri causati all’Italia ed alla Sicilia dal fascismo e dalla guerra mondiale seppe traghettare la Sicilia verso il progresso.

Con tanti altri fu un educatore delle masse popolari alla politica trasportandola dal ribellismo perdente e distruttivo alla lotta per costruire un società migliore. Fu un uomo di governo anche dalla opposizione e seppe dare dignità e fare pesare il suo partito in tutte le sedi Istituzionali. Fu un grande compagno ed un grande uomo che salutiamo con affetto ed ammirazione.
Mondello visto dall’alto, Palermo.